A 25 anni dalla morte di Leonor Fini, pittrice surrealista, ma anche costumista, scenografa, incisore, illustratrice e scrittrice di fama e frequentazioni internazionali, a Trieste, al Polo museale del Magazzino 26 in Porto Vecchio,  ecco la mostra multimediale di pittura, luce, musica e percezione olfattiva, intitolata “Leonor Fini. Memorie triestine”,  dal 26 giugno al 20 agosto 2021.  Una rilettura del tutto inedita della personalità e della creatività dell’artista (Buenos Aires 1907 – Parigi 1996), analizzando il suo intenso e fondamentale rapporto con la città d’origine della madre,  Trieste appunto, dove Malvina Braun condusse la figlia all’età di un anno e dove Leonor si formò sul piano artistico culturale e su quello umano e personale fino all’età di circa vent’anni, rimanendovi sempre molto legata.
La rassegna è promossa dall’Associazione Foemina APS in coorganizzazione con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Trieste, in collaborazione con la Biblioteca Statale Isontina di Gorizia, con l’Assessorato alla Cultura del Comune di Laveno-Mombello (Varese) e il MIDeC – Museo Internazionale del Design Ceramico di Laveno-Mombello e la Media partnership del quotidiano Il Piccolo/GEDI Gruppo Editoriale. Grazie a una ricca sequenza di testimonianze per la maggior parte inedite e rare (disegni, dipinti, acquerelli, incisioni di Leonor, documenti, libri, affiche, lettere, una sezione filmografica curata dal regista belga Yves Warson, video interviste, abiti appartenuti all’artista e un approfondimento sul piano letterario e grafologico della sua personalità), l’esposizione rivela, oltre al risvolto più intimo e privato della Fini, anche un approfondimento sul clima culturale della Trieste del Novecento. Qui lei visse nella casa materna, sempre in compagnia di un gatto, che sarebbe divenuto poi il leitmotiv principe della sua arte, e a stretto contatto con il colto milieu internazionale e d’avanguardia che connotava la città all’epoca, frequentando assiduamente personaggi triestini suoi coetanei, che sarebbero divenuti famosi a livello internazionale, quali per esempio il futuro gallerista Leo Castelli, il famoso critico, estetologo e artista Gillo Dorfles, Bobi Bazlen, il grande traghettatore della letteratura dell’Est europeo in Italia, e il pittore Arturo Nathan, accanto a Italo Svevo e Umberto Saba. Di particolare interesse, in mostra, sono il video con le interviste inedite della curatrice sulla Fini a Dorfles, a Daisy, la sorella di Nathan, e ad altri personaggi che la conobbero e la sezione dedicata alle porcellane decorate da Leonor, finora mai citate nei numerosi cataloghi dedicati all’artista.
La mostra, già presentata con successo all’Istituto Italiano di Cultura di Bruxelles, dove la Fini è molto nota, essendo stata legata ai Surrealisti francesi, il cui linguaggio vanta in Belgio protagonisti internazionali quali Magritte e Delvaux, sarà allestita, dopo Trieste, a Parigi, dove la pittrice si trasferì ventitreenne, guadagnando largo consenso e rimanendovi fino alla morte. Come nelle altre sedi, la vernice sarà sottolineata da una performance multimediale di luce e musica e, a Trieste, anche olfattiva, ispirata alla Fini e creata site speci?c da Accerboni. Sarà realizzata una macroproiezione luminosa, mentre il musicista italo-brasiliano Paolo Troni interpreterà dal vivo alcune sue composizioni inedite ispirate a Leonor e concepite espressamente per la rassegna, che saranno diffuse quale colonna sonora all’interno della sede espositiva durante tutta la durata dell’esposizione. Verrà inoltre creato un profumo dedicato alla pittrice, intitolato “Lolò”, il soprannome con cui tutti, amici e famigliari, la chiamavano a Trieste nel suo periodo giovanile, e l’essenza verrà diffusa in mostra, rappresentandone la “colonna olfattiva”.
L’esposizione si situa in un ciclo di manifestazioni, ideato e curato da Accerboni e dedicato a personaggi internazionali della cultura triestina del ‘900, iniziato con la mostra Arturo Nathan. Silenzio e luce, concepita per celebrare il pittore anglo-indo-triestino, grande amico di Leonor e di Dorfles, e proseguito con l’Incontro multimediale con Umberto Saba per ricordare il centenario dell’inizio dell’attività a Trieste della libreria di uno dei maggiori poeti italianidel ‘900, e con la mostra “Il segno rivelatore di Gillo”, dedicata al grande critico e pittore triestino. Il percorso proseguirà il prossimo anno a Parigi con la mostra sulla Fini, per testimoniare anche il particolare milieu culturale d’avanguardia e cosmopolita della Trieste del primo Novecento e tra le due guerre. Nathan, Saba, Dorfles e la Fini sono infatti delle personalità che negli anni Trenta si conobbero e si frequentarono a Trieste assieme a Bobi Bazlen, Leo Castelli e Svevo, prima di decollare verso l’internazionalità. Tutte le manifestazioni del ciclo presentano un’impronta multimediale, proponendo a ogni inaugurazione una diversa performance di luce e musica, creata da Accerboni site specific per ogni sede.
In mostra sono presenti una sessantina tra disegni, acquerelli, oli, chine e incisioni, quasi tutti inediti, e un rarissimo libro contenente 49 riproduzioni di straordinari disegni a colori, in cui la Fini reinterpreta la figura del gatto, che lei considerava una sorta di divinità, in chiave favolistica, trasformando i felini nei personaggi più disparati, come in una sorta di inesauribile, magico racconto fantastico. Tra le opere esposte compaiono i lavori donati da Leonor alla cugina triestina Mary Frausin, cui l’artista era legatissima, e la ricca collezione di opere – molte fuori commercio e prove d’autore – regalate all’amico triestino Giorgio Cociani, al quale la pittrice era unita dalla passione per i gatti e con il quale aveva intrattenuto per circa vent’anni una fitta corrispondenza. E quasi una trentina fra lettere e cartoline inedite, spesso “istoriate” dall’artista con disegni e collage, inviate a Cociani, vengono ora esposte accanto a importanti e rari libri d’arte a lei dedicati, affiche di sue prestigiose personali, documenti, foto e a una vasta e pluridecennale rassegna stampa italiana e straniera, che sarà consultabile dai visitatori. Presenti inoltre alcune lettere di Nathan, alcuni stralci di lettere di Gillo Dorfles, altra corrispondenza e una decina di preziosi capi d’abbigliamento appartenuti alla Fini.
Lungo il percorso espositivo sono messi in dialogo anche tre dipinti molto importanti: uno della Fini, uno di Nathan e uno di Dorfles, a testimoniare simbolicamente la loro affinità elettiva, la pittura introspettiva e visionaria che li accomunava e la loro grande amicizia. Nella stessa ottica di approfondimento e comparazione delle tre personalità, sarà esposta un’indagine grafologica e letteraria dei loro scritti. Di grande interesse anche la sezione che comprende una ventina di rare porcellane e bozzetti con motivo di figure femminili mascherate e maschere carnevalesche policrome, decorate intorno al ’51 mediante decalcomanie tratte da disegni della Fini per la Società Ceramica Italiana (S.C.I.) di Laveno-Mombello (Varese): una vera chicca, poiché finora tali manifatture non sono mai state citate nei numerosi cataloghi dedicati all’artista. A completare il percorso ci sono un video ideato dalla curatrice con interviste inedite a parenti e amici triestini della Fini – tra quest’ultimi Gillo Dorfles e Daisy Nathan, sorella del pittore – e una sezione filmografica curata dal regista belga Yves Warson.
In occasione della mostra verranno istituiti un Premio di pittura, che sarà attribuito a una giovane promessa dell’arte, un Premio per la migliore illustrazione ispirata all’opera della Fini, che fu anche una raffinata illustratrice, e un Concorso per bambini, in cui verrà premiata la migliore interpretazione della figura del gatto, personaggio cardine della creatività di Leonor. Nel contesto della rassegna avranno luogo numerosi eventi collaterali, visite guidate e laboratori dedicati ad adulti e bambini, sempre ispirati alle sue opere. Tra gli appuntamenti di approfondimento, uno vedrà protagonista Cristina Battocletti, giornalista de Il Sole 24 Ore, esperta di cultura triestina e del Nord Est, un altro, Lilly Frausin, cugina di Leonor, che sarà intervistata dalla curatrice. Altri incontri avverranno con Maria Grazia Spirito, già direttrice del MIDeC – Museo Internazionale del Design Ceramico di Laveno Mombello (Varese), che illustrerà le porcellane decorate con i disegni della Fini e prodotte dalla Società Ceramica Italiana della cittadina lombarda, e con Mauro Galli, presidente dell’Associazione Grafologica Italiana – sezione di Trieste, che verterà sulla grafia e quindi sulla personalità della Fini in rapporto alle grafie e al temperamento degli amici Nathan e Dorfles; un ulteriore approfondimento sarà svolto da Cristina Benussi, già direttore del Dipartimento di Lingue e Letterature straniere e preside della Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università di Trieste, che parlerà della valenza letteraria di Leonor, che fu anche scrittrice e autrice di due poemi, la cui lettura scenica sarà oggetto di un altro appuntamento collaterale. Sono previsti inoltre laboratori di fumetto per bambini e d’illustrazione per adulti con Paola Ramella, disegnatrice triestina di fama internazionale e titolare della Scuola Zerocinque.
Nell’ambito del progetto espositivo verrà editato un volume, curato da Accerboni, in cui saranno pubblicate tutte le opere esposte, il carteggio inedito con l’amico triestino Giorgio Cociani e con altri personaggi e un approfondimento ragionato sui temi sviluppati nell’esposizione. Al libro sarà annesso il video delle interviste integrali e inedite della curatrice sulla Fini.

Leonor Fini.  Nata a Buenos Aires nel 1907 da padre di origini beneventane e madre triestina di origine tedesca, Leonor Fini si formò artisticamente nei primi vent’anni della sua vita nel fervido e vivace milieu culturale della Trieste dell’epoca, sospeso tra pensiero mitteleuropeo e suggestioni italiane, a contatto con personalità di livello internazionale. Nella sua città, in cui nel 1969 il Gruppo giuliano cronisti le avrebbe conferito il San Giusto d’Oro, aveva stretto grande amicizia con i pittori Arturo Nathan, Carlo Sbisà ed Edmondo Passauro, ritrattista e pittore di figura che in quegli anni influenzò notevolmente la sua ispirazione e la sua maniera. Dopo aver raffigurato, secondo uno stile ancora sul filo della tradizione, personaggi eminenti della città giuliana, a Milano Leonor assimilò l’influenza novecentista grazie all’incontro con il classicismo di Achille Funi e con il tonalismo di Carlo Carrà e Arturo Tosi. Trasferitasi nel 1931 a Parigi, abbandonò tale riferimento linguistico, per divenire in breve una delle più importanti, significative e raffinate rappresentanti del Surrealismo, in seguito anche al fatale contatto con pittori quali Giorgio de Chirico, Alberto Savinio, Filippo de Pisis, Massimo Campigli e con i Surrealisti d’oltralpe. Fu autrice di un lessico molto personale e pervaso d’inquietudine, assai apprezzato da critica e pubblico in un’epoca in cui non era facile per le donne operare nel campo dell’arte, a causa di molti pregiudizi. Inseritasi nell’élite parigina, grazie anche all’amico scrittore e drammaturgo André Pieyre de Mandiargues e a de Pisis, venne presto a contatto con André Breton, poeta, critico d’arte e teorico del Surrealismo, e con il suo ambito, cui era accomunata dal piacere per la simbologia onirica e per il fantastico, che sapeva esprimere con delicatezza, grande personalità ed eleganza decorativa. Legatissima a Trieste e alla figura materna, Leonor, donna dai molti amori, mantenne comunque per quasi quarant’anni – secondo un personale concetto di fedeltà – una triangolazione affettiva stabile con il diplomatico e pittore Stanislao Lepri e con l’intellettuale polacco Kostantin Jelenski, con i quali condivise la propria abitazione parigina fino alla loro morte. Da allora si isolò volontariamente, ritirandosi più tardi in una fattoria a St-Dyé sur Loire, fino alla sua scomparsa, avvenuta nel ’96 a Parigi.Oltre alle numerose e importanti esposizioni a lei dedicate in Belgio (1965), Italia (1983, 2005), Giappone (1972-’73, 1985-’86, 2005), USA (Weinstein Gallery, S. Francisco 2001-2002, 2006, 2008; CFM Gallery, New York 1997, 1999), Parigi ha ospitato sue importanti personali alla Galleria Minsky (dal 1998 al 2002, nel 2004 e 2007 e dal 2008 a oggi). In Germania è stata presente nel 1997-’98 al Panorama Museum di Bad Frankenhausen (Turingia).
In Italia sue opere si trovano al Museo d’Arte Moderna Revoltella di Trieste, Collezione Peggy Guggenheim di Venezia, Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea e Museo Mario Praz di Roma, Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Palazzo Massari di Ferrara. In Francia: a Parigi al Museo d’Arte Moderna della Città di Parigi, Centre Georges Pompidou e Teatro Nazionale dell’Opera; al Museo di Grenoble. Una mostra permanente e uno spazio rievocativo a lei dedicati sono ospitati dal 2008 al Museo-Hospice Saint-Roch di Issoudun in Francia. È presente in Belgio al Museo d’Arte Moderna di Bruxelles, in Svizzera al Museo di Arte e Storia di Ginevra, in Inghilterra alla Tate Modern di Londra, in Giappone al Miyazaki Prefectural Art Museum di Miyazaki, negli Stati Uniti all’Art Institute di Chicago.

Carlo Franza

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