Valery Koshlyakov. Non smettiamo di costruire l’utopia. Alla Cà Foscari di Venezia per la 57ma Biennale d’Arte.
È Valery Koshlyakov l’artista russo cui Ca’ Foscari Esposizioni dedica un’ampia rassegna, curata da Danilo Eccher, ed aperta fino al 29 luglio. Per l’artista è un ritorno in Laguna, dove è stato tra i protagonisti della Biennale di Venezia del 2003. Koshlyakov, che vive tra Parigi e Mosca, è presente con le sue opere in molte prestigiose collezioni: in Italia presso il MACRO, in Francia è presente al Centre Pompidou di Parigi e, naturalmente, in alcuni dei principali musei di Stato russi come la Galleria Tret’jakov di Mosca o il Museo Russo di San Pietroburgo. Ha inoltre esposto le sue opere al Louvre di Parigi, al Guggenheim di New York e Bilbao, al Museo Puskin di Mosca e al John F. Kennedy Center for the Performing Arts in Washington, DC. Va inoltre segnalato in particolare il Museo dell’Impressionismo Russo di Mosca, che ha sostenuto il progetto di Venezia, in cui di recente l’artista ha allestito una sua mostra personale. Koshlyakov infatti è da molti anni considerato come una delle più autorevoli e interessanti voci dell’arte russa contemporanea.
Valery Koshlyakov è nato nel 1962 a Sal’sk, nel territorio del Rostov, dove ha frequentato una fra le più prestigiose Accademia d’Arte della Russia. Nel 1988 ha aderito al movimento “Arte o Morte”, un’associazione che riuniva i giovani artisti di una nuova stagione espressiva. Il nome, che richiama il motto del Che: “Patria o Muerte”, indicava lo spirito rivoluzionario che animava questi giovani protagonisti. Koshlyakov lascia tuttavia presto Mosca, per lavorare tra Berlino e Parigi, dando così l’avvio al suo successo internazionale.
Le sue grandi tele fissano l’immagine di un’intima fragilità, un sofferto stato di ansietà che si fissa nella vuota monumentalità delle rovine classiche. Si alternano simboli di città, di popoli, di epoche: sono gli aspetti visionari di un’arte che non smette di rincorrere l’Utopia, sono memorie e fantasie che confondono la realtà di un paesaggio con il desiderio di un’apparizione. Si tratti del Cremlino o di Notre Dame, del Colosseo o del Pantheon, di Place de la Concorde o di quella del Vaticano, dei frammenti di Pompei o delle architetture staliniane, ciò che ammiriamo sono sempre immagini in perenne bilico fra speranza e realtà. Opere all’apparenza colossali ed eterne nei dipinti di Koshlyakov assumono l’aspetto di meravigliose e fragili macerie. Macerie di grandiose civiltà, dilavate, meglio, ripulite e condotte dall’artista verso la loro vera essenza. Koshlyakov rincorre la fragilità utopica dei sogni artificiali, degli edifici del potere, dell’inevitabile dissolversi di ogni grandezza.
In tale visionaria decadente potenza non poteva mancare l’immagine di Venezia, nella sua delicata e frangibile bellezza, contrappunto ideale per alcuni dei suoi ultimi grandi lavori. Nella mostra veneziana sono presenti pertanto anche opere che fanno riferimento alla città lagunare e ai suoi famosi Palazzi ma sarà soprattutto il tema dell’architettura del Palazzo e del suo interno – sia esso a Mosca o a Venezia – che farà da filo conduttore al percorso di mostra. Opere di grandi dimensioni, che riecheggiano gli studi di scenografia per l’evidente capacità di ricostruire lo spazio, come quando mette in scena le Sette sorelle di Mosca, gli imponenti grattacieli paradigmi del classicismo socialista. Nel lavoro di Valery Koshlyakov si può parlare in un certo senso di “gigantismo”: un gigantismo paradossale che impiega materiali poveri e di scarto come cartoni, colla, scotch, plastica, colori di avanzo – cosicché le bellissime “vedute” diventano esse stesse un allestimento di grande impatto visivo e di sicuro coinvolgimento.
“Tutto il percorso artistico di Koshlyakov – osserva Danilo Eccher – appare quello instabile e precario di una costante oscillazione fra l’eleganza di una cultura nobile e la durezza di una realtà materica brutale, consapevole e orgoglioso del ricco patrimonio storico ma anche attento ai rigurgiti di una contemporaneità spietata, abile nel dominio di forme e spazi ma pronto a sporcarsi le mani con i linguaggi più ruvidi: Koshlyakov è sensibile poeta e guerriero barbaro”.
I due piani di Ca’ Foscari Esposizioni ospitano dipinti di grandi dimensioni e molti oggetti.
Accompagna la mostra la monografia dedicata all’artista pubblicata da Silvana Editoriale in collaborazione con il Museo dell’Impressionismo Russo.
Carlo Franza