Tracey Emin al Musée Orsay a Parigi osannata con la sua paura d’amare. Ecco l’artista che racconta l’amore, il sesso e l’erotismo, e soprattutto racconta la vita.
Il disegno è al centro della pratica di Tracey Emin. Per questa prima mostra in una grande istituzione francese, al Musèe d’Orsay di Parigi, l’artista britannica ha scelto alcuni disegni della collezione del Museo d’Orsay raramente presentati al pubblico per farli dialogare con le proprie opere.Un evento visitabile fino al 29 settembre 2019. I disegni realizzati in scala e con mezzi diversi sono riuniti dall’artista per esprimere la nostra ansia di esseri umani quando ci troviamo di fronte a questo aspetto così difficile eppure essenziale della nostra vita: amare. Amare, umani, animali, oggetti, in un’esperienza estesa della nostra umanità. Attraverso i disegni, che sono forse la forma più fragile dell’arte, la più vicina ai sentimenti e all’intelletto, entra in gioco la realtà stessa della nostra vita, in una scenografia appositamente concepita per farci cogliere la bellezza unica di questi oggetti fragili. L’opera con cui fece scalpore nel suo percorso artistico, quella che presentò a Sensation (la mostra organizzata da Charles Saatchi nel 1997 alla Royal Academy di Londra che portò alla ribalta tutto il gruppo degli YBAs, Young British Artist, tra cui Damien Hirst), era Everyone I Have Ever Slept With 1963–1995, una tenda da campo blu all’interno della quale aveva ricamato tutti i nomi dei ragazzi/uomini con cui aveva fatto sesso; un’opera scaturita dalla relazione con Carl Freedman, poi acquisita da Charles Saatchi ed esposta nel contesto della mostra “Sensational” nel 1997. Incontrai Emin Tracey già alla Biennale di Venezia del 2007, il padiglione UK era dedicato a lei. Mi travolse devo dire, e a parte le prime opere-shock, ogni sua mostra è pur sempre una novità. I suoi disegni, tolte poche eccezioni, sono bellissimi: l’influenza di Schiele e Munch si mescola a quella di Carol Rama e Louise Borgeois. E poi sculture, tele, arazzi, installazioni. Tutto quello che mette in opera, vive e comunica. D’altronde non ci può essere arte dove c’è pudore. Ogni parte della propria anima, della propria vita, va scavato, esposto, massacrato. Un modo di comportarsi quasi da anatomopatologo. Basti pensare all’opera ove la dimensione dell’ansia che si trasforma in paura, ha per titolo “La stanza dell’insonnia” : cinquanta autoscatti durante un periodo di insonnia diagnosticata nel 2018. L’arte di Tracey Emin è in parte espressionista, in parte concettuale. Riferimenti costanti sono i nudi femminili di Edvard Munch, la vertigine sensuale di Schiele, e il realismo in movimento di Kathe Kollwitz. Tutto ciò l’abbiamo già visto nella mostra “A Fortnight of Tears” andata in scena al White Cube di Londra tra marzo e aprile 2019. Young British Artist negli anni Novanta – Tracey Emin e Damin Hirst formano la prima linea. Nel 1993, in una personale al White Cube Tracey mise in mostra il pacchetto di sigarette che suo zio teneva in mano quando fu decapitato in un incidente d’auto. Dello stesso periodo e attitudine, My Bed, opera riferimento dell’intera British Art: la riproduzione – o trasposizione – del letto dove Tracey trascorse le ultime settimane dopo la conclusione di una relazione: lenzuola, polaroid, preservativi per maschi di consolazione, mozziconi di sigarette, vodka, giornali, assorbenti, peluche, dentifricio, rasoio, briciole di biscotti. Nel 1999, l’opera “They want you to be destroyed” si riferiva alla bulimia di Diana Spencer.
Certo che la summa etnica che si porta dietro la dice tutta, per madre dalla Romania (rumneys, etnia romanì), e il padre cipriota turco (tramite cui oggi è imparentata con Meral Hussein Ece, membro della Camera dei Lord). Tracey è stata stuprata due volte, la prima volta a 13 anni cadendo a un attacco di gruppo; si racconta in un video, How It Feels del 1996 dove Tracey parla dell’aborto conseguente andando in giro per Londra, masticando qualche cosa, forse una caramella morbida di liquirizia, ma non si capisce se l’incisivo inferiore frontale sia macchiato o mancante. Il secondo stupro e il secondo aborto a 18 anni, tanto che durante la procedura chirurgica ebbe un’emorragia.
Nei quadri dedicati alla madre Pam, mancata nel 2016, le figure umane paiono macchie, e quando Tracey riportava le ceneri a casa dal crematorio, si sentiva come una ladra. In un video Tracey riprende le ceneri della madre: una scatola di legno appoggiata sul tavolo in cucina.Una sorta di altare per la madre quasi ricordando il bellissimo romanzo dello scrittore Ferdinando Camon.
Le opere di Emin restano definibili come working in progress, concepite in layers. I quadri sono in vendita al White Cube – partono dai 22 mila sterline per le dimensioni ridotte, fino alle statue in bronzo che girano a 400 mila sterline, alcuni quadri di dimensioni maggiori superano le 500 mila sterline. I bronzi sono concepiti su modelli piccoli, quindi stampati nelle dimensioni reali con la tecnica 3d – quindi lavorati in pezzi per l’assembramento. Il bronzo è trattato con potassio sul quale è posta una cera inidcata come reinassance wax per rendere il metallo lucido – un trattamento da ripetere almeno una volta all’anno secondo il mantenimento dell’opera. Al White Cube di Londra, abbiamo visto che la più grande tra le statue in bronzo tocca i 9 metri di altezza. La serie è dedicata alla madre, The Mother, è il titolo di questa serie da cui scaturisce anche una commissione per il suolo pubblico a Oslo, vicino al Museo Edvard Munch, la cui posa è prevista per il 2020 ma le trattative non sono ancora concluse.
Nonostante quanto abbia patito, Tracey Emin che vive la sua vita con relazioni eterosessuali, si racconta per le sue avventure, perché osserva che la vita stessa è un’avventura. Oggi è una delle artiste con un fortissimo patrimonio economico, nonostante conduca una vita relativamente dimessa, se paragonata a quella di Damien Hirst. Insegna disegno alla Royal Accademy of Arts. Vive tra Londra e la Provenza e torna di frequente a Margate nel Kent dove la gente del luogo, la gente comune, il popolo inglese, prova per lei un’adorazione sconfinata. La incontro spesso laggiù nel Kent e non finisce mai di raccontare sia il passato che il presente.
Tracey Emin è nata a Londra nel 1963. I suoi lavori sono stati esposti in numerose mostre, personali e collettive, in tutto il mondo. Recentemente, Emin ha svelato la sua commessa pubblica per la città di Sydney, The Distance of Your Heart (2018), e la sua opera più importante ad oggi, I Want My Time With You (2018), nella stazione Saint Pancras International di Londra. Ha inoltre esposto in una serie di dialoghi con maestri del passato come Turner, William Blake, Francis Bacon e Egon Schiele.
Nel 2011 le è stata assegnata la cattedra di disegno alla Royal Academy of Arts di Londra.
Carlo Franza