I Nuraghi sardi verso il Patrimonio Unesco. La Sardegna con i suoi 6000 siti archeologici e i suoi millenni di storia mette in luce la sua civiltà nuragica.
L’Italia ha due grandi isole, la Sardegna e la Sicilia, due perle da mettere sempre in evidenza quando si parla della Nazione Italia. La Sardegna vanta millenni di storia, e aggiungo essere un museo a cielo aperto per via della disseminazione sul suo territorio di siti nuragici che risalgono a ben 1800 anni A.C. I Nuraghi, costruzioni in pietra dell’epoca del bronzo, (1800 a. C.), a forma di cono molto diffuse in Sardegna, sono candidate nell’ambitissima lista dei nuovi siti riconosciuti da Unesco. Sappiamo che alla data odierna solo il complesso archeologico di Su Nuraxi a Barumini è riconosciuto Patrimonio Unesco, adesso invece l’obiettivo è far entrare nella lista tutto l’insieme della civiltà nuragica della Sardegna nella lista del Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco. A percorrere dall’alto in basso l’intera Sardegna, da Nughedu San Nicolò in provincia di Sassari a Nuraghe Arrubiu a Orroli in provincia di Cagliari, si scopre che l’insieme di ricchezze prodotte dalla civiltà nuragica nell’Isola è enorme; infatti, non esiste un territorio di dimensioni analoghe, ben 24mila chilometri quadrati, dove un ciclo ininterrotto di civiltà abbia lasciato tante testimonianze architettoniche. E tutte potrebbero presto entrare nella “preziosa” lista Unesco: 3500 Domus de Janas, interi campi e isolati Menhir, necropoli scavate nella roccia viva, circa 10mila torri nuragiche, semplici o complesse, le Tombe dei Giganti, sacrari federali e una rete di pozzi, fonti e opere idrauliche.
Tutto è partito dal Protocollo d’intesa tra Crs4, Dass e Associazione “La Sardegna verso l’Unesco” per arrivare, per l’appunto, attraverso le conoscenze tecnologiche del centro di ricerca, al riconoscimento dei siti nuragici come patrimonio dell’umanità. Un traguardo che ha messo in moto cittadini sardi, storici dell’arte, intellettuali, il Ministero Italiano dei Beni Culturali, per valorizzare ancor più questo bene archeologico sparso sull’intera isola sarda e per portare maggior turismo in un’isola che è ancor più da scoprire. Per intanto l’istanza di inclusione è stata già presentata. Gli oltre 6000 siti archeologici inseriti nella lista sono quelli mappati nel geoportale Nurnet realizzato nel 2013 dal Crs4. Tutti in attesa del 31 marzo 2021 quando si conoscerà l’esito della richiesta. “Finalmente – spiega Michele Cossa, presidente dell’associazione – l’unicità della nostra archeologia diventa centrale nella nostra identità ed economia. Grazie a questa collaborazione la Sardegna potrà contare su una mappatura uniforme, precisa, dettagliata del patrimonio nuragico sardo”. Il CRS4 aderisce all’iniziativa soprattutto attraverso l’uso delle tecnologie GIS – sistemi informativi geografici. “Il geoportale è solo un punto di partenza – spiega l’amministratore unico del Centro e presidente del Dass Giacomo Cao – il supporto dei nostri ricercatori, Roberto Demontis, Eva Lorrai e Laura Muscas, sarà fondamentale per la creazione di una piattaforma web GIS che gestirà i dati relativi alle informazioni di tutto il patrimonio culturale nuragico e prenuragico della Sardegna”. “Il Dass – prosegue Cao – è pronto a contribuire all’iniziativa non solo attraverso il coinvolgimento dei propri Soci in chiave tecnologica ma anche come strumento per la condivisione di esperienze e buone pratiche come pure di dialogo sulle opportunità di crescita dell’aerospazio in un’area come quella del patrimonio archeologico la cui ricchezza e varietà possono rendere la Sardegna un territorio di notevole interesse sotto il profilo culturale e turistico”. Tutto ciò è lodevole iniziativa che vuole non solo tutelare il patrimonio archeologico dei nuraghi come una risorsa esposta a diversi pericoli, in primis gli atti vandalici che possono creare danni irreparabili, ma è pur vero che questi monumenti millenari sono una delle attrazioni turistiche più visitate in Italia e la richiesta è stata accolta all’unanimità anche dal Consiglio Regionale della Sardegna. Il termine nuraghi deriva dalla parola “nur” che significa mucchio di pietre cave. Il termine è presente anche in alcuni villaggi nelle vicinanze di Alghero: Nurri, Nuraminis e Nurachi. Posti in cui vi è un’alta concentrazione di nuraghi.
E’ certo che gli studiosi li considerano fortezze dei tempi primordiali. La civiltà nuragica si sviluppa dall’età del bronzo fino all’epoca romana. L’architettura di questi monumenti si basa su pietre naturali con forme squadrate, ed ogni masso veniva collocato in modo da incastrarsi con gli altri, partendo dal basso e innalzandosi, il risultato erano classici esempi preistorici di case-fortezza, tant’è che venivano erette su alture proprio per un discorso militare e difensivo.
L’intero e fruttuoso progetto è stato messo in piedi proprio dal comitato promotore “Sardegna verso l’Unesco”. Da studioso e da Storico dell’Arte devo dire che finalmente qualcosa si è mosso verso un bene culturale italiano, identitario e transregionale; ecco perché “l’idea dell’inclusione nasce dalla presa di coscienza dell’importanza che negli ultimi decenni i monumenti nuragici hanno assunto per i sardi, quali segni fondamentali della loro identità”, ha spiegato il referente onorevole Michele Cossa, consigliere regionale dei Riformatori, il partito promotore di un’ iniziativa poi condivisa a livello trasversale da tutte le forze politiche dell’Isola. L’istanza è forte di mozioni già deliberate da 200 Consigli comunali, dalla stessa Assemblea regionale Sarda e del patrocinio della Regione Sardegna. E ancora: “La sfida che abbiamo davanti, in un momento storico come quello attuale rappresenta un’occasione unica che la Sardegna – chiarisce l’onorevole Cossa – non può perdere per realizzare il suo sogno di avere una economia che non sia più dipendente dal residuo fiscale delle regioni più ricche ma che tenda verso l’autosufficienza”. L’idea, rivela infine l’esponente della maggioranza alla Regione Sardegna, “è già stata salutata positivamente da molte altre Regioni che in queste settimane hanno mostrato interesse verso la nostra iniziativa, ritenendola una best practice da replicare”. E’ dunque un augurio, non solo degli studiosi e degli intellettuali, ma di ogni cittadino italiano ed europeo, per tale iniziativa forte e mirata che fa luce sull’Occidente e sulle civiltà che vi hanno abitato.
Carlo Franza