Paesaggio e Veduta. La mostra nel Palazzo Ducale dei Castromediano di Cavallino – Lecce. Una storia del paesaggio italiano.
La mostra “Paesaggio e Veduta. Dipinti da Palazzo Chigi in Ariccia e altre raccolte”, curata da Francesco Petrucci, Conservatore del Museo del Barocco romano di Palazzo Chigi in Ariccia, è promossa dal Comune di Cavallino-Lecce, grazie all’impegno del Consigliere delegato alla cultura On.le Gaetano Gorgoni. Si pone in continuità ideale delle mostre Dipinti del Barocco romano da Palazzo Chigi in Ariccia, Dipinti tra Rococò e Neoclassicismo da Palazzo Chigi in Ariccia e da altre raccolte, Ritratto e figura.Dipinti da Rubens a Cades, La collezione Amata da Bassano a Longhi, tenutesi a Cavallino negli anni 2012, 2013, 2014, 2015. Un programma denso, mirato e fortemente interessante, che lascia leggere il senso delle scelte politiche di una amministrazione.
La mostra presenta un’accurata selezione di quaranta dipinti eseguiti dai massimi paesaggisti e vedutisti italiani e stranieri, attivi in Italia tra il XVII e il XIX secolo, in buona parte inediti o poco noti, in molti casi esposti per la prima volta in Italia, che raffigurano paesaggi ideali, paesaggi naturali e vedute di città, tra cui località caratteristiche e piazze celebri. Incentrata sui principali centri del vedutismo legati al fenomeno del Grand Tour – Roma, Napoli e Venezia – l’esposizione comprende anche vedute di altre famose località connesse al viaggio in Italia, come Firenze, Messina o Tivoli, la campagna romana o quella veneta.
I dipinti provengono in parte da collezioni pubbliche, come Palazzo Chigi in Ariccia, Il Museo di Roma e l’Accademia Nazionale di San Luca, mentre un importante nucleo si trova in collezioni private inglesi. La “pittura di veduta”, cioè la rappresentazione obiettiva di spazi urbani o urbanizzati, basata su una puntuale aderenza allo stato effettivo dei luoghi, che ha in Gaspare Vanvitelli un precursore, dai tre centri principali di irradiazione e propulsione ha conosciuto poi un’espansione internazionale. Essa nasce con funzioni celebrative, legata alle imprese di papi, principi e sovrani o come sfondo ad importanti cerimonie pubbliche, di cui si vuole tramandare la memoria. La veduta diventa “capriccio”, cioè rimontaggio in contesti immaginari di architetture, ruderi o monumenti reali, seguendo spunti presenti nei dipinti di Claude Lorrain, nell’opera di prospettici come Viviano Codazzi e poi nel ‘700, specialisti come Giovanni Paolo Pannini.
Il primo vero e proprio vedutista attivo a Roma nel campo della pittura fu l’artista olandese Gaspar van Wittel, italianizzato Gaspare Vanvitelli, il quale sottrasse la rappresentazione dei luoghi alla celebrazioni di eventi particolari, facendo assurgere a protagonisti per la prima volta e in maniera sistematica, piazze e scorci urbani. Non a caso mancano totalmente nelle sue opere feste, canonizzazioni, processioni, apparati effimeri e vedute carnevalesche, presenti in precedenza non solo nella pittura romana e napoletana. La massima espressione del vedutismo, non solo in Italia, è rappresentata dalla pittura veneziana del ‘700, con raffigurazioni oggettive della città, in primo luogo Venezia, che ebbero un mercato internazionale, diffondendosi in tutto il mondo a partire dall’Inghilterra. Interpreti di questo genere di grande successo commerciale furono, oltre al grande Canaletto, massimo interprete del razionalismo illuminista in pittura, artisti come Francesco Guardi, Michele Marieschi e tanti altri, fino al genio romantico di Ippolito Caffi, eroe risorgimentale e patriota morto nella battaglia di Lissa.
La veduta si configura come un vero e proprio genere, complementare alla “pittura di paesaggio”, che ha come soggetto la natura, con cui spesso si interseca e sovrappone ed è contigua alla “veduta ideata”, illusoriamente reale, come pure al “capriccio”, espresso in mostra da combinazione di motivi autentici e immaginari, che richiedeva specifiche competenze scientifiche in ambito prospettico e architettonico. Il paesaggio italiano, celebrato nel corso dei secoli da artisti, letterati e poeti come incarnazione del “paesaggio ideale”, luogo del mito e della storia, assurge a specchio di un sentimento universale della natura, in cui le tracce millenarie della presenza dell’uomo si compenetrano nel connaturato senso di grandiosità e solennità.
La trasfigurazione intellettualistica dei luoghi animata dalla presenza umana, con pastori e contadini, eroi del mito e della storia, tra vestigia archeologiche e borghi arroccati, è subordinata alla ricerca di una superiore armonia e un senso di olimpica pacatezza. L’emozione suscitata da tale paesaggio naturale e urbano è espressa con differenti connotazioni e sensibilità dai diversi artisti, tra ideale e reale, pittoresco e sublime.
In mostra opere di: Giovanni Angeloni, Johann Wilhelm Baur, Pietro Berrettini (Pietro da Cortona), Giuseppe Bernardino Bison, Ippolito Caffi, Antonio Canal detto Canaletto, Francesco Cozza, Guillaume Courtois detto Il Borgognone, Massimo D’Azeglio, Domenico De Marchis, Jean de Monper, Gaspard Dughet, Giacinto Gigante, Charles François Grenier De Lacroix, Francesco Guardi, Jean Henry detto Henry d’Arles, Ignoto, Jean Lemaire, Andrea Locatelli, Adrien Manglard, Michele Marieschi, Filippo Napoletano, Giovanni Paolo Pannini, Edward Pritchett, Pandolfo Reschi, Marco Ricci, Sebastiano Ricci, Salvator Rosa, Agostino Tassi, Hendrick Frans van Lint, Cornelius van Poelenburgh, Gaspare Vanvitelli (Gaspar van Wittel), Giuseppe Zais, Julius Zielcke, Francesco Zuccarelli, Gottfried Wals.
Carlo Franza