Il Ministero degli Affari Esteri e le sue sedi storiche dall’Unità d’Italia ai nostri giorni. Un libro dell’alto diplomatico Ugo Colombo Sacco di Albiano impagina questa affascinante storia italiana.
Un libro carico di storia, di arte, di cultura, di sapere diplomatico, quello che l’alto diplomatico Ugo Colombo Sacco di Albiano ci consegna; un contributo librario che campiona la storia delle sedi della cosiddetta “Farnesina” o meglio la ricostruzione dei luoghi e delle sedi dove si è svolta l’opera del Ministero degli Affari Esteri dall’Unità d’Italia ad oggi. Memoria e patrimonio della diplomazia italiana narrati in ben 326 pagine, dove documenti scritti, interventi e testimonianze, immagini e architetture delineano un passato glorioso, con testimoni che raccontano in prima persona il sistema diplomatico, le missioni e le ambasciate italiane sparse in tutto il mondo, i legami e i rapporti peculiari fra i vari membri delle rappresentanze, la trait-d’union fra il Capo Missione e i suoi collaboratori, le carriere di questi diplomatici, i luoghi e le sedi di comando da cui sono partiti gli ordini di servizio, per il lavoro di donne e uomini appartenenti al Ministero degli Esteri. E’ proprio questo libro preziosissimo a mettere in luce tutto ciò perché come ha osservato e scritto l’Ambasciatore Paolo Pucci di Benisichi Segretario Generale del Ministero degli Esteri si è giunti alla pubblicazione di questo libro grazie “alla appassionata azione di sua promozione compiuta dall’Ambasciatore Gaetano Cortese” da sempre impegnato nella stesura di una prestigiosissima Collana dell’Editore Colombo sulle Ambasciate Italiane del mondo. A tal proposito e a sostegno della importanza e della peculiarità di questo testo che oggi recensiamo, mi preme indicare, sottolineare e riportare per intero le parole con cui l’Ambasciatore Gaetano Cortese, figura di grande spessore culturale, ha voluto, indicato e promosso, questo volume sulle sedi storiche del Ministero degli Esteri Italiano: “Mi sono spesso chiesto, ancor prima di rivestire qualche anno addietro le funzioni di Ambasciatore presso il Re dei Belgi, perché il Ministero degli Esteri, data la sua storia e le sue tradizioni, non avesse una pubblicazione, un libro che ne illustrasse le origini e le vicissitudini nelle successive sedi torinese, fiorentina e romane. A maggiore ragione in una epoca in cui il Ministero vive un grande rilancio delle sue funzioni, ritengo sia importante che tutti gli italiani (e non solo loro), anziani e giovani, possano conoscere la storia e le tradizioni che costituiscono il fondamento della validità della nostra diplomazia. Già a fine anni Novanta, allorché esercitai per la prima volta le funzioni di Ambasciatore, cercai di realizzare un progetto editoriale meno vasto, ma rispondente ad analogo sentire: la valorizzazione, ricorrendo anche ad un apparato iconografico adeguato, della residenza storica demaniale dei successivi Capi missione diplomatici italiani in Belgio. Compresi, però, che si richiedeva non solo una preparazione specifica, ma anche una grande passione e un notevole spirito di sacrificio. Trovai queste qualità nel mio Consigliere per gli Affari Economici, Ugo Colombo Sacco di Albiano, che coordinò con successo la redazione dell’auspicata pubblicazione, coinvolgendo di sua iniziativa studiosi di varie discipline e contribuendo egli stesso alla stesura e revisione. È per questo che, allorché nel 2001, Colombo Sacco mi comunicò confidenzialmente di essere da tempo intento, nei fine settimana e nei periodi di vacanza, alla scrittura di un libro da lui intitolato «Dove la Diplomazia incontra l’Arte: le sedi storiche del Ministero degli Esteri» lo incitai energicamente a procedere nel suo ampio e ambizioso progetto. Sono certo, di interpretare la volontà di molti nel ringraziare l’autore, Ugo Colombo Sacco di Albiano, nonché tutte le persone ed istituzioni che, fin dall’inizio, hanno creduto con entusiasmo nel suo progetto, assecondandolo”. Parole mirate, profonde e indicatorie, di una storia finalmente scritta, come ci ha fatto sapere l’Ambasciatore Gaetano Cortese, a sostegno del lavoro profuso e portato a termine dal diplomatico Ugo Colombo Sacco di Albiano; il quale ha voluto sottolineare in apertura del libro nel suo intervento che si presentava “per la prima volta allo sguardo del più vasto pubblico gli interni degli ambienti di altissima rappresentanza delle successive sedi storiche della Casa madre della diplomazia italiana: • il Palazzo delle Segreterie a Torino; • il Palazzo Vecchio a Firenze; • i Palazzi della Consulta, Chigi, della Farnesina, nonché Villa Madama a Roma. È un susseguirsi di altrettanti punti di approdo privilegiato dello spirito creativo di grandi artisti, ivi inclusi (per la Farnesina) quelli contemporanei. Vi si possono ammirare, inoltre, alcuni degli esiti più raffinati del patrimonio di saperi e valori custoditi e trasmessi dalle arti minori, nelle mille forme in cui li hanno forgiati la fatica, l’amore e il senso del bello delle generazioni passate. Oltre al fascino delle immagini, i lettori potranno trovare – fra le righe del testo – la rievocazione del processo di maturazione di quel mondo nuovo che ha gradatamente spianato la via al consolidamento dello Stato italiano, contribuendo anche a dare forma e sostanza all’attuale progetto europeo”. Testo a più voci, nel senso che vi convergono storia, architetture, iconografie, documenti, fotografie, ecc, e che testimoniano il valore alto di un prodotto librario assolutamente insuperabile. La storia e il racconto partono dall’Unità d’Italia e da Torino. Intanto il Palazzo delle Segreterie è certo il primo esempio europeo di una architettura concepita (correva l’anno 1717) appositamente per ospitare i centri di comando dello Stato, tra cui quello degli Esteri, agli ordini del sovrano. E sulla formazione iniziale di un Ministero degli Esteri sono ricordati i momenti salienti dell’incontro tra i più lontani antenati della diplomazia italiana vale a dire l’Ormea, l’Ossorio, il Solaro, il Gorzegno, e grandi artisti dell’epoca. Non dimentichiamo che proprio in questo periodo – osserva Ugo Colombo Sacco di Albiano- “il Ministro degli Esteri britannico Philip Dormer Stanhope, quarto conte di Chesterfield, invitava il figlio a recarsi a Torino per ispirarsi ai diplomatici del Re di Sardegna come ad altrettanti modelli per la loro abilità, cortesia ed apertura mentale”. Torino vive la sua età risorgimentale di metà Ottocento, con i sontuosi ambienti di rappresentanza (tra cui quelli frequentati da Cavour e dai suoi predecessori), i grandi balli diplomatici a Corte, il più esclusivo Circolo torinese vale a dire la Società del WhistAccademia Filarmonica, nonché la civiltà dei caffè intellettuali che riunivano il meglio della diplomazia, della politica, dell’esercito, dell’eleganza e della cultura.Tutto ciò nella Torino che è stata la prima capitale d’Italia subito con l’Unità d’Italia. Poi ci fu il trasloco della capitale d’Italia a Firenze, e quindi nuove sedi per i diversi ministeri, fra cui gli Esteri. I più raffinati saloni di Palazzo Vecchio ospitarono la diplomazia nazionale, luoghi grandiosamente concepiti da Cosimo I de’ Medici, nel XVII secolo, e luoghi che hanno movimentato la vita culturale e sociale dei diplomatici nei cinque anni di Firenze capitale; fianco a fianco con il caloroso abbraccio del Jockey Club di Firenze, e della Legazione cinese. Infine Roma capitale, con nuovi passaggi, nuove sedi e nuovi luoghi; anzitutto il Palazzo della Consulta Le origini e le vicende della “Fabbrica della Sacra Consulta” sul colle Quirinale sono messe in luce con la descrizione degli ambienti concepiti dall’architetto Ferdinando Fuga per accogliere dapprima un vortice di porpore cardinalizie, di tintinnanti armature, di frusciar di pergamene, di nitrir di cavalli; poi quegli ambienti ricordano i significativi rimaneggiamenti connessi allo smalto dell’ospitalità da essi fornita, dal 1871 al 1874, ai principi ereditari Umberto e Margherita di Savoia. Dopo la visita ai singoli Saloni di parata, si restituisce la verve di alcuni tra i più prestigiosi nomi della diplomazia italiana dell’epoca portando alla luce l’intersecarsi fecondo delle loro vite con due tra i più autorevoli sodalizi della Capitale: Il Circolo della Caccia e il Nuovo Circolo degli Scacchi.
Poi gli Esteri a Palazzo Chigi. Nel 1916 lo Stato aveva acquistato Palazzo Chigi con l’intenzione di destinarlo a ministero delle Colonie. Nel 1922, Benito Mussolini trasferisce questo ministero nel Palazzo della Consulta, davanti al Quirinale, e destina Palazzo Chigi a sede del Ministero degli Esteri. Mussolini, che ricopre la doppia carica di Presidente del Consiglio e Ministro degli Esteri, diventa così il nuovo inquilino di Palazzo Chigi. Alcuni tra i grandi Capi di casa chigiani sono ricordati nell’alto contributo offerto al fiorire di alcuni tra i più felici momenti della cultura internazionale romana. Particolare attenzione è attribuita alla rievocazione della vita quotidiana dei diplomatici in servizio a Palazzo Chigi attraverso una testimonianza unica: quella di uno degli ultimi illustri sopravvissuti della Regia Carriera, che nel 1940 vi iniziò un assai qualificato percorso. Gli arredi chigiani e le singole Sale possono così, per la prima volta, essere descritti ricostruendone la destinazione diplomatica. Ma qui occorre fare il punto perché la diplomazia di Palazzo Chigi segue la lunga avventura umana che attraversa il regime fascista, la sua caduta, il Governo del Sud, nonché il ritorno degli Esteri a Roma per approdare alla nascita della Repubblica italiana ed al suo primo apporto nella comunità internazionale emersa dalla seconda guerra mondiale. Ma a Roma per gli Esteri non va tralasciata Villa Madama e il ruolo vivace che vi fu per l’incontro tra la diplomazia e l’arte del convito di rappresentanza. Si descrive, innanzitutto, l’intervento (frutto unico ed irripetibile del genio di Raffaello e della sua cerchia di artisti) che unifica l’intero declivio della collina di Monte Mario, dalla vetta al fiume. Ci si sofferma sui singoli spazi destinati agli incontri diplomatici intergovernativi di altissimo livello, qui organizzati dal lontano 1937 e intensificati dal giugno 1941 allorché la Villa divenne proprietà dello Stato italiano. Pagine preziose narrano sulle più antiche radici della cultura gastronomica dei Maestri di Cucina che presiedono alla realizzazione dei conviti ufficiali internazionali offerti nella Villa dai Presidenti del Consiglio e dai Ministri degli Esteri.
E per ultimo la storia dell’ultima e definitiva sede, la Farnesina, con la complessa avventura architettonica che, concepita nel 1933 per realizzare la nuova sede del Partito Nazionale Fascista, si concludeva a fine anni Cinquanta per accogliere l’attuale Ministero degli Affari Esteri. In una area caratterizzata, ancora nel 1942, da acquitrini e canneti dove si “andava con gli stivali e qualche volta in barca a caccia dei beccaccini”, sorge ormai la Farnesina: palazzo che sviluppa 720.000 mq, dividendo con la Reggia di Caserta il primato in Italia rispetto al volume costruito. Testimoni diretti di questa sede sono stati gli Ambasciatori Pansa Cedronio e Sergio Romano, e a loro dire il passaggio dei diplomatici dall’aulico scrigno architettonico di Palazzo Chigi al nuovo Ministero, ove un ufficio al primo piano “è talmente vasto che un architetto potrebbe tagliarlo orizzontalmente, farne due piani e ricavare una casa di quattro o cinque stanze”. Il libro offre con bellissime immagini questi saloni, e soprattutto fa conoscere come una occasione unica le punte di eccellenza (riprodotte in splendide fotografie) della Raccolta d’arte italiana contemporanea con nomi singolarissimi e opere di brillante pienezza internazionale voluta dall’amico Ambasciatore Umberto Vattani e ancor prima da suo fratello Ambasciatore Alessandro Vattani, ospitata nel Palazzo e che costituisce per ampiezza ed originalità di concezione certo una esperienza unica al mondo, quasi un museo del contemporaneo in anteprima. Il libro termina con pagine ove vengono narrate anche con accenti pittoreschi quei rapporti tra la Farnesina e il quartiere romano di Ponte Milvio, testimone d’elezione di momenti forti nelle vicende della cinematografia, dello sport e dell’arte. Belle immagini, discorso chiaro, preziosa storia, aneddoti e racconti diversi, luoghi esemplati in modo mirabile, tutto partecipa della storia del Ministero Affari Esteri dall’Unità d’Italia ai nostri giorni.
Carlo Franza