André Derain è una delle grandi figure della rivoluzione artistica dell’inizio del XX secolo, sia pittorica sia scultorea, un’icona dell’arte del Novecento, amico di Picasso, Matisse, Braque, Giacometti.  Derain ha formato con Henri Matisse e Pablo Picasso la triade di artisti che ha completamente cambiato a livello mondiale l’arte del Novecento. Derain è stato a capo e ispiratore di molte delle maggiori correnti della pittura moderna e contemporanea. È stato l’erede dell’Impressionismo, l’iniziatore della pittura Fauve e uno dei padri del Cubismo, nonché il precursore del Ritorno al Classicismo. Nei primissimi anni del

André Derain (1880-1954). “Portrait de femme”. Huile sur toile, vers 1928. Paris, musée d’Art moderne.

Novecento, una manciata di artisti cambiò completamente il modo di vedere l’arte. Tra i massimi innovatori ci furono Derain e Matisse, che trascorsero vari anni a dipingere insieme i paesaggi di mare a Collioure, nel Sud della Francia.  I due diedero vita tra il 1905 e il 1910 a un movimento per il quale si coniò il termine Fauve, cioè il gruppo dei “Selvaggi”, a causa dei vivacissimi, infuocati colori che caratterizzavano le loro opere.

Anche Picasso nutrì grande ammirazione e stima per Derain, soprattutto all’inizio del secolo scorso. A partire dal 1910, per diversi anni, Derain e Picasso collaborarono tra di loro e si studiarono reciprocamente. Si frequentarono molto e la loro amicizia durò fino agli anni Trenta. Fu Derain a introdurre Picasso nel mondo dell’arte africana e con Derain Picasso fece i primi passi verso il Cubismo. Entrambi furono amanti della mondanità, uomini di grande successo, celebrità delle arti del XX secolo. Ma se la fortuna di Picasso crebbe per tutto il secolo, quella di Derain ebbe un brusco, momentaneo declino dopo la seconda guerra mondiale, complice il mondo delle gallerie d’arte e del mercato. Il Cubismo, grande tendenza di cambiamento all’inizio del ‘900, ebbe origine da Georges Braque, oltre che da Derain e Picasso. Braque e Derain strinsero amicizia proprio verso il 1909 e per vari anni vissero l’uno vicino all’altro. Nel periodo in cui dipinsero insieme nel quartiere parigino della Ruche, Braque apprezzò molto il Primitivismo di Derain e quest’ultimo guardò molto al moderno classicismo di Braque. Dei suoi vecchi amici, Braque fu l’unico ad aiutare Derain nei momenti di difficoltà, subito dopo la seconda Guerra Mondiale.

Chi amò particolarmente l’opera di Derain fu Alberto Giacometti. Al grande artista svizzero piaceva in particolar modo la capacità di Derain di cambiare stile rifacendosi alla tradizione dell’arte antica. Derain rimase sempre legato alla pittura figurativail ritratto, il paesaggio, le nature morte – e trovò ispirazione dall’arte greca e romana, su su fino ai grandi maestri dell’Ottocento. Giacometti dedicò un lungo articolo alla sua straordinaria capacità di raccogliere idee da tutta la storia dell’arte, trasformandola in qualcosa di personale. Alla morte del maestro, fu Giacometti ad aiutare i famigliari a salvare decine di sculture di Derain.

Grazie alla collaborazione degli Archivi André Derain e ai prestiti di alcuni prestigiosi musei francesi, il Museo d’arte Mendrisio ha organizzato una retrospettiva visitabile fino al 31 gennaio 2021 di ampio respiro sull’opera di Derain: 70 dipinti, 30 opere su carta, 20 sculture, 25 progetti per costumi e scene teatrali, illustrazioni di libri e alcune ceramiche ripercorronola creatività vulcanica e l’attività poliedrica di questo massimo protagonista dell’arte moderna. Già a partire dalla metà degli anni Dieci, perseguendo una sua personale attitudine teorica e culturale, Derain sceglie una direzione di ricerca decisamente in controtendenza rispetto allo spirito avanguardistico che aveva caratterizzato la sua prima fase.

Negli anni Venti e Trenta raggiunge un grande successo internazionale, ma a causa di questo cambiamento di rotta, pur mantenendo una posizione di primissimo piano sulla scena artistica parigina, viene criticato dall’ambiente dell’avanguardia. André Breton, che era suo grande ammiratore, lo accusa (al pari di Giorgio de Chirico) di aver esaurito la sua autentica vena creativa e di essersi rifugiato in una dimensione nostalgica della tradizione, inaridendo il suo incontestabile talento. Anche se nel 1925 dichiara «Che ingenuità o che debolezza parlare di inquietudine della pittura moderna», Derain non può sfuggire alla sua condizione di artista moderno e la direzione “inattuale” della sua impronta stilistica non annulla affatto la dimensione esistenziale ed estetica di quell’inquietudine (e neanche la sua originalità) ma la trasferisce su un piano operativo differente, in modo affascinante e paradossale.  La sua ricerca è caratterizzata dalla singolare raffinatezza intellettuale dei suoi continui scarti stilistici e da un’ossessiva volontà di spingere la pratica pittorica sull’orlo dell’abisso del nulla, nell’ostinata e impossibile intenzione di arrivare a cogliere «il segreto delle cose» attraverso quella che lui definisce «archipeinture». Chi ha forse compreso meglio di tutti il senso autentico della sua arte è Alberto Giacometti, che diventa suo grande amico, dal 1936 in poi. Nell’ultima fase della sua vita Derain si isola sempre di più, e non basta una mostra postuma al Musée National d’Art Moderne di Parigi nel 1954 (anno della sua scomparsa) per riportare l’attenzione della critica dominante sulla sua opera, di cui è apprezzato solo il primo periodo avanguardista.

Carlo Franza

 

Tag: , , , , , , , , , ,