Nell’isola di San Servolo a Venezia c’è la Venice International University (Presidente l’Ambasciatore Umberto Vattani) dove si formano le future classi dirigenti internazionali.
Lasciatemelo dire, San Servolo è un mondo in un’isola. C’è un’isola, per l’appunto a Venezia, giovane e dinamica, in cui si confrontano e si amalgamano culture ed esperienze diverse. Nel ricordo di tutti resta “l’isola dei matti”, ma di fatto è oggi il luogo di una comunità internazionale di studenti che arrivano da ogni parte del mondo, sicuri di trovare il meglio dell’offerta formativa. E hanno ampiamente ragione di trovarsi in un luogo di storia e di avvenire sicuro, grazie all’intraprendenza di uomini illustri. Qui, infatti, ha sede la Venice International University, un network di università che mette insieme le più avanzate proposte di studio e di didattica, una miriade di iniziative accademiche e scientifiche. Tra le aule e nel grande parco di quest’isola che ha sostituito alla grande la follia con il genio, si parla di sviluppo sostenibile, di cambiamenti climatici, di etica globale, si formano le future classi dirigenti internazionali. E’ un “New entry”: il top del mondo accademico.
E’, dunque, nella laguna di Venezia, l’isola che attrae il mondo. “San Servolo è diventato un luogo privilegiato per la formazione di nuove classi dirigenti di tanti Paesi appartenenti a quattro Continenti – ha commentato il presidente della Venice International University, l’Ambasciatore Umberto Vattani – Sono molto lieto di contribuire a realizzare la grande, profetica intuizione di Carlo Azeglio Ciampi che 25 anni fa volle creare la Venice International University, consapevole che era un’istituzione necessaria per lanciare a livello mondiale l’innovativa missione formativa che condividono gli Atenei e i Centri di Ricerca: scrivere con l’inchiostro della cultura e della scienza i destini del mondo, verso un futuro di pace. A cent’anni dalla nascita di Carlo Azeglio Ciampi – ha conluso – la VIU dedica a lui questo nuovo traguardo”. Qui in questo luogo di eccellenze mondiali convivono multidisciplinarietà e multiculturalismo. Tra Campus, seminari, Summer e Autumn School, Viu Lectures (lezioni aperte anche al pubblico spesso in collaborazione con istituzioni veneziane), ma anche rassegne musicali, eventi e goliardate studentesche, San Servolo, questo angolo di terra che si trova nella laguna sud, in cui un tempo vivevano isolate le monache e successivamente confinati i pazzi, appare una realtà più viva e giovane che mai. Un’isola aperta al mondo intero, in cui la multidisciplinarietà degli insegnamenti abbraccia il multiculturalismo preparando le nuove generazioni alle sfide contemporanee.
“Puntare sui giovani, sul futuro e sulla cultura è sempre il miglior investimento che si possa fare – ha detto il Sindaco di Venezia e della Città metropolitana Luigi Brugnaro – Lo sviluppo universitario della Venice International University di San Servolo è un’esperienza modello. La città ha tutti i numeri in regola per diventare un grande attrattore di giovani talenti e studiosi da tutto il mondo. La Viu sta lavorando bene in questa direzione e quindi benvenuti a tutti coloro che arriveranno a San Servolo per studiare decidendo, magari, anche di fermarsi a vivere nella nostra bellissima città”.
Ecco qualche notizia sulla storia di San Servolo, isola della laguna veneziana. La prima notizia certa sull’isola di San Servolo è dell’819, quando già il suo monastero era in piena attività. Sul periodo precedente, mancano notizie certe. Secondo alcuni, prima della fondazione del monastero di San Servolo esisteva sull’isola una cappella intitolata a San Cristoforo. Non paiono certe le notizie e le tradizioni che collocano l’arrivo dei Benedettini verso la fine del VII secolo, in fuga dai Franchi che avevano distrutto il loro monastero di Santo Stefano di Altino. I Franchi, infatti, scesero in Italia solo un secolo più tardi; inoltre il monastero di Santo Stefano risultava in piena attività ancora nel IX secolo. Vista l’epoca di fondazione longobarda e la già avvenuta distruzione alla fine del VI secolo dell’Abbazia di Montecassino, sicuramente è probabile la fondazione da parte dei monaci benedettini bianchi di San Colombano già presenti in area veneta lungo la via Postumia con fondazioni regie longobarde ed in rapporti con il Patriarcato di Aquileia fino alla loro riforma monastica benedettina attorno al IX secolo; circa l’abbandono definitivo di Altino è documentata l’invasione e le distruzione del monastero da parte degli Ungari fra la fine del IX secolo e l’inizio del X secolo, ma anche la fondazione precedente del Monastero dei Santi Felice e Fortunato. Il monastero di San Servolo fu edificato su iniziativa delle famiglie Dal Fianco e Galbaio, quest’ultima nota nell’VIII secolo per aver dato i dogi Maurizio Galbaio e Giovanni Galbaio. Si spiega così l’inconsueta dedica a san Servolo (o Servilio) di Trieste, in quanto i Galbaio sarebbero stati originari di Capodistria, dove dimora l’antico Castello di San Servolo. Quel che è certo, è che San Servolo è uno degli insediamenti monastici più antichi della laguna, sorto forse poco dopo quello del monastero della Santissima Trinità e San Michele di Brondolo (724). A differenza di altri cenobi, tuttavia, fu costruito in una zona periferica, che tuttavia assunse grande importanza strategica quando la capitale del Ducato di Venezia fu spostata da Cittanova a Malamocco.
Nell’819 il doge Angelo Partecipazio e il co-reggente Giustiniano Partecipazio, suo figlio, donarono ai monaci di San Servolo una nuova sede presso la cappella di Sant’Ilario. Il monastero, allora, godeva di grande prestigio: rivestiva il ruolo di abate Giovanni che, negli anni precedenti, era stato patriarca di Grado, giocando un ruolo da protagonista negli eventi politici che avevano investito il Ducato. È evidente che l’isola è ormai divenuta uno spazio inadeguato ad ospitare un’istituzione di tale importanza. È questo l’atto di fondazione dell’ abbazia di sant’Ilario, ma non la fine di San Servolo. Consci della sua fortunata posizione lungo la principale via d’acqua che immette a Rialto, i dogi impegnarono l’abate a preservare il vecchio monastero, mantenendovi una comunità di religiosi che vi celebrassero i riti. Il ritorno alla vita monastica avvenne nel 1109 con l’arrivo delle monache benedettine, che vi rimasero fino al XVII secolo. A causa del degrado degli immobili e dell’insalubrità dell’isola, nel 1615 le monache furono trasferite a Venezia città e i locali furono utilizzati come deposito di grano e, nel 1630, come ricovero per gli appestati. Dal 1647 l’isola fu utilizzata dalle monache benedettine, domenicane e francescane, provenienti dall’isola di Creta, dopo la conquista turca dell’isola; esse ci rimasero fino al 1716, quando il monastero fu chiuso a causa della loro estinzione. Dal 1715 l’isola fu adibita ad ospedale militare e nel 1725 vi fu ricoverato il primo malato di mente. Il governo napoleonico dispose nel 1787 che i pazzi di ogni censo venissero ricoverati a San Servolo, che divenne così manicomio ed ospedale militare a gestione laica. Nel 1798 il governo austriaco riassegnò l’ospedale all’Ordine Ospedaliero di San Giovanni di Dio, dichiarandolo manicomio centrale del Veneto, della Dalmazia e del Tirolo per entrambi i sessi. Dal 1805 al 1814 i francesi ricovereranno a San Servolo anche i soldati dell’Impero napoleonico.
Dopo l’unificazione al Regno d’Italia (1866), la provincia di Venezia fu incaricata della gestione dell’istituto manicomiale, che ne seguì le varie trasformazioni istituzionali. Nel 1932 i Manicomi Centrali veneti di San Servolo e San Clemente furono denominati Ospedali Psichiatrici. Nell’ottobre del 1944 sei pazienti ebrei furono arrestati, deportati e assassinati dal regime nazista. A San Clemente, Benito Mussolini fece rinchiudere la prima moglie Ida Dalser, madre di suo figlio Benito Albino (conosciuta negli anni in cui era un giovane socialista, e che una volta arrivato al potere disconobbe, perseguitandola anche al fine di poter sposare Rachele Guidi). Nel 1978 venne approvata la legge 180/1978, meglio nota come legge Basaglia (dal nome dello psichiatra e neurologo veneziano prof. Franco Basaglia), che prevedeva la chiusura degli ospedali psichiatrici; il 13 agosto 1978 l’ospedale effettivamente venne chiuso. L’isola conserva tutt’oggi il ricordo di quello che fu, il ricovero dei matti, nel Museo del Manicomio che vi si trova. Fu proprio qui che, per la prima volta, fu sperimentata la musicoterapia per la cura delle malattie mentali. E’ l’unica nota dolce in un contesto in cui prevalgono i tanti strumenti di cura ottocenteschi che oggi ci fanno inorridire (manette, camicie di forza, catene tanto per citarne alcuni) e macchinari come l’apparecchiatura per l’elettroshock. In linea con la natura delle attività dell’isola, anche il Museo non è però solo un luogo di conservazione della memoria ma un laboratorio e un luogo “di studio, di ricerca e di divulgazione”.
Dagli anni Novanta del XX secolo la Provincia di Venezia, oggi Città metropolitana di Venezia, proprietaria dell’isola, ha intrapreso il recupero edilizio, avviando un centro di promozione multiculturale. Dal 2004 la Provincia di Venezia ha istituito la Società San Servolo Servizi – oggi denominata San Servolo Servizi Metropolitani di Venezia – alla quale ha dato il compito di salvaguardare, gestire e valorizzare l’isola di San Servolo. L’Isola è sede anche della Fondazione Franca e Franco Basaglia, della Venice International University, del Centro di Formazione in Europrogettazione AICCRE, nonché di una residenza per studenti di dottorato o in progetti di scambio internazionale. Dal 2008 l’isola accoglie anche la succursale dell’ Accademia di Belle Arti di Venezia e dal 2012 è sede del Collegio Internazionale Cà Foscari.
Carlo Franza