Fato e destino nell’arte fra mito e contemporaneità. Capolavori che esplorano temi singolari dell’uomo in mostra Al Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova.
Dall’8 settembre 2018 al 6 gennaio 2019, il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova ospita la mostra FATO E DESTINO. Tra mito e contemporaneità L’esposizione, che si apre in concomitanza con la XXII edizione di Festivaletteratura Mantova, presenta circa 70 opere tra dipinti, sculture, disegni, grafica e mosaici, che indagano il tema del fato e del destino, dall’antichità ai nostri giorni. La rassegna, allestita nell’Appartamento della Rustica, ideato da Giulio Romano per il duca Federico II Gonzaga, curata da Renata Casarin, vicedirettore del Complesso Museale Palazzo Ducale Mantova, e Lucia Molino, responsabile Collezione Fondazione Cariplo, in collaborazione con Michela Zurla, promossa dalla Fondazione Cariplo, Fondazione Comunità Mantovana e dal Complesso Museale Palazzo Ducale, in collaborazione con il Comune di Mantova è la sesta tappa del tour Open che sta portando il patrimonio artistico della Fondazione Cariplo in tutta la Lombardia, nelle province di Novara e del Verbano Cusio Ossola. L’esposizione, che s’inaugura in concomitanza con la XXII edizione di Festivaletteratura Mantova, è la viva testimonianza di un impegno collettivo a favore della cultura e della più ampia valorizzazione del patrimonio locale di competenze, eccellenze e tradizioni.
FATO E DESTINO. Tra mito e contemporaneità presenta circa 70 opere che spaziano dalla pittura alla scultura, dalla grafica al mosaico, tra cui spiccano capolavori di età romana, di Domenico Fetti, di Angelo Morbelli, di Gustav Klimt e di in grado di svelare la varietà, la ricchezza e la qualità delle raccolte d’arte della Fondazione Cariplo e di prestigiose istituzioni museali come il Complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova, il Museo della Città – Palazzo San Sebastiano di Mantova, il Museo Civico di Palazzo Te, il MAR – Museo d’Arte della città di Ravenna, la Fondazione Casa di Oriani di Ravenna, il Museo d’Arte Moderna di Gazoldo degli Ippoliti di Mantova, i Musei Civici di Forlì, il Museo Civico di Crema e del Cremasco, oltre che di collezioni private. Attraverso un itinerario, che dall’antichità arriva fino ai giorni nostri, prendono forma in modo inaspettato quegli enigmi universali sui quali l’uomo si interroga da sempre.
Il percorso espositivo, suddiviso in dieci sezioni, si apre con Verità celate, ovvero quelle nascoste nel profondo di ogni uomo e quelle insite nei segreti del cosmo. La Sfinge, una scultura del I secolo d.C., proveniente dal Museo di San Sebastiano di Mantova, ben rappresenta questo tema: l’animale mitologico posto a guardia del palazzo di Tebe, che interrogava chi gli si presentava di fronte, segnala l’esigenza di ogni individuo di investigare se stesso. Questi concetti sono tradotti in un linguaggio artistico moderno dalla Vecchia con candela, una copia di Pieter Paul Rubens e dalla Maddalena di un pittore francese del XVII secolo, dove la fiamma simboleggia il perdersi nell’io interiore o nel Ritratto femminile con maschera attribuito al pittore settecentesco Charles-Antoine Coypel, nel quale il gesto della fanciulla di togliersi la maschera rivela il desiderio di mostrare il volto della sua anima. La rassegna prosegue con Interrogare la sorte che documenta l’attitudine di ogni essere umano ad acquisire il potere divino di conoscere il passato e di prevedere gli eventi che determineranno il futuro, attraverso opere come Ritratto di donna con moneta, dipinto da un pittore toscano nella seconda metà XVII secolo, Il veggente di scuola ottocentesca veneziana o La cartomante di Jules Jean-Baptiste Dehaussy. I testi biblici contengono molti brani in cui Dio chiama gli uomini a seguire la sua via. Nella sezione Interrogare il cielo, la predisposizione a seguire gli insegnamenti divini è ben esemplificata nell’inedito dipinto riferibile all’ambito di Pompeo Batoni che vede Maria Maddalena attenta ad accettare quanto le viene suggerito dall’alto, tanto che il suo viso è già trasfigurato dalla grazia. Lo stesso accade per la tavola Maddalena in estasi, dove l’attributo della croce sposta la meditazione sul tema del sacrificio di Cristo e su quello della morte. Lo si vede nella tela Maddalena in meditazione con teschio di ambito di Giulio Cesare Procaccini, in cui la mistica accarezza il teschio quale allusione al Golgota e, al contempo, a un memento mori, richiamato dalla testa femminile in ombra.
Tra sacro e profano si muovono Eva di Giovanni Maria Benzoni e lo Studio per un monumento funerario di Vincenzo Gemito, dove una giovane fanciulla rivolge preghiere a Dio per la salvezza dell’anima. Solo I Puri nel Portfolio di Adolfo Wildt potranno salire all’orizzonte più alto dell’albero, come gli umili il cui unico bene è l’amore familiare espresso in Donna che cuce e due bambini del Maestro della tela jeans. Nella sezione Sfidare il destino s’incontrano opere eterogenee per cronologia e per temi che enucleano il perenne desiderio dell’uomo di rapportarsi con gli dèi per riceverne aiuto o per entrare in conflitto con essi. In questo caso, si spiega la presenza dell’Argonauta e di Prometeo: sculture nelle quali Enzo Nenci, nel pieno Novecento, affronta soggetti classici ancora attuali. Occasio et paenitentia di ambito mantegnesco e La parabola del tesoro nascosto di Domenico Fetti mostrano come la fortuna debba essere sorvegliata dall’esercizio della virtù per poter ricercare, come fa Diogene nell’acquaforte del Grechetto, i supremi beni spirituali. La rassegna prosegue con un confronto tra la vita e la morte. Nella traiettoria umana che Angelo Morbelli delinea in Sogno e realtà, o Trittico della vita, questi poli sono esplicitati dal contrasto tra il tempo della giovinezza e quello ben più presente della incomunicabilità dei due vecchi, che sembrano solo attendere la fine di un percorso esistenziale che forse non ha mantenuto le promesse dovute. Con superiore ironia invece l’autore delle Scene macabre cremasche irride alla morte, presentando come viventi scheletri che indossano gli attributi di un fasto antico quanto vano.
Il tema della vanitas, così diffuso in epoca barocca, viene analizzato in Vita in un vaso dove si possono ammirare sia nature morte floreali, sia dipinti dove il tema dell’abbondanza e della sua caducità trova connubio tra la figura umana e cesti di verdura. Anche la frutta, come si può apprezzare nella natura morta dell’ambito di Ludovico Caffi, esprime i medesimi significati di fertilità e abbondanza, ma anche di consunzione del tempo. Un’altra modalità di rappresentazione di un periodo fertile, la si può cogliere nella Lezione al convento di Gaetano Chierici e in La Rossina merlettaia di Mario Vellani Marchi. Le Signore in riva al mare di Luigi Gioli interrogano la vastità degli abissi; la scala ridotta degli umani si oppone alla vastità nei paesaggi di Giuseppe Zais e di Giuseppe Canella. È la Natura madre e matrigna che inquieta l’uomo del XVIII secolo, ovvero la natura che accoglie e nutre, ma che può far precipitare nell’horror vacui quanti la sfidano. È il caso del furore degli agenti atmosferici come nella drammatica Tempesta marina di Biagio Poli e il furore, di segno ben diverso, mostrato dalla Battaglia settecentesca di Francesco Simonini.
Stare supini significa attendere il trapasso; le opere della sezione Tra sonno e morte condividono, pur nella loro differenza, una postura che mima l’abbandono all’oblio, comune al sonno e alla morte. Il Cupido dormiente, proveniente dalla collezione di Vespasiano Gonzaga a Sabbioneta, mostra un bimbo abbandonato al sonno, ignaro del pericolo mortale costituito dai due serpenti che già lo serrano nella loro morsa. Nel Nudo di donna di Klimt, una figura femminile è quasi riversa sul suo giaciglio eppure è sospesa in un mondo onirico che l’allontana sempre di più dalla vita. La sensualità che profonde dalla linea curva del segno secessionista si ritrova nella Solitudine appartenente al ciclo Istoria d’amore a Nippo di Arturo Martini: la giovane nuda è smarrita nella foresta e nulla sappiamo se l’amato potrà raggiungerla e soccorrerla. Il frammento superstite della tela distrutta da , La paura dell’uomo, ci immerge in un’atmosfera cupa, cui risponde lo sfolgorante Cielo antico di Virgilio Guidi.
La risalita dalla terra al cielo, intesa in una prospettiva di speranza, sebbene non messianica, è resa visibile dalle opere che concludono il percorso espositivo. Cattedrale del gruppo ravennate CaCo3 e Icone di Sonia Costantini alludono, nello sfolgorio del mosaico e delle cromie auree, a un varco possibile da rintracciare dentro l’orizzonte umano di un determinismo che origina dal dover essere, non come volontà di potenza ma come espressione di un’etica che è irrinunciabile aspirazione e espressione umana. Il saggio in catalogo enuclea questa prospettiva in una chiave che interpreta le opere d’arte alla luce del pensiero filosofico, estetico, religioso, psicanalitico, scientifico e storico lungo la traiettoria che procede dall’antichità all’età contemporanea.
Carlo Franza