Osvaldo Licini e l’altra realtà. Le nature morte dell’artista in una mostra celebrativa nella Casa Museo a Monte Vidon Corrado nelle Marche.
Questa su Licini e su un capitolo di lavoro pittorico in particolare, era una mostra attesa, attesissima. Ne ero a conoscenza del capitolo figurale di Licini, non ancora propriamente studiato, al di là della fase astratta e del lungo racconto della “amalasunta” che diviene il suo personaggio celeste e bizzarro. Ora, in continuità con l’attività di studio e di approfondimento della conoscenza della figura e dell’opera di Osvaldo Licini, all’indomani della grande mostra monografica sull’artista che si è tenuta alla Fondazione Guggenheim di Venezia, a cura di Luca Massimo Barbero, che ha posto Licini sotto i riflettori della critica e del pubblico internazionale, il Comune di Monte Vidon Corrado e il Centro Studi Osvaldo Licini, con il supporto della Regione Marche e della Fondazione Cassa di Risparmio di Fermo, hanno organizzato una mostra sulle nature morte di Osvaldo Licini, la prima focalizzata su questo genere che è rimasto escluso dalle importanti mostre dedicate a Licini in questo ultimo decennio.
L’esposizione è ospitata fino al 3 novembre 2019 nella Casa Museo Osvaldo Licini, a Monte Vidon Corrado ad Ascoli Piceno. Il genere della natura morta, svuotato della valenza simbolica attribuitogli dalla tradizione, ha avuto una grande fortuna nel corso del XX secolo e anche Osvaldo Licini nella fase figurativa degli anni venti si è dedicato molto alla natura morta: il catalogo redatto da Marchiori nel 1968 ne comprende 23, inoltre l’artista ha spesso scelto di esporre dipinti su questo tema in occasione di mostre, in particolare di quelle legate al Novecento Italiano.
Questa è la prima esposizione tematica sulla natura morta nel corpus liciniano: sono in mostra alcuni dipinti significativi riguardo al percorso artistico di Licini; un caso particolare è costituito da “Natura morta (fiori)” del 1926, uno delle otto opere di cui l’artista aveva mandato le fotografie a Scheiwiller nel 1929 a corredo del Questionario per la redazione del libro “Art Italien Moderne”. Il dipinto, ritenuto dunque dallo stesso Licini tra quelli più importanti della sua produzione degli anni ’20, era considerato perduto, quindi sono assolutamente rilevanti il ritrovamento e l’esposizione in mostra.
La rassegna costituisce un’eccezionale occasione di vedere alcuni dipinti di grande intensità e poco esposti. È possibile ricostruire le diverse cifre stilistiche – vicine a Cézanne, Van Gogh, De Pisis, al Novecento italiano – sperimentate da Licini nella fase figurativa. Il titolo della mostra fa riferimento a “l’altra realtà” in quanto l’interpretazione che l’artista dà al tema della natura morta è tutt’altro che oggettiva e naturalistica: non una resa meramente visiva ma fortemente interiorizzata, un percorso verso l’astrazione. Le opere – tranne due, Natura morta con uva del Museo Novecento di Firenze e la grande Natura morta del Comune di Moncalvo – sono di collezione privata.
La mostra è curata da Daniela Simoni, che dal 2007 dirige il Centro Studi Osvaldo Licini, con la collaborazione del comitato scientifico composto da Stefano Bracalente e Nunzio Giustozzi del Centro Studi Licini e da Mattia Patti dell’Università di Pisa. Accompagna l’esposizione un catalogo ed. Ephemeria con saggi critici sulla natura morta e la ricostruzione del percorso di Licini attraverso questo genere pittorico.
Carlo Franza