Loi di Campi vincitore del Premio Salento Arte 2017 -Turris Magna – Città di Tricase. Un Premio e una mostra nel Salento lo consacrano artista di piano europeo.
L’Associazione Vito Raeli di Tricase(Lecce) con il “Premio Turris Magna “ – Città di Tricase che ne è propaggine della stessa, ha varato per l’edizione 2017 anche il “Premio Salento Arte “ per l’Arte Contemporanea, divenendone così naturale filiazione. La Giuria da me presieduta ha invitato per questa edizione del Premio quindici artisti con le opere espresse nel tema indicato dalla Giuria -quest’anno 2017 il tema è stato l’Albero- e sono state prima in mostra a Tricase con relativo catalogo, poi faranno parte di una istituenda Pinacoteca dell’Associazione. L’artista vincitore fra i quindici invitati ha avuto avrà mostra monografica con catalogo sempre in Tricase. E’ così che ha preso avvio un ambizioso progetto capace negli anni di divenire motore di un flusso innovativo per la cultura tricasina e salentina. L’esposizione del vincitore, del Premio Salento Arte – Premio Turris Magna 2017 dal titolo “Loi di Campi. Come l’albero. Foglie estroflesse”, é in corso in questi giorni a Tricase(LE) – Spazio 17 Galleria Temporanea. La mostra si presenta con venti opere di significativo rilievo e storia, misurate del rigore dell’estroflessione, nei toni monocromi del blu, del rosso, del bianco, ecc. Gli elementi in rilievo simili a gocce sporgenti, utilizzano la simbologia delle foglie come richiesto dal tema del Premio tricasino.
Un libro di Tullio Pericoli dal titolo “ Attraverso l’Albero” passa in rassegna e argomenta come i grandi artisti, da Giotto a Saul Steinberg, hanno immaginato, disegnato, dipinto gli alberi. E come Pericoli li ha reinterpretati, nel suo album più personale. Mi è anche caro qui ricordare in occasione di questa rassegna, la rivista “L’Albero” dell’amico poeta Girolamo Comi (1890-1968) di Lucugnano che nel colophon del primo numero (gennaio-marzo 1949, Tipografia Raeli-Tricase) scriveva: “ E’ nelle nostre speranze e nei nostri desideri che ogni “Albero” sorga e cresca come per generazione spontanea e che porti – possibilmente in tutti i rami- il segno e il respiro della necessità e della ricchezza della nostra ansia di operare e di sopravvivere”(pag. 79). Quindici artisti si sono misurati sul tema dell’albero, e ne sono uscite opere di significativo valore, dalle foglie estroflesse di Loi di Campi, al capitolo sul giardino cui lavora da anni Marisa Settembrini, dalla concettualità del verde di Bruno Mangiaterra agli scorci alberati di Giorgio Cutini, fino alla pagina arborea di Eugenia Serafini o a quello spartito visivo di Gianluca De Cosmo. D’altronde un tema così forte, così attuale e così simbolico per il presente mette a fuoco il contributo degli alberi alla sostenibilità ambientale non solo a livello planetario o continentale, perché è a ogni livello di scala che si manifesta e si riconosce con chiarezza. Nel mosaico del paesaggio, per esempio, nel quale le siepi, le alberate, i boschetti, i boschi d’olivo del salento, i frutteti tradizionali costituiscono i nodi e i corridoi di una complessa rete verde che connette il territorio e che assicura i processi ecologici, gli scambi tra i diversi livelli di biodiversità (i geni, le specie, gli ecosistemi) rendendo più fertili i campi, più sicuri i fiumi, più puliti i laghi e le falde, più felici gli sguardi, le passeggiate e i pensieri tranquilli che le accompagnano. “Non è l’Italia piantata ad alberi in modo da sembrare tutta un frutteto?” si domandava Varrone nel De re rustica. Alludeva ai paesaggi rurali più belli del mondo, capaci di produrre la magnifica frutta che la storia dell’uomo – attraverso i commerci e le esplorazioni – ha raccolto nelle coltivazioni a far compagnia alle specie autoctone (l’olivo, il castagno, la vite, il fico) nelle piantate lungo i fossi di campi di pianura, nei giardini protetti da mura, nelle pedate delle terrazze che hanno trasformato le pendici delle montagne in un susseguirsi di strette pianure. Nei boschi, la biodiversità nazionale, per fornire legna da ardere e da opera, sughero, funghi, miele e frutti selvatici, ha avuto poco bisogno di intrusioni esotiche – la robinia, l’ailanto, molti secoli fa il cipresso – e con il centinaio di specie che costituiscono la sua ricchezza, guarda dall’alto quella trentina appena che forma i boschi dell’Europa continentale. Qui non va dimenticato quel bellissimo testo che è “Studi sul paesaggio” del collega G. Romano. Il paesaggio agrario è invaso da scempi, abusivismi, opere inutili. È il segno dell’identità collettiva, palinsesto della nostra natura e della storia; è, ma potrebbe esserlo molto di più, occasione culturale, quindi turistica, quindi economica…”. Il vincitore del Premio Salento Arte 2017 è Loi di Campi, salentino e lombardo di adozione. L’artista si muove nel campo dell’arte estroflessa. Grandi campi spaziali, dove la costruzione ne è la base di partenza, e il colore, unico, piano, sincopato per via delle movenze costruttive, l’abito assoluto. Strutture, geometrie espanse e contratte, architetture del mondo e dell’universo, ritmi ascensionali e portanti, archetipi come semi del visibile e dell’invisibile; Loi di Campi esprime con i suoi moduli sommersi – così ama chiamarli- il cuore di ogni geografia quotidiana e i suoi coni di luce mettono in risalto le tridimensionalità. I toni monocromi che avvolgono le forme costruite accentuano la magia e il mistero di questi corpi architettonici, e questi toni, queste accensioni che vanno dai bianchi ai gialli,dai rossi ai blu, e oltre perpetuano la spiritualità che gravità negli spazi, nelle superfici e negli angoli, ma anche raccontano un’arte pura, essenziale, assoluta, sequenziale. Due grandi mostre, una a Firenze e l’altra a Berlino lo campionano artista dell’anno, grazie alla sua lucida arte, lucida perché estrema e analitica, in continuità con quella prima tranche di opere storiche degli anni Settanta e quelle dell’ultimo decennio, a dimostrazione di un rinnovamento nell’ambito di una coerenza linguistica e semantica. Estroflessi, moduli sommersi, ricerca spaziale, Pittura Analitica, il suo mondo si offre in un movimento di rottura in grado di assumere una propria autonomia nei confronti del minimalismo e dell’arte povera, così come nei confronti di una ricerca dichiaratamente espressionista e materica. L’indagine si basa su una costante ambiguità dialettica dove la linea della pittura viene recuperata nella sua radicalità, ovvero in quella monocromia assoluta, senza comparazioni di stampo europeo, semmai con una filiazione a Goy Moreno, brasiliano. Arte in autonomia che vive nella gemmazione di processo sperimentali che coinvolgono media e materiali. In questa direzione si potrebbe dire che è proprio l’immagine affrancata ad innescare un continuo processo di modificazione del reale. Un lavoro primario, nella materia e nei colori, secondo una coerenza dottrinale propria dell’arte estroflessa, per quelle sue caratteristiche intrinseche, spaziali, di pieni e di vuoti, di espansioni assai poco ortodosse, ovvero nei tagli e nelle bombature; per tutto ciò Loi di Campi va subito posto all’attenzione dei più, entra nel mercato con riflessione e motivazione del fare, che è un fare nuovo, politico se per politico si intende costruire il futuro dell’arte, ed appare oggi una delle esperienze maggiormente influenti rispetto a una contemporaneità fluida e frammentata e non è casuale che abbia avuto ampi riflessi in tutta Europa con particolare riferimento a Germania e Svizzera, senza dimenticare l’Italia, paese in cui vive.
Biografia – Loi di Campi nasce a Campi Salentina nel 1948. Dopo una breve esperienza come docente nelle scuole medie e superiori, negli anni 80 fonda assieme alla moglie una ditta di ceramiche artistiche, con il marchio DE.AR. Inizia cosi’ una feconda esperienza espositiva internazionale, partecipando alle più importanti fiere del settore ceramiche d’arte per più di 20 anni. Parallelamente affianca all’esperienza del manufatto d’arte la pittura, sempre nella costante e rigorosa espressività di ricerca. Così la pittura di Loi di Campi è densa di vitalità cromatica, secondo un procedere compositivo astratto. Dalla fine del 2012 ad oggi si concentra sul bianco, e le superfici diventano campo per architetture futuribili. Nascono strutture bianche a più dimensioni, vere e proprie scenografie plastiche. Città che vanno oltre la dimensione immaginativa per un sogno nell’etere ufologico. Nella costante contaminazione linguistica dell’arte multimediale, Loi di Campi non trascura la ricerca, esercita la sperimentazione con l’aiuto dell’elemento interdisciplinare del computer-design. Realizza opere con accavallamenti e accostamenti di superfici colorate precedentemente riprese ed elaborate. Nasce cosi’ un ulteriore “gioco” poetico di metamorfosi. Da non trascurare l’altra estetica che Loi di Campi esercita professionalmente: la musica. Si può certamente affermare che la pittura non può fare a meno della musica. Ha tenuto mostre personali e collettive in più città. Nel 2015 è chiamato dall’illustre storico dell’arte Prof. Carlo Franza, a tenere una mostra personale dal titolo “Novelle architetture” nel Progetto “Scenari” al Plus Florence di Firenze e una seconda dal titolo “Aisberg. Moduli e geografie” al Plus Berlin di Berlino nel Progetto” Strade d’Europa”. Del suo lavoro ha scritto il Prof. Carlo Franza. Nel 2016 con una giuria presieduta dallo Storico dell’Arte Contemporanea Prof. Carlo Franza vince a Firenze il Premium International Florence Seven Stars.
Carlo Franza