Il ritratto di Gonfaloniere di Artemisia Gentileschi prestato dalle Collezioni Comunali d’Arte di Bologna per la grande mostra monografica organizzata alla National Gallery di Londra.
Le Collezioni Comunali d’Arte di Bologna sono tra i selezionati prestatori della prima grande mostra monografica dedicata ad Artemisia Gentileschi in Gran Bretagna, che sarà visibile alla National Gallery di Londra dal 3 ottobre 2020 al 24 gennaio 2021.
Tra le circa 30 opere prescelte figura il Ritratto di Gonfaloniere, uno dei pochi dipinti datati dell’artista e fra i massimi esempi della ritrattistica italiana nel Seicento. È stata tra le vittime eccellenti delle grandi mostre internazionali sospese nella scorsa primavera a causa dell’epidemia Covid-19, ma ora la definizione di un nuovo periodo di apertura è confermata da un annuncio ufficiale. L’eccezionale esposizione che la National Gallery di Londra dedica al genio di Artemisia Gentileschi, originariamente prevista dal 4 aprile al 26 luglio 2020, si aprirà il prossimo 3 ottobre per rimanere visibile fino al 24 gennaio 2021. La prestigiosa istituzione museale britannica definisce come “una delle più grandi delusioni” derivanti dall’interruzione delle attività per 111 giorni a causa del Coronavirus il rinvio della più ampia mostra monografica, la prima e a lungo attesa in Gran Bretagna, che esplora la produzione della celebre pittrice italiana (Roma, 1593 – Napoli, 1654), la cui opera negli ultimi decenni è stata al centro di una rivalutazione critica che la pone ai vertici dell’arte europea nel periodo barocco.
Tra gli enti prestatori coinvolti nel progetto che, grazie alla loro disponibilità, hanno reso possibile la riprogrammazione della mostra nella prossima stagione autunnale compaiono le Collezioni Comunali d’Arte dell’Istituzione Bologna Musei, al cui patrimonio permanente appartiene il dipinto a olio Ritratto di Gonfaloniere. Acquisita dal Comune di Bologna nel 1910 per eredità di Agostino Sieri Pepoli, l’opera si può ammirare nella Sala 1 del museo dove sono raccolte grandi tele seicentesche raffiguranti i volti di gentiluomini e gentildonne di antichi casati.
Fortemente voluto dal direttore Gabriele Finaldi e curato da Letizia Treves (curatrice di pittura italiana, spagnola e francese del XVII secolo alla National Gallery), il progetto espositivo, intitolato semplicemente Artemisia, è stato concepito in seguito all’acquisizione nel 2018 da parte del museo londinese dell’Autoritratto come Santa Caterina d’Alessandria, il primo dipinto dell’artista a entrare in una collezione pubblica del Regno Unito.
La mostra riunisce circa 30 opere attentamente selezionate da istituzioni e collezioni private di tutto il mondo, la maggior parte delle quali mai esposte in Gran Bretagna, e documenti autografi recentemente scoperti e presentati per la prima volta al pubblico, a ripercorrere una straordinaria carriera durata oltre 40 anni, tanto ammirata per l’immenso talento quanto segnata da una vicenda biografica tormentata. Da Roma, dove nacque e fu formata da suo padre, Orazio Gentileschi, a Firenze, dove ottenne l’indipendenza artistica e divenne la prima donna ammessa alla prestigiosa Accademia del Disegno con il privilegio di potersi fregiare del titolo di pittora, e in seguito a Venezia, Londra e Napoli. Spesso raffiguranti seducenti soggetti femminili eroici, i suoi dipinti erano principalmente destinati a committenti privati. Oggi sono riconosciuti per il loro potere drammatico e la loro cifra narrativa originale, mostrando Artemisia come uno degli artisti più avvincenti del suo tempo. Ritratto di Gonfaloniere fu eseguito nel 1622, come attesta la firma autografa un tempo leggibile nel retro della tela, prima della sua rifoderatura: ARTEMISIA GENTILESCA FACIEBAT ROMAE 1622. Il dipinto, uno dei pochi della pittrice a risultare datato, costituisce un fondamentale documento della sua attività ritrattistica, elogiata dai contemporanei ma non altrimenti testimoniata da opere certe. Del gonfaloniere pontificio effigiato a figura intera non si conosce l’identità. Egli sfoggia un’elegante armatura militare splendidamente valorizzata dalla vibrante qualità luminosa del tessuto pittorico. La mano sinistra è posata sull’elsa della spada, infilata nel fodero, mentre la destra si appoggia su un tavolino, ricoperto da un drappo con ricamato uno stemma non identificato. Sopra è appoggiato un elmo con un cimiero di piume. Sulla parete di fondo si proietta l’ombra del cavaliere e accanto è appoggiato il gonfalone papale, che egli doveva avere il compito di portare in parata. Il dipinto riproduce con cura la vivace espressione dell’uomo e la consistenza dei diversi materiali raffigurati, come le stoffe e il metallo, grazie a un sapiente dosaggio delle ombre. Nel Seicento le armature venivano indossate dai cavalieri solo durante le parate o i tornei. Per questo nel dipinto l’armamento in metallo copre tutto il corpo, ma spuntano dai bracciali i polsini di sottile tessuto e dalla corazza il collo detto ‘a lattuga’. La croce trifogliata forgiata sulla corazza e la fascia in seta, legata sopra, indicano che l’uomo ritratto era membro di un ordine cavalleresco. La lunga spada, uno stocco, e l’elmo piumato, completavano l’armamento, ma avevano soprattutto una funzione simbolica. L’impostazione del dipinto corrisponde alla collaudata tipologia del ritratto aulico a figura intera introdotta da Tiziano, tesa a commemorare il ruolo sociale e politico della persona raffigurata attraverso gli attributi di rango. A dispetto di questo schema tradizionale, la vivacità e la penetrazione psicologica del ritratto, il taglio audace della luce di chiara impronta caravaggesca, il virtuosismo nella resa dei differenti materiali, fanno di questo dipinto un capolavoro di straordinaria modernità, fra i massimi esempi della ritrattistica italiana nel Seicento.
Carlo Franza