L’analitico Riccardo Guarneri dalla Biennale di Venezia a Ceglie Messapica in Puglia. L’artista fiorentino figura di spicca della pittura analitica si trova in mostra nel Museo pugliese.
l MAAC – Museo Archeologico e di Arte Contemporanea di Ceglie Messapica in provincia di Brindisi, uno dei contenitori del Polo Culturale Sistema Gusto d’Arte avviato nel maggio del 2016, inaugura un nuovo progetto di forte impatto culturale: “Riccardo Guarneri. la Biennale di Venezia a Ceglie Messapica”, un evento espositivo di lungo respiro, che si prolungherà sino al prossimo inverno, con appuntamenti monografici dedicati ad artisti contemporanei che hanno esposto le loro opere in occasione di una tra le più antiche, importanti e prestigiose rassegne internazionali d’arte contemporanea al mondo, la Biennale di Venezia.
Il primo appuntamento alla Galleria espositiva del MAAC è con la Personale di Riccardo Guarneri, ottantaquattrenne artista fiorentino, già ospite alla cinquantasettesima Biennale di Venezia, Viva Arte Viva, curata da Christine Macel. Riccardo Guarneri si è imposto sia come una figura artistica indipendente, sia come precursore delle tendenze pittoriche astratte degli anni 70’. Guarneri è figura di spicco della Pittura analitica italiana. In matematica analitico vuol dire fatto con metodo, logico, razionale. Il manipolo di analitici è composto da Riccardo Guarneri, Claudio Verna, Pino Pinelli, Paolo Masi, e ancora Griffa, Olivieri, Marchegiani, Gastini e qualche altro. All’inizio della sua carriera negli anni 60’, ha sperimento senza sosta l’armonia tra segno, colore e luce, inventando un originale linguaggio lirico, infatti oltre ad essere un pittore, Guarneri è anche musicista. L’intero repertorio dell’artista, che comprende strutture geometriche ma anche segni colorati più caldi ed organici, può essere inteso come un’ode all’ascolto, l’ultimo passo per permettere alla melodia intrinseca ai dipinti di penetrarci profondamente. La selezione di opere esposte sottolinea l’integrità artistica di un pittore dedicato a ricercare variazioni estetiche intorno ad un tema centrale. Le opere, i rettangoli e le geometrie di Guarneri, colorati in modo diafano, lattiginoso, con colori quasi francescani, si lasciano leggere come grafici cartesiani per rilevare la posizione di punti nello spazio fisico. Raccontano che sono frutto degli anni Settanta, epoca in cui l’arte concettuale imponeva ai pittori di concepire l’opera come frutto di un processo mentale.
L’artista ha centrato la sua ricerca intorno all’estetica del segno e della luce, liberandosi da preoccupazioni figurative o narrative senza però cedere al dogma concettuale caro al minimalismo. Quadrati e linee perdono plasticità a favore di vibrazioni cromatiche: la contemplazione prolungata dei dipinti rivela infatti un’asimmetria nelle figure geometriche. Calligrafie a matita, prive di significato semantico, ma visualmente sostanziali, accentuano il gioco di sfumature e di trasparenze luminose. Alcuni critici, tra i quali il sottoscritto che ne ha ampiamente parlato altre volte sul “Il Giornale”, hanno sottolineato un’assonanza tra l’opera di Guarneri e le semplificazioni cromatiche dei pittori Color Field, bensì il paragone con Agnes Martin sembra più adatto all’approccio Zen e lirico del maestro. Le linee di Guarneri trasmettono l’illusione di essere definitive, i colori pastello esprimono dolcezza e, dissolvendosi l’uno nel altro, rinforzano il sentimento di confini irresoluti. Le sfumature raffinate e le tonalità impalpabili dei suoi dipinti rendono la riproduzione fotografia problematica sia oggi che sessant’anni fa, in disarmonia con la subordinazione all’iconografia digitale e con l’istantaneità che distingue l’arte contemporanea. L’omogeneità della carriera artistica di Guarneri è un omaggio alla longevità della pittura e alla sua capacita ad essere continuamente reinventata.
Le opere di Guarneri rimangono presenze cariche di mistero. Cercano la complicità dello spettatore: lo invitano a uno sguardo prolungato per stabilire una forma di intimità, e quindi scoprirne profili, segni, accordi tonali non immediatamente intuibili. Opere del genere esprimono un ideale di quiete e di serena concentrazione. Al contempo però emanano un senso di energia, per via della dialettica tra segni e forme, e della tensione tra la nettezza di un profilo e l’evanescenza della macchia. Quella di Guarneri, insomma, è una pittura dal carattere anche evocativo. Per dirla con le parole dello stesso artista “una pittura che può essere leggerissima e insieme forte”. Dice ancora Guarneri: “Ho lasciato emergere la luce del bianco. Ho voluto che diventasse tutto leggerissimo, trasparente, poco decifrabile. Affascinato dalle chine dei maestri Zen, ho lavorato sui quadri bianchi e, con matite o l’acquarello, che trasfiguravano nella leggerezza e nella sfumatura il loro stesso colore, ho conferito la luminosità che volevo, divenuta poi caratteristica delle mie opere. La luce viene dalle trasparenze, da dentro al quadro, e si proietta nell’esteriorità.”
La presenza temporanea della Biennale di Venezia al MAAC di Ceglie Messapica sarà rafforzata dall’esposizione parallela e contemporanea di due opere originali di Giorgio de Chirico, entrambe facenti parte della Collezione Arrigoni, anch’essa ospitata alla Biennale Arte di Venezia 2017, presso il Padiglione Armenia. Una scelta insolita quella di ospitare una collezione di grandi maestri del Ventesimo secolo alla Biennale, che consacra gli artisti contemporanei e soltanto di rado dedica spazio a quelli del passato. La Collezione Arrigoni è pregevole e contiene esemplari notevoli tra i quali le due opere in esposizione al MAAC, vale a dire: “Piazza d’Italia con Arianna”, Olio su tela, 1916 e “Aringhe”, Olio su cartone telato, inizio anni Quaranta, opera tornata in Biennale dopo 75 anni. L’opera era già stata esposta nel 1942 alla 22a edizione della Biennale di Venezia, e recentemente, sottoposta all’autorevole parere del prof. Paolo Picozza, Presidente della Fondazione Isa e Giorgio de Chirico, ne ha suscitato il caloroso apprezzamento. Aringhe è un lavoro molto apprezzato dagli intenditori di Giorgio de Chirico, nonostante il soggetto non sia di epoca metafisica e nonostante non sia stata eseguita negli anni Dieci, quelli “sublimi” per il maestro. Il nuovo progetto culturale ed espositivo che è ospitato al MAAC nei prossimi mesi è stato fortemente voluto e realizzato dall’Amministrazione Comunale di Ceglie Messapica.
Carlo Franza