Lucio Fontana principe della spazialità. Ceramiche e superfici in oro in mostra alla Galleria Borghese di Roma.
A Roma, alla Galleria Borghese, è stata inaugurata la mostra “Lucio Fontana. Terra e oro” (visitabile fino al 28 luglio 2019), curata da Anna Coliva, che pone l’attenzione su due precisi ambiti della produzione dell’artista: i Concetti Spaziali in oro e le Crocifissioni in ceramica. “Fontana – ha chiarito la curatrice – è il primo artista italiano del Novecento esposto nel Museo dopo le rassegne dedicate a grandi figure internazionali quali Bacon, Giacometti, Picasso”. Sono presentate in mostra circa cinquanta opere fra dipinti a olio in oro e ceramiche, realizzate principalmente negli storici anni Cinquanta e Sessanta. L’esposizione si inquadra all’interno del programma di ricerca che il Museo conduce da anni sulla propria eccezionalità di luogo altamente significativo quale identità combinata di collezione e spazio che la circonda.
L’inserimento delle opere di Fontana all’interno della collezione, in particolare fra i dipinti del Rinascimento e del Barocco, aiuta a porre in risalto la costante attualità di un problema cruciale nella ricerca pittorica di ogni tempo: il concetto di “spazio”, la sua definizione e tutto ciò che ha comportato lo spazialismo, e “l’ansiosa ricerca della sua rappresentazione”. Le opere che sono circa cinquanta – realizzate principalmente nel decennio tra il 1958 e il 1968 – allestite in un percorso che coinvolge due sale nel piano delle sculture e sei sale nella galleria delle pitture.
La mostra si inserisce all’interno del progetto di ricerca su concetti cardine della collezione e del luogo. Fontana viene invitato a una relazione con la Galleria come soggetto in sé, in quanto propria e specifica figura artistica. Il Museo esprime spazi la cui percezione può continuamente rinnovarsi attraverso i modi della statuaria, delle superfici dipinte, dell’estensione del gusto collezionistico a configurazione dell’ambiente, tutti concetti che ricevettero radicale innovazione al suo interno con la nascita del Barocco e poi del Neoclassicismo, grazie alle complesse relazioni che vi si instaurano tra periodi diversi dell’evoluzione estetica. A fissare gli occhi dello spettatore sulla genialità del luogo in quanto spazio, sull’importanza cognitiva di ogni singola invenzione dello spazio in opere come Amor Sacro e Amor Profano di Tiziano, la Deposizione di Raffaello, la Madonna dei Palafrenieri di Caravaggio, il Ritratto d’uomo di Antonello da Messina o la Melissa di Dosso Dossi e come le sculture di Gian Lorenzo Bernini, può essere chiamato solo Lucio Fontana , il massimo innovatore dello spazio nell’arte moderna.
n un insieme straordinario di opere delle varie epoche lungo il percorso della storia dell’arte, dove lo spazio – sommo problema dell’arte figurativa dalle sue origini – è “rappresentato” nella maniera più varia e innovativa, solo Fontana è capace di dimostrare il raggiungimento finale della sua rappresentazione, perché Fontana lo spazio non lo rappresenta, lo crea. Egli supera radicalmente le rappresentazioni dello spazio che erano finzione spaziale, spazio “rappresentato”, e costruisce lo spazio nuovo.
Il luogo concreto del reale, quello in cui noi tutti viviamo e interagiamo con le opere, il nostro ambiente fisico, non è più contrapposto allo spazio ideale, in sé definito e altro, che è quello dell’opera d’arte, ma si unisce con esso attraverso le fenditure sulle tele. Il risultato di creare una dimensione altra è ancor più esaltato nei dipinti d’oro di Fontana, dove si fondono la fisicità del luogo in cui vive lo spettatore e quella dell’opera e dove essi acquisiscono l’ulteriore carattere metafisico, che l’oro significava nella pittura antica. L’oro non è colore ma astrazione massima e antinaturalistica, ed è portato in un contesto, quello della Galleria Borghese, in cui la infinita varietà cromatica e la multiformità dei temi e dei soggetti penetra e informa di sé tutto lo spazio. Oro, dunque, non più nell’accezione barocca di massima esaltazione dell’ornamento, bensì vertice strutturale della forma che racchiude nella sua materia visivo-compositiva la luce stessa, nella sua interpretazione sinteticamente fisica ed estetica. Oro come componente che, al pari di quanto accade nell’antichità classica, paleocristiana, medievale e rinascimentale, è sintesi di luce e spazio. Per rafforzare la rivoluzionaria relazione estetica e concettuale che la Galleria innesca con i Concetti spaziali in oro di Fontana si affianca, dalla sua produzione di ceramiche, una serie di Crocifissioni, tutte fortemente scosse da un fremito scomposto di origine ancora barocca e dove infatti l’idea spaziale è trattata ancora come “rappresentazione”, come avviene nelle opere classiche, non con la soluzione dirompente che avrà nei ‘buchi’ e nei ‘tagli’. E’ certo stato utile oltrechè interessante puntare sulla scelta di accostare opere in oro e in ceramica, motivandone le precise ragioni da rintracciare all’interno della ricerca dell’artista. Ma al contempo, anche oro originato, quale materia vergine, dall’impasto col fango. Per questa ragione la sua magnifica produzione in ceramica, nata, in termini materiali, dalla terra fangosa, affianca le opere in oro in questa mostra. Per questo si intende accostare agli ori una raccolta di ‘terre-cotte’, le sue ceramiche dipinte, scelte nel tema predominante delle Crocifissioni, composizioni tutte fortemente scosse da un fremito scomposto di origine ancora barocca”. Al fine di rendere evidente la grande diversità fra la trattazione dello spazio nell’arte antica e la portata esplosiva della dimensione altra conquistata da Fontana con tagli e buchi, i dipinti moderni sono mescolati nell’allestimento della collezione permanente nella galleria delle pitture mentre le ceramiche sono esposte nel piano dedicato alla scultura in una prospettiva visuale che le staglia sui fondali del salone, assieme ai mosaici e ai marmi antico-romani e barocchi. Il catalogo della mostra, edito da Silvana Editoriale, contiene un testo introduttivo di Anna Coliva e un saggio di Germano Celant.
Carlo Franza