Ruth Ben-Ghiat ebrea americana dell’Università di New York si scaglia contro il Fascismo in maniera non scientifica, ma con una visione monolitica, aprioristica e atemporale.
Non se ne può più di questa critica al Fascismo, e per lo più da parte di sedicenti studiosi che di storia non sanno nulla, né sociologicamente hanno potuto negli anni ordinare e misurare pro e contro. La Storia è quella che è, si può aggiungere e non togliere ad essa. Sul fascismo tutti a strombazzare. Pazienza, avessero almeno letto la Storia del Fascismo del Prof. Renzo De Felice! Adesso ci si mette anche Ruth Ben-Ghiat, professoressa di Storia Italiana all’Università di New York; il Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR-Roma, bellissimo esempio di architettura, è stato bollato da lei come “Una reliquia di un’aberrante aggressione fascista” erroneamente celebrata in Italia come “icona modernista”. Tutto questo lo ha rivelato e scritto su un articolo apparso sul New Yorker che ha causato un’onda piuttosto vibrante di reazioni in Italia, soprattutto sui social. L’autrice si chiede perché in Italia esistano ancora monumenti del periodo fascista. Il simbolo dell’indignazione del magazine statunitense è il Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur di Roma, e i segni e le frasi del regime fascista che ancora campeggiano sui monumenti italiani, non solo a Roma. Aggiungo di più. Sapete perché parla adesso la Ruth Ben-Ghiat? Certo per dare man forte all’operato della legge contro il fascismo voluta dall’ebreo PD Emanuele Fiano. Ebbene questa signora professoressa è anch’essa una ebrea americana che ha pensato di dare una mano a Fiano detto Lele, Boldrini e compagni. Ma si sa la Storia non si cancella, e la Ruth Ben-Ghiat fa come i terroristi dell’Isis che hanno pensato di distruggere il sito di Palmira in Siria credendo così di cancellarne il passato e la sua cultura. La professoressa ebrea americana si prende dei meriti e delle glorie che non gli appartengono. Ho letto i suoi libri, tutti, visto che si definisce negli Stati Uniti l’autorità maggiormente esperta sulla cultura fascista. Ebbene, questi testi che l’hanno portata alla docenza statunitense li ho trovati, da storico e da intellettuale, forzatamente argomentati, meglio dire poco scientifici; con quei libri la Ruth Ben-Ghiat , qui da noi in Italia, non avrebbe neppure meritato un dottorato di ricerca che è già il primo gradino per chi volesse diventare docente universitario, ve lo assicuro. In Italia non avrebbe trovato nessuna commissione compiacente a portarla in cattedra, a meno che non si fosse iscritta al PCI o al PD. Adesso è lei che viene a dare lezione a noi professori, a dire come corre la storia, cosa salvare dalla storia, cosa distruggere in Italia, quando dovrebbe saper bene la signora, che i “segni” sono cultura, e che i segni, i monumenti, e la cultura fascista appartengono di diritto agli italiani, come la storia romana, la storia etrusca, la storia latina, la storia sannita, la storia longobarda, e così via.
Sarà bene che la Ruth Ben-Ghiat vada di corsa a leggersi quanto scrive di lei il collega Prof. Giuseppe Ghini dell’Università di Urbino nel brillantissimo saggio dal titolo “Praz, Lo Gatto e il fascismo”: “uno dei più recenti contributi sulla questione, frutto della ricerca della studiosa ebrea americana Ruth Ben-Ghiat, propone una visione piuttosto monolitica, aprioristica e atemporale dei rapporti tra cultura e fascismo.”( saggio pubblicato in Linguae et –Rivista di Lingue e Culture Moderne della Facoltà di Lingue e Letterature Straniere dell’Università degli Studi di Urbino – Carlo Bo; n.2, 2008, pag. 15). E dire che Mario Praz ed Ettore Lo Gatto sono stati due illustri professoroni d’Università proprio nel periodo fascista.
Questo giudizio ultimo dello storico Ghini sulla Ruth Ben-Ghiat la dice lunga sul dire della professoressa e sulle sue maccheroniche affermazioni.
Carlo Franza