“Il dio di New York” è il romanzo dell’anno. Il capolavoro dello scrittore Luigi Fontanella (professore alla State University di New York) mette a fuoco la storia di un immigrato meridionale verso l’America nei primi anni del Novecento.
Fra i tanti volumi, romanzi, poesia e saggistica, che mi arrivano sul tavolo per recensione, pochissimi hanno il dono di porsi e reggere allo status di capolavori, capaci di resistere nel tempo e soprattutto di rimanere nella storia della letteratura italiana. Ora un libro che ho tenuto sul tavolo per un po’ di tempo, mi giunge a fine lettura degnissimo da essere consigliato a voi lettori. E’ un romanzo dal titolo “Il dio di New York”(Luigi Fontanella, Il dio di New York, Passigli editore, pp. 276, € 19,00), scritto da Luigi Fontanella, un collega preparatissimo e illustre professore, docente ordinario nel Dipartimento di Lingue e Letterature Europee alla State University di New York; anche saggista e poeta. Confesso che con Fontanella ho ritrovato un amico e collega, in quanto negli anni Settanta scrivevamo insieme saggi sulla letteratura su storiche riviste italiane. Libro interessantissimo il romanzo di Fontanella, avvincente, drammatico, poetico, storico, per via della materia trattata, ovvero l’emigrazione italiana fra fine Ottocento e Primo Novecento, quel periodo che portò milioni di italiani a lasciare soprattutto le nostre terre del Sud, i piccoli paesi tra Basilicata, Calabria, Molise e Sicilia, in cerca di fortuna nelle Americhe. Il romanzo-saggio mi riporta ad importanti testi della nostra letteratura e ai nomi di Giovanni Verga, Antonio Pizzuto e soprattutto Rocco Scotellaro con il suo “Contadini del Sud”. Il romanzo in questione inizia con la visita di Fontanella a Introdacqua, il paesino natio di Pascal D’Angelo, ma anche di Giorgio Vanno, un compagno di emigrazione di Pascal D’Angelo, e che Fontanella ci confessa essere suo nonno. E’ quindi non solo il viaggio nella storia/vita di Pascal D’Angelo che emigra dal paese natio, che è anche paese natio del nonno dello scrittore, ma è soprattutto un viaggio magico, reale e poetico, una sorta di scavo in un viaggio senza fine che è come riandare a riscoprire se stessi e le proprie origini, e dunque un pellegrinaggio per una riscoperta di se stesso. Pascal D’Angelo, sedicenne, nel 1910 lascia l’Italia con suo padre e alcuni paesani, come stavano facendo centinaia di migliaia di altri italiani ogni anno, a motivo del fatto che era vittima sia della miseria che di un destino inesorabile che attraversava il sud fin dall’Unità d’Italia. Anche Pascal vuole scappare dalla sua terra per andare verso il mito americano. Il romanzo di Fontanella poggia su una famosa autobiografia, Son of Italy, ovvero parla di un emigrante italiano, quasi analfabeta, che diventa poeta americano. La rivitalizzazione dell’autobiografia di un emigrante morto precocemente poeta è un atto d’amore sia per la vita di Pascal, cornice significativa della vita degli emigranti italiani, sia per la poesia che nasce da un animo semplice. Ora questa biografia di Pascal ricalcata e animata da Fontanella con personaggi veri e inventati fa rivederci e sentire le vicissitudini degli emigranti dal momento della loro partenza all’arrivo, e durante le fasi di ancoraggio per realizzare il sogno americano. Assistiamo al doloroso processo di sradicamento, al processo non meno penoso di trapianto e inserimento nel nuovo mondo.Lo scrittore intende narrare, sollevare i personaggi da documenti a testimoni, offrire la rappresentazione non più come planimetria ma come compartecipazione attiva. Fontanella è riuscito a espletare con assoluto rigore e assolute necessità tecniche, la narrazione per presentarla come sostanza-forma, con la tendenza a rifiutare i tempi determinativi del verbo, il passato e il trapassato remoto, sostituiti dalle forme infinitive. Qui vive rispetto alla temporalità l’uso di un lessico imprevedibile, talvolta ai limiti dell’invenzione, di una sintassi ellittica e del continuum narrativo come espressione del continuum storico, non astratto e immobilizzato nel fatto. Una scrittura certamente costruita, alla quale si deve riconoscere il pregio di un rigore di ricerca dal quale autori più giovani sono rimasti ben lontani. E in modo che non si smarrisca ogni nozione di tempo, di luoghi e di situazioni, si focalizza un avvenimento del passato che si incrocia con altri più recenti, per una messa a fuoco del narratore il quale ha certo in mente sia le situazioni che il loro effetto. Pascal è una figura ritagliata con più zoomate e una semironia quasi automatica, che vive una striscia di paesaggio prima italiano poi americano fra tante altre cose diverse. Fontanella fa giungere a noi attraverso pagine di alto artigianato, il suo mestiere di scrittore consapevole dei mezzi e del carattere del romanzo di cui serba, specie nel principio, una fine retrospettiva. Soluzioni umane, scelte di vita, economica e politica, strutture e civiltà dell’Italia contadina, l’universo americano, la fatica dei viaggi e del vivere, tutto si presta alla questione proposta, nella ricerca anche del carattere artistico della scrittura.
Il lettore capirà come il romanzo, a metà tra il libro di memorie e il diario a più voci , bilancio poetico dell’esistenza, restituisce fra dialetto e cultura meridionale e storia e lingua americana, l’eccezionale livello di tensione e resurrezione, di riscatto e accensione di voci sul quadro realistico di un ritratto- paesaggio, ancor vivo e ancor carico di nobile e sublime storia.
Carlo Franza