I sette Savi di Fausto Melotti. La magia di un capolavoro che ritorna in mostra all’ Aeroporto di Milano Malpensa.
A sei anni di distanza, torna alla Porta di Milano, il gruppo di sette sculture in pietra realizzato dall’artista trentino nel 1961, prima della sua definitiva collocazione. Milano, aprile 2019 – SEA, in collaborazione con il Comune di Milano, presenta a La Porta di Milano all’aeroporto di Milano Malpensa, dal 16 maggio 2019 al 29 febbraio 2020, La magia di un ritorno, una mostra che propone tutte le sette sculture in pietra de I Sette Savi, realizzate da Fausto Melotti nel 1961.
Il gruppo scultoreo torna dunque a Malpensa, con un nuovo allestimento progettato da Michele De Lucchi, a sei anni di distanza della rassegna che, grazie a un attento e accurato restauro, aveva riportato il capolavoro dell’artista trentino allo splendore iniziale, dopo oltre mezzo secolo di oblio.
“L’occasione – sottolinea F. Arensi – nasce dalla volontà di stabilire un nuovo dibattito intorno al complesso scultoreo, promuovendo al contempo una definitiva collocazione dell’opera. Su iniziativa dell’Assessore alla Cultura del Comune di Milano Filippo del Corno, che ha dato la propria disponibilità per il riassetto definitivo del capolavoro di Melotti, gli addetti ai lavori, come gli appassionati, hanno la possibilità di ritrovare i Savi prima di una giusta sistemazione che permetta la continua fruibilità delle pietre, togliendole in maniera ultimativa dai depositi della Città Metropolitana”.
Questa versione dell’opera venne commissionata dal Comune di Milano a Fausto Melotti per adornare, nel 1961, il giardino del Liceo Classico Giosuè Carducci di via Beroldo, e fu selezionata da una commissione composta dagli architetti Piero Portaluppi, Franco Albini e Renzo Gerla, allora consulenti del Comune. Fu pagata 5.805.000 lire, una cifra considerevole per i tempi anche se, visto il valore odierno delle sette sculture, fu anche un lungimirante investimento economico. Nel 1964, due statue vennero danneggiate; da allora, l’opera giaceva in un deposito del Liceo Classico Giosuè Carducci di Milano, in attesa del suo recupero.
Il gruppo scultoreo de I sette savi nasce da una lunga gestazione. Fu concepito infatti come un insieme di 12 gessi per la sala intitolata “Coerenza dell’uomo” della VI Triennale di Milano del 1959. Di queste, sopravvissero intatte solo sette sculture e questo stesso numero portò Melotti a non volere reintegrare le cinque perdute. L’opera infatti acquisì un nuovo senso, facendo riferimento alla magia del ‘sette’ che si ritrova in tanta parte della cultura: l’ordine dell’universo secondo la matematica antica, i Sette contro Tebe e la ricorrenza del numero nel pensiero greco, le Sette Odi arabe, le sette meraviglie del mondo, nel Cristianesimo i sette peccati capitali, i sette sacramenti, i vizi e le virtù, e così via fino ai “Sette messaggeri” di Dino Buzzati.
Dovendolo ricostruire, l’autore decise quindi di creare sette statue in pietra. Ogni statua è simile ma differente dalle altre, creando un ritmo quasi musicale come era tipico anche della scultura astratta di Melotti. La sequenza si propone come variazione su un tema unico e induce a riflettere sulla compostezza e l’aspetto sacrale di coloro che dedicano la loro vita alla conoscenza. Il pubblico ne conosce altre due versioni: quella in gesso, esposta al MART di Rovereto, eseguita nel 1960 e probabilmente modello per quella del Carducci, e quella in marmo di Carrara creata nel 1981 ed esposta nel giardino del PAC di Milano. La versione originaria del 1936 in dodici elementi è andata parzialmente distrutta.
Fausto Melotti (Rovereto, 1901 – Milano, 1986) può essere considerato uno degli esponenti più significativi della cultura artistica che, avendo il suo crogiuolo a Milano, si è poi diffusa nel mondo in una stagione irripetibile per il capoluogo lombardo, a cavallo tra i tardi anni cinquanta e i primi sessanta. La sua creatività si estese peraltro per tutta la sua esistenza, con curiosità e spirito sperimentale pur nel rispetto di un lessico artistico classico. Melotti frequentò la Scuola Reale Elisabettina di Rovereto e visse a Firenze durante la prima Guerra Mondiale. La sua vocazione andò dapprima a mondi connotati dal numero e a competenze scientifiche: iscrittosi a Fisica e Matematica all’Università di Pisa, si laurea in ingegneria al Politecnico di Milano nel 1924. Solo nel 1925, a Torino, si iscrisse all’Accademia di Belle Arti Albertina per poi finire i suoi studi artistici a Brera, sotto la guida di Adolfo Wildt che era stato anche maestro di Lucio Fontana. Con quest’ultimo si stabilì un sodalizio rilevante e duraturo. Il cugino, Carlo Belli, era nel frattempo diventato il teorico italiano più importante tra coloro che si occupavano di astrattismo. Collaborò con la ditta Ginori e si avvicinò agli architetti razionalisti Baldessari, Figini e Pollini, per i quali realizzò la fontana in metalli nichelati destinata al Bar Craja (1931), uno dei primi esempi di architettura razionalista in Italia. Nel 1932 iniziò a insegnare disegno presso la Scuola Professionale del Mobile di Cantù. Nel 1933, partecipa per la prima volta alla Triennale di Milano, con opere in ceramica e in porcellana. Nel 1935 fu scritturato per la “Prima mostra collettiva d’arte astratta italiana” a Torino, nell’atelier dei pittori Casorati e Paulucci. Fu allora che divenne firmatario del Manifesto per l’arte astratta ed entrò nel circolo che si riuniva, a Milano, alla Galleria del Milione. Qui tenne la sua prima personale nel maggio 1935 e aderì al gruppo parigino di Abstraction-Création. Spinto da questi contatti, nel 1937 visitò Parigi. Tra il 1941 e il 1943 visse a Roma, per poi tornare a Milano dove trovò nel suo vecchio studio tutte le opere distrutte dai bombardamenti; iniziò a collaborare con architetti, a dedicarsi alla ceramica e a dipingere: del 1956 è la sua personale, di soli quadri, alla Galleria Annunciata di Milano. Nel dopoguerra, l’artista riprese il contatto con alcuni architetti, tra cui Gio Ponti, insieme al quale realizzò la decorazione in ceramica di numerose ville, sia in Italia sia all’estero. Continuò sempre, però, una vasta produzione di opere in ceramica, metallo e materiali eterogenei, in un dialogo continuo con amici e colleghi quali Fontana, Licini, Reggiani, Soldati e Veronesi. Negli anni Sessanta, Melotti riprese le forme geometriche ispirate alla musica e realizzate con sottili fili in ottone, ai quali sono uniti anche tessuti colorati. Da questo momento ha inizio una serie di mostre in Italia e all’estero che lo porterà rapidamente al successo e permetterà al pubblico di conoscere la sua opera multiforme.
Con questa iniziativa, SEA ribadisce il proprio rapporto privilegiato con l’arte, iniziato sette anni fa con la costruzione de La Soglia Magica, un’opera che è diventata la Porta di Milano, il luogo d’eccellenza dove ospitare eventi espositivi che salutano i passeggeri in arrivo e in partenza dal Terminal 1. Di qui sono passati grandi maestri quali Fausto Melotti, Marino Marini, Gio Ponti, Giuseppe Pellizza da Volpedo, e autori appartenenti al panorama artistico contemporaneo, quali Helidon Xhixha, Carlo Bernardini, Alessandro Busci e altri.
Carlo Franza