175939405-f31742d0-07a7-45c9-b0ee-40a5253bbe80Tra le immagini premiate nella 60esima edizione del World Press Photo, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo, la foto del 2016 che ha toccato l’apice delle preferenze è stata Un assassinio in Turchia‘, scattata dal fotografo turco Burhan Ozbilici dell’agenzia Associated Press; mostra l’attentatore Mevlüt Mert Altintas subito dopo aver ucciso l’ambasciatore russo in Turchia, Andrey Karlov, mentre presenziava a una mostra d’arte ad Ankara, il 19 dicembre 2016. È quindi lui il vincitore della 60esima edizione del World Press Photo, il più importante concorso di fotogiornalismo al mondo, organizzato dall’omonima fondazione olandese dal 1955.World-press-photo-of-the-Year-200x200

Ozbilici, che si trovava all’inaugurazione di una mostra cui era intervenuto l’ambasciatore, era riuscito a realizzare l’intera sequenza dell’assassinio. Lo scatto premiato è quello che ritrae il killer in piedi con la pistola nella mano destra puntata a terra e la sinistra alzata ad indicare il cielo. Il corpo dell’ambasciatore è a terra davanti a lui. Il presidente della giuria Stuart Franklim l’ha definita “una foto con un impatto incredibilmente forte”.

Alla giuria sono state sottoposte più di 80mila foto, scattate da 5.034 fotografi. Il vincitore per la foto dell’anno riceve un premio di 10 mila euro, mentre i primi classificati in ogni categoria ne ricevono 1.500. La cerimonia di premiazione si tiene in questo mese di aprile 2017 ad Amsterdam. Certo su quella foto qualche considerazione in più va fatta. “Con tutto l’orrore rappresentato, sono immagini -scriveva Georges Didi Huberman- di fronte a pochi frame dell’Olocausto”. E Jerry Saltz, sicuramente uno dei colleghi critici migliori a livello mondiale, guarda all’orrore contemporaneo dopo l’assassinio di Ankara, che forse con l’Olocausto in comune ha solo la violenza, ma non le sue immagini.  Saltz punta il dito su una sorta di “artefazione” che contraddistingue i frame dell’attentato all’ambasciatore russo Andrey Karlov ad Ankara; così ha scritto su “Vulture”: “Le pose sono quasi classiche, congelate, o “provate” come nel teatro, nella danza”, e cita Kurt Andersen, che ha dichiarato che il grande fotogiornalismo attuale continua ad assomigliare a fotogrammi di film fantascientifici. 

ankara-assasinationE ancora -continua Saltz- ecco il risultato dell’ormai arcaica “società delle immagini”: “è il nuovo surrealismo della vita moderna, reso ancora più straziante perché non potrebbe essere più veramente reale”. Ci sovvengono i nomi di Baudrillard, Virilio, Bauman, e i disegni di Robert Longo, manichini in movimento, fermati in un attimo – in un salto o una caduta – e tagliati fuori dal mondo, come è d’altronde la vita dentro una galleria d’arte.

“In questa immagine, moto perpetuo congelato, un’intera scena di azione e di visione del mondo è colta in un istante. La fotografia è perfettamente a fuoco”. E il fotografo il Burhan Ozbilici dov’è? Riprende tutto, alla stessa altezza degli occhi dell’assassino mentre sproloquia il suo “allah akbar”, incurante degli astanti che si accovacciano a terra. Sembrerebbe che chi scatta sia assente dalla scena (così come dalla traiettoria della pistola, essere invisibile agli occhi del killer), ma riprende quello che potrebbe essere un frame di un video di Bill Viola: “Guardandola, siamo bloccati in questa composizione cercando, incapaci, di trovare una via d’uscita”, argomenta il critico Saltz. Eccole chiare, una, due, tre immagini “non accidentali, ma formali” del terrore. Oggi scriverne è già storia, storia amara dei nostri giorni.

 Carlo Franza

 

 

 

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