Sironi e il Fascismo tornano alla luce nell’Aula Magna del Rettorato all’Università La Sapienza di Roma. La Storia non si cancella.
Un grande affresco di Sironi all’Università La Sapienza ha nuovamente riaperto le polemiche e portato alla luce i tabù dell’Italia di fronte alla parola fascismo. E lentamente, proprio lentamente, sotto le spazzole e gli attrezzi delicati del restauratore, riemergeva la punta di un enorme, monumentale fascio littorio. Persino i lineamenti della Vittoria alata, armata di gladio romano, riprendevano il loro profilo marziale e futurista, come l’elmetto militare della Grande Guerra, scintillante, e la scritta in caratteri romani: XIV° anno dell’era fascista. Così, mentre l’opera di Mario Sironi, un innegabile capolavoro, che dopo la Seconda Guerra Mondiale e la Resistenza era stata censurata, adesso ritornava pian piano alla luce nell’Aula Magna del Rettorato, alla Sapienza di Roma; nello stesso tempo nei corridoi dell’università riemergevano anche gli stessi sommovimenti del 1945, qualche chiacchiericcio di colleghi professori, dibattiti affannosi, inarcamenti di sopracciglia, chi per il si e chi per il no. Come dire, che facciamo riportiamo in auge il Duce e quanto da esso generato e fatto, e che invece Boldrini, Fiano, Violante e compagni vorrebbero cancellato in eterno? E ancora con l’abbattimento del Palazzo della Civiltà Italiana all’Eur, e dell’obelisco del Foro Italico, con la sua scritta “Mussolini Dux”, come a suo tempo scritto e detto?
Il 23 novembre 2017 è stato il capo dello stato, Sergio Mattarella, a tirare giù la tenda che copriva questo enorme affresco alto nove metri e largo dieci che Mario Sironi dipinse negli anni Trenta per celebrare “l’Italia fra le Arti”, nel complesso universitario La Sapienza disegnato dall’architetto Piacentini su committenza del Duce, che lo inaugurò e battezzò. Terminata l’occupazione tedesca di Roma molti simboli del fascismo vennero censurati. L’affresco di Sironi fu dapprima coperto. Quando nel ’47 “l’Uomo Qualunque “vi celebrò un congresso, vi campeggiava davanti un grande panno del movimento di Guglielmo Giannini. Si decise di defascistizzare l’opera sironiana. I lavori furono diretti da Marcello Piacentini, il quale aveva sovrinteso alla diffusione di simboli littori nella Città universitaria, avendone presieduto i lavori. E fu Carlo Siviero che cancellò i simboli del regime con in più ritoccando e ricolorando a suo piacimento, di fatto deturpando l’affresco originale. Ha rilevato il collega storico Paolo Simoncelli: “Siviero aggiunge colori inesistenti come il giallo, oscura il cielo trasformandolo da azzurro in grigio, ridisegna vesti, volti e capigliature, smorza le lumeggiature originali e scontorna cose e figure con pesanti riprofilature scure. Il risultato è spaventoso, del Sironi murale non rimane quasi più nulla”. L’affresco dunque venne sporcato, ridisegnato -a ridipintura di Siviero- coperto, censurato, alterato, reso ideologicamente corretto ma artisticamente improprio e falso, dunque falsificato dallo stato repubblicano subentrante. Uno scempio inaudito da richiamare quanto fatto dal famigerato Isis in tempi recenti su talune opere d’arte nei luoghi in cui operava. L’ambiente universitario dell’Università La Sapienza, a Roma, nel 2017 viveva ancora questo diffuso clima di timore, ansia, sgomento, di tentennamenti, mentre il Parlamento italiano paladino l’on. Fiano si spingeva persino al punto di voler approvare una legge, che già esiste, contro l’apologia del fascismo. L’ambiente dei colleghi professori dell’Università La Sapienza ancora oggi è diviso in un dibattito, per adesso solo e tutto interno, composto di sottintesi, storture di bocca, battutine, smorfie e sorrisi a mezz’asta, perché nessuno alla Sapienza, esclusi -è bene saperlo- gli Storici dell’Arte che fortemente hanno voluto il restauro, sembrava sapere se bisognasse gioire per il capolavoro finalmente ritrovato e riportato alle origini con il restauro o mettere su ancora comizi da resistenza per via di quel Mussolini a cavallo che è spuntato fuori sotto i colpi di spazzola e degli attrezzi di ripulitura. C’è da chiedersi, se persino gli intellettuali, i professori, quel mondo della ricerca universitaria si trovano spiazzati e spaesati, che dire dei mediocri esterni e delle cretinerie che vengono avanzate dal mondo politico? Badate bene spaesamento persino all’interno del mondo universitario, in quella “Sapienza” che ci ha visto e ci vede parte eletta e prediletta del sapere. Dunque, proprio vero, persino all’università incertezze e ancora oscuramenti ideologici. Per lo Storico dell’Arte, restaurare e riportare alle origini è un irrefrenabile impulso, una vocazione, affinché l’Arte e la Storia portino testimonianza, impossibile da cancellare, di un’epoca e di una politica culturale e sociale fra le più germinative del nostro Paese Italia.
Carlo Franza