“Lettere da un paese chiuso” è il titolo del libro che il collega Toni Capuozzzo, giornalista  di chiara fama, già direttore del TG5,  ha fatto arrivare in libreria (Signs books, Illustrazioni di A. Miron Polacco, 2020,  pp 304, prezzo 20,00,); un diario significante e illuminante che si lascia sfogliare, con pagine cariche di cuore e di intelletto, di umanità e  drammaticità, di tensione  e speranza, di presente e di futuro. Il paese chiuso era l’Italia, il nostro paese, un paese allo stremo e alla fame, un paese di lotte e di coraggio, un paese di eroi ed eroine, e soprattutto, come radiografato, un paese di morte e di  dolore. E’ un libro di storie e di testimonianze, l’ho fatto mio  perché in un paese qual’era il nostro chiuso, non ho potuto neppure essere presente al capezzale di mio fratello morto.

Toni Capuozzo aggiorna di ora in ora il suo straordinario diario da una Milano in preda al coronavirus. Il giornalista, sul suo profilo Facebook, mette in luce tutti gli aspetti ormai mutati della quotidianità in un’Italia chiusa, ferita, impaurita nelle lunghe settimane della quarantena da coronavirus. Gli appunti, le idee, i pensieri e ricordi diventano vere e proprie lettere: nasce così, giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, un insolito “diario di bordo” fatto di pagine sulla cronaca, sulla politica, sull’isolamento forzato, su uomini e donne alle prese con la vita e con la morte, ma è una stesura di getto e così, nelle lettere. Scrive Capuozzo: “L’ho scritto di getto, giorno dopo giorno, o meglio, notte dopo notte, per i 71 giorni di quello che abbiamo chiamato “lockdown” e avrei preferito chiamare “confino”. Ho iniziato per caso, un giorno, sulla mia pagina Facebook, e il giorno dopo ho chiamato il secondo post Lettera da una città chiusa e poi è diventato qualcos’altro,  un impegno quotidiano da un Paese chiuso per intero”.

In queste lettere Capuozzo torna anche sulla sua vita – volti conosciuti, amici che non ci sono più, esperienze ordinarie e straordinarie – in un parallelismo continuo, onirico, tra il dramma del presente e i ricordi del passato. La capacità di osservazione, di ascolto, e la grande sensibilità di Toni Capuozzo, restituiscono così un’istantanea dell’Italia alle prese con la pandemia tanto originale quanto autentica e profonda in una narrazione malinconica e divertente al tempo stesso, dolce e amara. Lettere da un Paese chiuso è, innanzitutto, il racconto di un’umanità, in cui ognuno si ritrova, ritratto dopo ritratto, carattere dopo carattere. Nessuno escluso. Edizione arricchita da illustrazioni e da contenuti multimediali fruibili attraverso QR Code: con smartphone o tablet, il diario diventa audiolibro e le pagine sono lette da Toni Capuozzo con la sua inconfondibile voce. Riporto di seguito l’inizio della prefazione:Confesso: non ho voluto leggere le bozze di questo libro. Per non avere la tentazione di correggere, oltre agli inevitabili errori di battitura, anche il testo. Non è possibile migliorarlo, e non perché abbia qualcosa di speciale, ma perché è un documento, e i documenti non si alterano, se non si è falsari. L’ho scritto di getto, giorno dopo giorno, o meglio, notte dopo notte, per i 71 giorni di quello che abbiamo chiamato “lockdown” e avrei preferito chiamare “confino”. Ho iniziato per caso, un giorno, sulla mia pagina Facebook, e il giorno dopo ho chiamato il secondo post Lettera da una città chiusa e poi è diventato qualcos’altro, un impegno quotidiano da un Paese chiuso per intero. Ma non un diario personale, anche se c’è molto di personale. Piuttosto un dialogo, iniziato per fare compagnia a me stesso e finito per essere una compagnia per molti altri. Era ogni giorno sorprendente non solo il numero dei lettori, ma di più e piuttosto il numero di risposte, così tante che non riuscivo a leggerle tutte, e ovviamente ancora meno a rispondere a tutte. E poi c’erano le lettere in privato, ognuna con una sua storia. Non lo so bene, ma adesso ho la sensazione di aver fatto da assistente sociale a tante persone, e che tante persone abbiano fatto assistenza sociale, o volontariato, nei miei confronti. Ecco perché, in qualche modo, si tratta del documento di un tempo, della narrazione in diretta di qualcosa di impensabile fino al giorno prima. Confesso: lo scorso 31 dicembre, l’ultimo giorno del 2019, sono andato a letto presto. Ero a Udine, a casa di mio fratello, ed entrambi non amiamo la festa dell’ultimo dell’anno. Però ho pensato molte volte al conto alla rovescia, agli auguri, alle promesse di felicità e agli oroscopi per il 2020. Alla sventatezza innocente con cui abbiamo fatto programmi o non ne abbiamo fatto alcuno. E tutto mi sarei aspettato, dopo una vita in cui ho visto da vicino molte più tragedie che la media delle persone, tranne che il mio Paese e il mondo attraversassero un’esperienza del genere: non ero preparato, ero disarmato. Però, da subito, l’ “andrà tutto bene” mi è sembrato qualcosa che andasse bene per i bambini – guai a non essere sicuri ed ottimisti davanti a loro – ma fosse di una serenità amabile e disarmante, destinata a lasciarci soli, davanti al buio dei camion con le bare, al buio delle sirene delle ambulanze, al buio delle solitudini vissute insieme.

TONI CAPUOZZO nasce a Palmanova, in provincia di Udine, nel 1948. Laureato in sociologia presso l’Università di Trento, diventa giornalista professionista nel 1983. Scrive per “Reporter” e per i periodici “Epoca” e “Panorama mese”. Vicedirettore del TG5 e conduttore della trasmissione giornalistica settimanale “Terra!”. Inviato di guerra per diverse testate giornalistiche televisive, ha seguito i conflitti nei Balcani, in Somalia, in Medio Oriente, in Afghanistan, in Iraq. Autore di numerosi libri, per Signs Publishing ha pubblicato il primo fumetto italiano di giornalismo di guerra, dedicato alla nascita dell’ISIS (La culla del terrore – L’odio in nome di Allah diventa Stato, con i disegni di Armando Miron Polacco, 2018).

Carlo Franza

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