Giuseppe Diamantini pittore e incisore. Dalle Marche a Venezia. La mostra alla Pinacoteca Civica di Fossombrone.
L’esposizione dedicata a Giuseppe Diamantini, a lungo operoso tra le Marche e il Veneto durante la seconda metà del Seicento, è aperta Fossombrone (PU), Pinacoteca Civica e chiesa di San Filippo fino al 17 ottobre 2021.Vale la pena vederla, credetemi. Per l’occasione una delle opere esposte è stata sottoposta a un intervento di restauro conservativo sotto la direzione della Soprintendenza.
L’esposizione dedicata a Giuseppe Diamantini nella città natale di Fossombrone ha il pregio di restituire una nuova veste scientifica e al contempo di alta divulgazione alla produzione pittorica e grafica dell’autore (Fossombrone, 7 ottobre 1623 – 11 novembre 1705), a lungo operoso tra le Marche e il Veneto durante la seconda metà del Seicento.
L’attività di ricerca e le operazioni di tutela conservativa, condotte anche in occasione della mostra – promossa dal Comune di Fossombrone e curata da Anna Maria Ambrosini Massari, Marina Cellini e Marco Luzi – hanno permesso di indagare in maniera approfondita il contesto di formazione del pittore e di acquisire nuovi dati conoscitivi sulle opere d’arte, che saranno presentate al pubblico con acquisizioni finora inedite nelle due sezioni allestite presso la chiesa di San Filippo e la Pinacoteca Civica.
L’indagine archivistica ha riportato alla luce nuovi documenti, a partire dalla data di nascita e dal testamento di Diamantini, che unitamente alle lettere autografe conservate nel Fondo Ubaldini della Biblioteca Civica di Urbania consentono ora di valorizzare in maniera più puntuale la prima attività dell’artista, anche attraverso i rapporti con la committenza, mediante l’intercessione di alcuni personaggi eminenti come padre Michelangelo Azzi, rettore dell’ordine dei Filippini a Fossombrone.
Le opere scelte per l’occasione sono esemplificative della multiforme produzione di Diamantini, rappresentata da trentaquattro dipinti a olio su tela, da un corpus significativo di disegni (Studio per Venere e Cupido, pietra rossa) provenienti dal fondo storico della Biblioteca Civica di Urbania e da una sezione di trentasei incisioni (Pleiade, acquaforte), che testimoniano l’inclinazione dell’autore nell’esercizio della grafica, nella quale ebbe una fortuna internazionale.
Il linguaggio stilistico di Diamantini, che si potrà apprezzare dal vivo nel percorso dalle opere iniziali a quelle della maturità (di provenienza pubblica e privata), rivela la conoscenza dei prototipi del conterraneo Francesco Guerrieri e della scuola bolognese – in particolare di Simone Cantarini – in rapporto ai quali egli matura un linguaggio autonomo e originale, sul quale incide il fascino della pittura di Guido Cagnacci e il confronto con la scuola pittorica veneziana dell’epoca, rappresentata in particolare dalla pittura di Pietro e Marco Liberi.
Il soggiorno veneziano di Diamantini dalla metà circa del Seicento, qui documentato dalla pala d’altare raffigurante l’Adorazione dei Magi (Venezia, chiesa di San Moisè – foto Diocesi di Venezia) e in mostra da alcune opere “da stanza” di tema biblico, allegorico e mitologico, ebbe una notevole importanza per l’evoluzione della sua carriera e gli valse il riconoscimento del cavalierato di San Giorgio, registrato dalle fonti dell’epoca, a testimonianza della fortuna goduta presso una committenza di respiro internazionale.
La fortuna di Diamantini si lega, in particolare, all’attitudine a coniugare l’eleganza del suo linguaggio d’impronta classicista a una modellazione morbida e sfumata delle carni e a un’espressività di estetica barocca, che incontra il favore del collezionismo del tempo, particolarmente sensibile alle tematiche bibliche e mitologiche nelle quali viene esibita la sensualità del nudo femminile.
Le peculiarità dell’artista si possono apprezzare al meglio in alcuni dipinti a olio su tela, come San Giorgio e l’angelo (Fossombrone, chiesa di San Filippo), Agar e l’angelo (Pesaro, collezione privata), la Maddalena penitente (Padova, Musei Civici, Museo d’Arte Medioevale e Moderna – foto Comune di Padova) e Betsabea al bagno (Comelico Superiore, chiesa parrocchiale della Madonna della Salute e di San Leonardo, Casamazzagno / Belluno– foto di Mariangela Mattia).
In merito all’ultima opera citata, appartenente alla Diocesi di Belluno e Feltre, appare rilevante segnalare in questa sede che l’opera è stata nell’occasione sottoposta a un intervento di restauro conservativo finanziato dal Comune di Fossombrone e condotto da Mariangela Mattia sotto la direzione della nostra Soprintendenza.
Il dipinto, di recente scoperto e pubblicato da Letizia Lonzi, documenta l’attenzione rivolta dai curatori della mostra alle opere del territorio, e potrà pertanto essere esposto al pubblico in una veste rinnovata, grazie all’intervento di revisione estetica che ha interessato la superficie pittorica.
La pellicola presentava uno strato di depositi incoerenti, di vernice opacizzata e alcune stuccature alterate – localizzate in corrispondenza di alcuni danni al supporto tessile e risalenti a una manutenzione degli anni Sessanta del secolo scorso – che impedivano la ricezione ottimale dell’opera.
L’intervento di restauro di Mariangela Mattia, condotto in chiave espositiva, ha pertanto richiesto una leggera pulitura e la revisione delle stuccature più estese e debordanti, rimosse e risarcite con un nuovo ritocco a tratteggio e un’attenta ricucitura dei passaggi chiaroscurali, (riprodotte su gentile concessione di Mariangela Mattia), finalizzata a restituire quella particolare morbidezza degli incarnati, tipica della pittura di Diamantini, che era stata depauperata da una energica pulitura del passato.
In occasione della mostra sono stati inoltre restaurati altri dipinti, tra i quali si segnalano il Putto dell’Accademia dei Concordi di Rovigo, Ester e Mardocheo della Pinacoteca Civica Faenza, oltre a quelli ubicati nelle Marche, a partire dalla pala del Duomo di Fossombrone, raffigurante la Madonna con il Bambino, i santi Bartolomeo, Caterina d’Alessandria e le anime purganti.
Carlo Franza