Una tempesta  economica si è abbattuta sulla filiera dei Ristoranti e Bar da Nord a Sud, da Torino a Palermo e a Favara  in Sicilia  dove abbiamo incontrato Giuseppe Nobile (Skenè – Strada Statale 576,92026 Favara-Agrigento),  a  pochi chilometri dalla Valle dei Templi, in questa bellissima realta agrituristica  immersa nel verde, inserita fra ulivi, albicocchi, ed erbe aromatiche,  una realtà  affascinante e tutta italiana, siciliana e mediterranea.  Una realtà dove convivono arte, cultura e gusto, che  ha nome Skenè, location agrituristica diretta da Giuseppe e Gabriele Nobile. La Pandemia ha colpito a morte il settore italiano dell’agroalimentare, aziende e realtà costruite con tanti sacrifici, e  luoghi oggi, purtroppo, forzatamente chiusi.  Giuseppe Nobile e il suo Skenè, capofila di mille altre attività similari in Sicilia e non solo, in occasione di questa Pasqua 2021 hanno visto  i loro spazi invasi dalle galline, sì proprio dalle galline come da foto allegate,  perché se  turisti e commensali non ci sono, almeno ci sono le galline.  Fino al 30 aprile non ci saranno zone gialle (o bianche), ma si valuteranno riaperture localizzate in caso di un sensibile abbassamento dei contagi e un buon andamento della campagna vaccinale. Intanto, secondo la Fipe, sono 22mila le imprese già scomparse per un totale di 243mila posti di lavoro persi  per la Pandemia da Covid 19.

Come ormai è risaputo,  questa sarà una Pasqua blindata e con molti limiti per gli spostamenti e la socialità. Il 3, 4 e 5 aprile 2021, il Governo ha deciso di inserire l’Italia in una grande zona rossa, una sorta di lockdown, con divieto di spostamento dalla propria abitazione e di conseguenza anche dalla regione di residenza. Si potrà uscire solo per i soliti motivi di urgenza e salute, contando la possibilità di fare visita ai parenti una volta al giorno. Il Governo continua a seguire una linea rigorosa e non ha lasciato, per ora, molte aperture in merito a dei cambiamenti per quanto riguarda la riapertura di bar, ristoranti e locali, che almeno fino al 20 aprile resteranno chiusi tutto il giorno e potranno contare solo sull’asporto Pensate  che ad Arezzo, il comandante dei vigili ha avvertito che farà controllare anche le quantità del cibo da asporto ai ristoranti: “Se ce n’è per quindici o venti persone – ha detto – , è chiaro che sia destinato a un pranzo o a una cena di familiari e amici con gente radunata ben al di là del consentito. E agiremo di conseguenza”. Un’idea che potrebbe essere seguita dai comandanti di altri comuni, che proprio non hanno nulla da fare. Draghi, infatti, ha deciso di procedere ad una revisione intorno a metà mese per valutare se in alcune regioni la curva del contagio sarà più bassa per permettere delle aperture limitate. In alternativa, alberghi e agriturismi, sia bar che i ristoranti dovranno restare chiusi fino a maggio, con enormi perdite economiche e occupazionali. Per il momento, sono due le possibili ipotesi: -Ristoranti e bar chiusi fino al 30 aprile e aperti solo per l’asporto o le consegne a domicilio fino alle 22, orario in cui scatta il coprifuoco -Ristoranti e bar chiusi fino al 20 aprile, data in cui il Governo rivaluterà la situazione e dove la curva sembra in discesa si procederà ad una sorta di allentamento delle regole, quindi i locali avranno la possibilità di riaprire a pranzo in zona arancione. Ci si aggrappa alla speranza del dopo Pasqua. Dopo settimane di zona rossa o arancione per tutt’Italia, visto l’andamento dei contagi da Coronavirus, tra il 15 e il 20 aprile potrebbe aprirsi qualche spiraglio. Si va verso un meccanismo che preveda, sotto una certa soglia, un allentamento delle misure anti-Covid, in relazione a un eventuale miglioramento dei dati. Lo prevederebbe, a quanto si apprende, il decreto legge contenente le restrizioni per il periodo dopo questo weekend festivo. “Sarà un’estate serena e migliore di quella che abbiamo vissuto lo scorso anno”, assicura oggi il ministro del Turismo Massimo Garavaglia in un’intervista;  e conferma: “Da aprile si potrà cominciare gradualmente a riaprire tutto”. Secondo quanto viene spiegato da fonti, non si tratterebbe di un ritorno alla zona gialla, quanto piuttosto di un via libera ad aperture di bar e ristoranti a pranzo ed eventualmente anche della ripresa delle attività di teatri e cinema. Per tutto aprile, quindi, solo zone arancioni e rosse, ma il premier Mario Draghi, spiegano fonti di Palazzo Chigi,  concede uno spiraglio agli “aperturisti”, Lega e Fi in testa, che da giorni sono in pressing, dando il via libera allo studio di un meccanismo (non automatico) che preveda la possibilità, in una data intorno alla metà di aprile, per le Regioni con dati bassi di fare parziali allentamenti delle misure. Il pressing in questo senso arriva dai banchi del centrodestra: Lega e Forza Italia, più alcuni governatori locali, premono per la ripartenza delle attività commerciali duramente provate dall’emergenza Covid, e per il ripristino della zona gialla, abrogata di fatto con il primo decreto Draghi. In prima linea anche il governatore della Regione Liguria Giovanni Toti: “Ho detto al premier Mario Draghi che secondo me ad aprile sarebbe opportuno reinserire tutte le zone, dopodiché se non ci saranno zone gialle perché la pandemia non lo consente il meccanismo automatico di fatto le esclude”. Nel nuovo decreto legge anti-Covid dopo Pasqua, ha aggiunto Toti, “avrei lasciato tutto com’è. Le zone hanno funzionato meglio che altrove, continuerei a usare lo stesso presupposto. Anzi cominciamo a programmare l’estate, diamo delle date in cui i ristoranti possano prendere le prenotazioni alla sera o una persona possa sposarsi”.Un approccio in qualche modo condiviso dal premier Draghi, che giorni fa in conferenza stampa aveva mostrato ottimismo e aveva chiesto di iniziare a guardare al futuro, e a programmare le riaperture.  Per intanto da  Nord a Sud, da Torino a Favara e a Canicattì,  si moltiplicano le proteste di commercianti  e ristoratori ormai  allo stremo. Ma la maggioranza è spaccata: l’ala rigorista del governo formata da Leu, Pd e M5s è contraria all’allentamento delle restrizioni per tutto il mese di aprile e l’orientamento sembra ancora una volta quello più rigido del ministro della Salute Roberto Speranza. Forzature e strozzamento di politico e partiti che ormai non hanno più presa nel popolo. Salvini e la Meloni lo sanno bene. E’ ora di voltare pagine. Mi dice Giuseppe Nobile direttore  e proprietario di Skenè  a Favara che “se  si continua su questa strada la gente si ribellerà, scenderà  in piazza, perché è ora che l’affondamento del made in Italy sia fermato”.  Le tavole del gusto, imbandite e cariche di mille sapori, aspettano gli italiani. La Sicilia, in questo senso, si mette  a capofila. I prodotti di questa terra,  invasa dal sole parlano da soli, ad iniziare dai  dolci pasquali.  L’agnello pasquale è un dolce di pasta di pistacchio ricoperta di pasta di mandorle tipico del comune agrigentino di Favara. Non va quindi confuso con la pecorella pasquale, fatta di sola pasta di mandorle, con la quale condivide la stessa sorte al termine dei pranzi di Pasqua siciliani. La più antica ricetta dell’agnello pasquale su carta giunta a noi porta la data del 1898 ed è appartenuta ad una ricca famiglia della borghesia agraria e solfifera di Favara. Tuttavia, sembra che a inventare questo dolce siano state le suore del Collegio di Maria del quartiere “Batia” di Favara molto tempo prima del 1898 e che i favaresi provassero poco interesse per questo dolce, preferendogli di gran lunga i cannoli e i cialdoni.  Quale che sia la storia, sta di fatto che, se un tempo l’agnello pasquale non solleticava molto i palati favaresi, oggi è invece un vero e proprio simbolo di Favara.

Carlo Franza

 

Tag: , , , , , , , , , , , ,