1496041257611                                                Ho trovato interesse  a recensire un libro che in libreria ha toccato lettori di ogni ceto sociale, e ancora oggi,  a qualche mese dall’uscita, si rende prezioso alla luce degli sproloqui  sull’arte e la cultura fascista della Laura Boldrini presidente della Camera dei Deputati, già bene osteggiata dal collega Vittorio Sgarbi,  e anche di quella legge Fiano che sarebbe tutta da cestinare.  Nel dibattito storiografico  dell’Italia di  qualche decennio fa  ecco un illuminante saggio, un altro libro sulla Repubblica sociale italiana.  Il prezioso  studio di Mario Avagliano e Marco Palmieri, “L’Italia di Salò 1943-45” (Il Mulino) che mette in piedi un sistema nuovo di fare storia,  una sorta di  “storia dal basso”, comprendere davvero le motivazioni di chi aderì alla Rsi,  e finalmente abbandonare il pregiudizio che ha sempre pesato sulla storiografia antifascista. 490 pagine di un’accurata ricerca effettuata sulla base delle fonti coeve disponibili – lettere, diari, testamenti ideologici, posta censurata, relazioni sul morale delle truppe e sullo spirito pubblico, notiziari della Gnr, note fiduciarie, carte di polizia e dei servizi segreti – e della memorialistica postuma, scevra dai condizionamenti politici che l’hanno caratterizzata e dalla pregiudiziale politico-ideologico-culturale che ha portato molti testimoni a tenere a lungo nascoste le tracce di un passato inconfessabile. Non solo la memorialistica post-Rsi ma anche diari ed epistolari che restituiscono in presa diretta emozioni e speranze. Accanto a queste fonti troviamo le informative e gli appunti per il Duce redatti da polizia e servizi. E’ con  questi scritti  che si tenta di scandagliare le ragioni che mossero circa 550000 italiani (tra militari e militarizzati) a scegliere di terminare con onore una guerra che si intuiva già perduta. Accanto a loro almeno 6000 ausiliarie. Un lungo capitolo è dedicato al fascismo clandestino nelle regioni sotto il controllo degli americani, dove viene organizzata una “resistenza nera” di gruppi di fascisti che organizzano riunioni, pubblicano giornali, compiono attentati e svolgono opera di intelligence. tre_popoli_rsi_1g-kFTB-U43290700589051caE-1224x916@Corriere-Web-Sezioni-593x443

Un saggio già presentato dallo  storico Paolo Mieli  che sul “Corriere della Sera”  ha espresso giudizi lusinghieri;  “Mario Avagliano e Marco Palmieri, ben sottolineano – scrive Mieli – i limiti della storiografia che ha teso a negare ogni dignità a coloro i quali militarono dalla ‘parte sbagliata’”. E ancora: “Quella scelta fu per molti giovani e giovanissimi non una macchia, non una colpa ma – affermano i due autori del libro – una sorta di rivolta generazionale contro il vecchio sistema, rappresentato dalla monarchia, dalle forze della borghesia che avevano voltato le spalle a Mussolini e dai quadri dirigenziali del regime”.

Quel momento storico, quel tumultuoso  momento storico che portò molti a fare una scelta, e a trovarsi, dunque, dall’altra parte ( afferma  un personaggio di Italo Calvino, “basta un nulla, un passo falso, un impennamento dell’anima e ci si trova dall’altra parte”). Ebbene gli italiani che  scelsero le insegne di Salò furono spinti da motivazioni differenti: c’erano i volontari della prima ora, per i quali l’adesione alla Rsi nasce dal rifiuto dell’armistizio, e c’erano poi quelli che accorsero per seguire il Duce, quelli che lo fecero per convenienza o per paura, quelli che sperarono di portare finalmente a compimento la rivoluzione del fascismo. C’erano insomma “i fanatici, gli entusiasti, i rassegnati, i dubbiosi, i riluttanti”. Agivano poi fattori che ebbero un peso determinante: l’educazione fascista, il culto del credere-obbedire-combattere, lo spirito d’avventura, la rivolta generazionale contro i gerarchi felloni. E’ bene guardare con distacco storico a questi  moti dell’animo proprio per così  superare pregiudizi e giudizi sommari;  lo si insegna nei licei e nelle università  -checchè ne dicano Fiano, Boldrini e compagni-   che il fascismo è ormai consegnato alla storia ma mai lo sarà veramente se non si farà pace anche con i morti di quella parte,  ovvero se non si considererà più l’altra parte come la  “parte sbagliata” e riconoscere che quegli italiani seguirono solo la loro coscienza. Lo spiega bene un brano di una lettera inviata dal filosofo Giovanni Gentile alla figlia il 27 novembre del 1943: “Io profondamente desidero che l’Italia risorga col suo onore, che la mia Sicilia sia alla mia morte la Sicilia italianissima in cui nacqui e in cui sono seppelliti i miei genitori. Aspettare tappato in caso che maturino gli eventi è il solo modo che ci sia di comprometterli gravemente. Bisogna marciare come vuole la coscienza. Questo ho predicato per tutta la vita. Non posso smentirmi ora che sto per finire”. Molto opportunamente il libro parte dal trauma del 25 luglio e dell’8 settembre, mostra attraverso le testimonianze dirette –non i discorsi ufficiali ma le lettere di italiani ad altri italiani – il modo in cui fu vissuto, le sue conseguenze psicologiche, il disincanto, la vergogna, la rabbia dinanzi alle folle festanti: “Incredibile, credimi. Tutti si scusavano d’avere appartenuto al fascismo. Gente che il giorno prima urlava Duce!Duce! come scimmie nelle piazze e che ora è pronta a sgozzare quel disgraziato”, scrive un giovane di Firenze dopo il 25 luglio 1943.

Molte, per non dire moltissime  testimonianze raccolte appartengono a personaggi che poi ritroveremo nella storia del Msi,  ma non meno  sono quelle di  voci di popolo anonimo, e comunque sdegnato dal voltafaccia del Re e di Badoglio. Secondo lo storico Galli della Loggia fu proprio lo “sconquasso apocalittico dell’8 settembre” a far morire negli italiani il senso della Patria, a decretarne l’impossibile rinascita. E invece le pagine di questo libro affermano il contrario, documentano una reazione larga, profonda, ben radicata da cui scaturì come ben sappiamo  una sanguinosa guerra civile. Sono  stati gli echi di quella immensa tragedia ad impedire un sentimento di unità nazionale vero, reale, condiviso, sincero. Si preferisce giocare con le etichette, ovvero fascismo/antifascismo, persino con  le ridondanti caustiche e ridicole parole della Boldrini, mentre basterebbe leggere con attenzione le tipologie umane che si trovarono a fronteggiare quel vortice di eventi per comprendere e superare gli odi. Ma cosa volete, guardate questi figure PD che sproloquiano  senza conoscere la storia, d’altronde persino la Fedeli Ministro della Pubblica Istruzione senza laurea, quest’anno per dire che c’era la maturità  ben 49 pagine e 23.285 parole, con ben 59 prenmesse, visto, visto, visto, ecc.  Ma torniamo al libro e lasciamo la Ministra e il suo staff senza diploma.Nel libro di Avagliano e Palmieri poi si fa cenno anche al  sottotenente Mario Gandini ad esempio che, reduce dalla Russia, si arruola nella Rsi: “Non voglio tornare al fronte per vincere la guerra. Voglio tornare al fronte per perderla. Soltanto che la voglio perdere a modo mio”. E c’era Giovanni Prodi, fratello del futuro presidente del Consiglio Romano, che si arruola per evitare complicazioni e dice che “eccettuati pochi volontari, eravamo tutti disfattisti”. Fare storia dal basso è anche questo: riuscire a far emergere a decenni e decenni di distanza il carattere, l’atteggiamento, la mentalità degli italiani coinvolti in quella pagina. E capire quanto siamo ancora eredi, 70 anni dopo, di quella zona grigia  e nebbiosa che voleva evitare di scegliere, che aspettava solo la fine della bufera per tornare al quieto vivere. Attese vere e comprensibili, ma anche attese che non nascevano  certo dalla parte migliore del paese.

Di seguito ecco un elenco di testi da leggere anche in estate  oltre al testo di cui parliamo e cioè “L’Italia di Salò” di Mario Avagliano e Marco Palmieri (il Mulino, pagine 496, e 28). Si tratta di una nuova tappa del viaggio che i due autori hanno intrapreso nella storia italiana con diversi volumi: Gli internati militari italiani (Einaudi, 2009); Gli ebrei sotto la persecuzione in Italia (Einaudi, 2011); Voci dal lager (Einaudi, 2012); Di pura razza italiana (Baldini & Castoldi, 2013), Vincere e vinceremo! (il Mulino, 2014). A Salò poi sono stati dedicati molti libri, come La repubblica delle camicie nere di Luigi Ganapini (Garzanti, 1999) e La storia della Repubblica di Mussolini di Aurelio Lepre (Mondadori, 1999). Tratta della Rsi l’ultimo volume, incompiuto, della biografia di Mussolini scritta da Renzo De Felice, La guerra civile (Einaudi, 1997), Se ne occupava anche Claudio Pavone nel suo libro sulla Resistenza Una guerra civile (Bollati Boringhieri, 1991).

 Carlo Franza

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