Anima bianca. La neve nell’arte del XIX secolo. Una mostra alla GAM di Milano.
Un tema affascinante, suggestivo, che riesce a far trepidare e scaldare nel profondo, ed emoziona come fosse la prima volta, quello della selezionatissima mostra “ANIMA BIANCA. La neve da De Nittis a Morbelli” che si tiene in GAM Manzoni, curata da Francesco Luigi Maspes. Nello spazio della galleria sono esposte 25 tele di artisti esclusivamente italiani che hanno affrontato un tema specifico, oltreché bello, la neve.
Ad osservarla nei dipinti, nel suo cadere composto ed elegante e nel suo invadere silenziosamente gli spazi della natura che l’accoglie , sembra quasi possedere oltre al corpo anche una propria anima. Un’anima bianca per l’appunto. Dal fascino arcaico e indiscutibile, la realizzazione pittorica di questo elemento viene affrontata in maniera differente dagli artisti del XIX secolo qui presenti in mostra, tra cui spiccano alcuni grandi nomi come Giovanni Segantini, Giuseppe De Nittis e Angelo Morbelli. Il percorso espositivo è suddiviso in due aree tematiche. La prima, “La neve dal paesaggio rurale alla grande città”, pone l’accento sulle visioni urbane, dalla tela Pescarenico sotto la neve (1863) di Gerolamo Induno alla Nevicata sui Navigli (1879-1881) di un giovane Giovanni Segantini. Non dimentichiamo il bel dipinto di Giuseppe De Nittis La lezione di pattinaggio (1875), dal taglio prospettico molto moderno, è realizzato en plein air in un gelido inverno parigino, dove l’artista cerca di cogliere – sulle orme degli impressionisti – gli effetti del ghiaccio e del bianco, a cui si dedicò intensamente anche Angelo Morbelli: Nevicata (1912).
La seconda sezione vive sul tema “La neve e il lavoro” e dà spazio a una pittura di genere, per cui chi lavora la terra diviene al contempo figura eroica e romantica. In questa sezione troviamo lavori esemplari come Zampognari (1882-1883) di Giacomo di Chirico, dove è stata introiettata la lezione di pittura dal vero francese. Con il tema Le cattedrali della terra si torna al puro paesaggio, qui vivono suggestive vedute, come Il ghiacciaio di Cambrena (1897) di Filippo Carcano e Silenzio Invernale (2900-1905) di Achille Tominetti. L’ultima pagina, dai tratti più innovativi e sperimentali, è dedicata a Il simbolo, dove la neve non viene più rappresentata come elemento naturalistico, bensì come soggetto ed elemento di riflessioni spirituali e mistiche; qui spicca tra gli altri L’Aquilone (1902-1904) di Carlo Fornara, esposto a Milano per la prima volta dopo oltre un secolo. Mostra di impegno e di ricerca, di traiettorie e di simbologie, di storia e di vissuto. La neve e la sua natura letta dagli artisti, da nomi fulgidi della pittura dell’Ottocento.
Carlo Franza