“Futurismo e Parole” ha per titolo la super mostra  che  la LeoGalleries di Monza ci  propone fino al 29 maggio 2021. Torna alla grande il Futurismo, il più importante movimento artistico dell’intero  Novecento  con i suoi protagonisti più illustri e la preziosa tenuta di un’arte tra le più ricercate in tutto il mondo.  Evento  tra i più celebrati d’Italia, ve lo assicuro,  parola di Storico dell’Arte. E soprattutto questa mostra in specifico celebra le parole, proprio quelle “parole in libertà” che sono state il motore e la forza del movimento. Su Lacerba imperversavano i futuristi. Fondata da Giovanni Papini e Ardengo Soffici, “Lacerba” è stata una delle più importanti riviste italiane,  dapprima quindicinale e poi settimanale, vide la luce dal 1 gennaio 1913 al 22 maggio 1915, per un totale di sessantanove numeri. Ai fondatori Ardengo Soffici e Giovanni Papini si aggiunsero Aldo Palazzeschi e Italo Tavolato, seguiti di lì a poco da alcuni tra i principali protagonisti del movimento futurista: Filippo Tommaso Marinetti, i pittori Umberto Boccioni e Carlo Carrà, il musicista Luigi Russolo.

L’Acerba è il titolo d’una rivista quindicinale in otto pagine, che uscirà ai primi del gennaio in Firenze a cura di Giovanni Papini, Ardengo Soffici, Italo Tavolato ed altri compilatori. I nostri amici vi porranno i loro sfoghi e le loro confessioni più libere ed anarchiche. La rivista esce presso lo Stabilimento tipografico Attilio Vallecchi”(Giuseppe Prezzolini, 1912). Queste pagine non hanno affatto lo scopo né di far piacere, né d’istruire, né di risolvere con ponderatezza le più gravi questioni del mondo. Sarà questo un foglio stonato, urtante, spiacevole e personale. Sarà uno sfogo per nostro beneficio e per quelli che non sono del tutto rimbecilliti dagli odierni idealismi, riformismi, umanitarismi, cristianismi e moralismi” (Lacerba, 1 gennaio 1913). Una delle più importanti riviste d’avanguardia di tutti i tempi. Quindicinale, stampato in caratteri rosso mattone ed in seguito neri, il titolo fu ideato da Soffici su ispirazione del celebre sonetto trecentesco di Cecco d’Ascoli intitolato L’Acerba, del quale riprese nella testata il verso «Qui non si canta al modo delle rane».

Brillano nella mostra  alla Leo Galleries di  Monza  le tele di Fortunato Depero con una delle opere dedicate al Caffè Irrera, di R. M. Baldessari “Natura morta con Lacerba e Picasso” e Giulio D’Anna con  “Il merlo” e ancora“Comunicazione, pubblicità e progresso”.  E ancora  alcune tavole parolibere estetiche firmate da Filippo Tommaso Marinetti, tratte dal libro “Le mots et liberté futuristes”,due tavole parolibere di Depero eseguite a New York nel 1930 e la china su carta “Futur Alvino” del leccese  -amico mio carissimo- Mino Delle Site (Lecce 1914-Roma 1996) che altro non elogiava che il locale storico  di Alvino a Lecce in Piazza Sant’Oronzo. Fil rouge dell’antologica, con  tele e carte dagli anni Venti ai primi anni Trenta, è la parola,  e le lettere, non nella funzione comunicativa e parlata, ma come icone visive capaci di sconvolgere chiunque, specie i perbenisti. “In tutte le opere proposte in questa mostra la parola si fa immagine, non più solo da leggere ma da vedere. È la novità dei futuristi -dice  Maurizio Scudiero, uno degli  esperti italiani di Futurismo-. Tecnicamente si tratta di opere, specie quelle di Depero, che anticipano il Lettrismo, poi codificato da Isidore Isou nei primi anni ’40,la cui idea fondante era quella di rinunciare alleparole in quanto tali e sostituirle con onomatopee”. Per Depero la parola diventa elemento pubblicitario, l’arte capace di abbracciare ogni istante della vita, tanto che per l’artista “la strada sarebbe diventata la sola galleria per i futuristi”. Per Baldessari, la parola inserita a collage nel dipinto, conferma come lui avesse, tra i primi in Italia,“guardato” a Picasso ed ai suoi papier collée. Per D’Anna, invece, le parole sono evocative di messaggi e idee quasi aeree. E poi ci sono le parolibere di Marinetti, capaci di raccontare storie e situazioni anche attraverso le onomatopee,così come le tavole parolibere di Depero realizzate a New York nel 1930, che descrivono le montagne russe e il “tunnel dell’amore” nel lunapark di Coney Island. E’ certa la  ossigenazione delle idee che avviene  tra artisti futuristi  e letterati, tra questi artisti rivoluzionari dello scrivere  che vogliono  abbattere il clima della tradizione e del borghesismo. In questo senso la rivista Lacerba visse una gloriosa guerra di idee,  e  una rivista che si propose come spregiudicata e agguerrita non potè  tuttavia non tener conto della novità più dirompente e rumorosa di quegli anni, e cioè il movimento futurista milanese, attivo già dal 1909. E difatti Marinetti, Boccioni, Russolo e Carrà, i primi attori del futurismo milanese, eleggono «Lacerba» organo del loro movimento, utile strumento per diffondere le loro idee e le loro imprese. Tuttavia Papini e Soffici mantengono una posizione più defilata rispetto a Marinetti e ai suoi; l’articolo Il cerchio si chiude del 15 febbraio 1914 manifesta con chiarezza le divergenze inconciliabili, soprattutto in materia di rappresentazione artistica, tra il gruppo fiorentino e quello milanese. La rivista continuerà ad ospitare articoli, manifesti, testi paroliberi dei seguaci di Marinetti, ma le strade tra il gruppo fiorentino e i milanesi saranno ormai irrimediabilmente divise. E questa mostra splendida,  con preziosi capolavori futuristi  la dobbiamo anche  all’Archivio Depero, all’Archivio Futuristi Siciliani e alla Fondazione Berardelli di Brescia.

Carlo Franza

 

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