Sergio Bettini.Tempo e forma. Scritti 1935-1977.Un libro capitale che fa luce su un prezioso storico dell’arte italiano, figura viva della cultura del Novecento.
“Tempo e forma”, è un libro capitale, a cura e con un saggio di Andrea Cavalletti, che raccoglie gli scritti (1935-1977) di Sergio Bettini, uscito per tipi di Quodlibet (pp.384, 2020, euro 22,00), una monografia scientifica, storica, artistica e letteraria che si intreccia su pensieri fondanti e intende offrire il ritratto di un grande studioso qual’ è stato Sergio Bettini. Conosciuto finora soprattutto al pubblico degli storici dell’arte, Sergio Bettini è una delle figure più vive della cultura italiana del Novecento che al di là dei limiti disciplinari ha spaziato tra critica, storia dell’arte e filosofia. Quel che appare evidente nella sua vasta ricerca è il convergere dei diversi percorsi intorno al cardine di un’originale quanto inesausta elaborazione metodologica. E addentrandoci tra queste preziose pagini si scopre che il saggio giovanile sul non-finito di Michelangelo si lega a quello sui vertiginosi chiarori di Tiepolo, eppoi a seguire le letture dei contemporanei, come Matisse, Jean Arp, Picasso o Frank Lloyd Wright, fanno da contrappunto a una sorprendente lezione sulla poetica del tappeto orientale, mentre “Idea di Venezia” compendia, in una trama di immagini proustiane, lo studio di una vita. Dialogando con Erich Auerbach o Roland Barthes, con Merleau-Ponty, Foucault o Deleuze, Bettini ci accoglie idealmente nel suo laboratorio, dichiara le proprie ascendenze, forgia e sperimenta i suoi concetti: come quello, personalissimo, di “timing”, in cui arte e tempo, forma e vita si uniscono così strettamente che «basterebbe una variazione infinitesimale nel suo battere per fare del capolavoro un’opera mancata». In queste pagine di raro tenore letterario, l’erede di Riegl e di Focillon spiega che le forme ci coinvolgono pur non avendo nulla da comunicare, come puri simboli di sé: la nostra vita è la loro, il loro e il nostro mondo non sono che uno. Questo l’Indice del volume: Introduzione di Andrea Cavalletti, Sul non finito di Michelangelo,[Vie des formes di Henri Focillon],Poetica di Picasso, Idea di Venezia,Venezia e Wright, Jean Arp, Gli studi sull’arte bizantina, Il colore di Matisse, Neoplatonismo fiorentino e averroismo veneto in relazione con l’arte, Arte e critica, Critica semantica e continuità storica dell’architettura europea, [Poetica del tappeto orientale], La Commedia e l’arte del Medioevo, La figura umana nella pittura veneziana del Settecento, [Julius von Schlosser], Inquietudini della critica d’arte attuale, Forma e colore in Tiziano,Nota ai testi. Un libro da non perdere, un libro carico di cultura e profilazione metodologica, un libro di studio “matto e appassionato” per usare parole leopardiane, un libro da non far mancare nelle biblioteche degli studiosi dell’arte e degli intellettuali che conoscono il valore della cultura europea e internazionale.
Sergio Bettini (Quistello 1905, Padova 1986), vissuto dapprima a Venezia, compie gli studi universitari a Firenze. Da qui si trasferisce a Padova dove, a parte un breve periodo di insegnamento all’università di Catania, diventa professore incaricato e poi di ruolo. Dall’anno accademico 1934-’35 fino al 1975 ricoprirà gli insegnamenti di Archeologia cristiana, Filologia bizantina, Storia dell’arte moderna, medievale, di Storia della critica d’arte ed Estetica. Tra i molti suoi titoli ricordiamo almeno i sette volumi sull’arte bizantina (1937-’44), Pittura delle origini cristiane (1942), il monumentale studio L’architettura di San Marco. Origini e significato (1946), L’arte alla fine del mondo antico (1948), lo studio monografico su Giusto de’ Menabuoi e l’arte del Trecento (1944), poi ripreso con Giusto de’ Menabuoi nel battistero del Duomo di Padova (1960), ed il libro più noto,Venezia nascita di una città (1978). Ma oltre ai libri e ai tanti articoli pubblicati, Sergio Bettini ha curato la stesura di dispense universitarie “la cui somma costituisce un numero notevole di volumi, alcuni dei quali ripetutamente citati, e che l’autore si lusinga non siano soltanto esercitazioni scolastiche o accademiche”.
Carlo Franza