Sam Havadtoy espone a Palazzo Bembo-Venezia in occasione della LVII Biennale d’arte di Venezia. Torna in scena Stalin.
L’esposizione visitabile fino al 26 novembre 2017 presenta 7 opere inedite di una delle personalità più interessanti e originali della scena newyorkese degli anni ’70-’80. Il percorso espositivo ruota attorno a 3 sculture raffiguranti il busto di Stalin che si trasforma in Pinocchio e 4 porte decorate, una delle cifre più riconoscibili del suo lavoro, dove per la prima volta appaiono delle scritte. Venezia ospita in occasione della LVII Biennale d’Arte la personale di Sam Havadtoy, 18 – 17, parte del progetto PERSONAL STRUCTURES – Crossing Borders, organizzato da European Cultural Centre.
Sam Havadtoy, nato a Londra nel 1952, cresciuto nell’Ungheria post 1956, trasferitosi negli Stati Uniti nel 1972, dove ha iniziato a lavorare come arredatore d’interni, ha vissuto da protagonista sul palcoscenico di quella straordinaria stagione creativa, sviluppatasi nella seconda metà del Novecento a New York. In questi anni ebbe modo di conoscere e diventare intimo amico di John Lennon, Yoko Ono – di cui divenne compagno, dopo la tragica scomparsa del musicista inglese – e di altre personalità quali Andy Warhol, Keith Haring, Jean-Michel Basquiat, Jasper Johns, Robert Rauschenberg, John Cage e molti altri.
Nella storica residenza sul Canal Grande, a pochi passi dal ponte di Rialto, Havadtoy espone quattro porte decorate, sulle quali compaiono, per la prima volta delle scritte (Only want your body; Only want your money; Never explain; Never complain). In questi lavori, si respira una forte evocazione sociale e politica, in particolare, Havadtoy si concentra su come il concetto di democrazia liberale sia aggressivamente sfidata in ogni parte del pianeta. Non è un caso che il fulcro ideale della rassegna siano tre busti di Iosif Stalin che, in sequenza, si trasformeranno nell’immagine del personaggio collodiano di Pinocchio.
Quello della porta, che di per se stessa riveste un forte significato simbolico, così legato all’idea di passaggio, di collegamento tra passato e futuro, è un tema particolarmente presente nella cifra espressiva di Sam Havadtoy, perché richiama fatti della sua vicenda biografica. Lo stesso artista ricorda che, all’età di nove anni, fuggito insieme alla madre e al fratello minore dalla casa paterna, era solito dormire in una piccola stanza dove il letto era composto da una porta, colorata di verde scuro, appoggiata su dei mattoni. “Ho sempre amato l’idea di trasformare le porte in opere d’arte. Lo so, nulla di nuovo, soprattutto, in Italia dove esistono molte porte create da grandi artisti; penso alla Porta del Paradiso per il Battistero di San Giovanni a Firenze di Michelangelo. Mi sono posto con grande umiltà davanti a questi capolavori e ho prodotto porte che raccontassero diversi periodi della mia vita”. Altra caratteristica del lavoro di Sam Havadtoy è l’utilizzo del merletto, materiale insolito per l’arte contemporanea, ma il cui impiego trova riscontro nella memoria dei popoli dell’est Europa dove proprio il merletto intrecciava associazioni complesse con classe, religione, storia e moda e che in laguna ha uno dei centri di produzione più rinomati in Italia. Nella sua pratica artistica Havadtoy incolla frammenti di pizzo sulle sue opere; quindi, strato dopo strato li ricopre di colore, in modo che il gioco di vuoto e pieno che si crea, diventi l’elemento strutturale dell’immagine che ne risulta.
Sam Havadtoy è nato nel 1952 a Londra da una famiglia ungherese. Rientrata in Ungheria nel 1956, non le fu più concesso di ritornare in Inghilterra. Nel 1971, Sam emigrò illegalmente in Inghilterra attraverso la Yugoslavia. Un anno più tardi, nel 1972, si stabilì negli Stati Uniti. Nel 1978 fondò il Sam Havadtoy Gallery and Interior Design Studio, e divenne amico intimo di Yoko Ono, John Lennon, David Bowie, Andy Warhol, Keith Haring, George Condo, Donald Baechler e molti altri artisti. Winged Altarpiece, la più monumentale scultura in bronzo mai realizzata da Keith Haring, fu creata in edizione limitata con l’aiuto di Havadtoy. Qualche anno dopo, il Ludwig Museum di Budapest ricevette in dono dallo stesso Havadtoy questa rara opera per arricchire le sue collezioni permanenti. Nel 1992 aprì la Galéria 56 a Budapest. Qui espose lavori di artisti quali Keith Haring, Andy Warhol, Agnes Martin, Cindy Sherman, Kiki Smith, Robert Mapplethorpe, Ross Bleckner, Donald Sultan, Donald Baechler, oltre alle opere del grande artista ungherese László Moholy-Nagy. Dal 2000 è tornato a vivere in Europa; a Budapest e Szentendre, in Ungheria, e in Liguria.
Carlo Franza