La mostra di Piero Piangerelli, artista lauretano, aperta nelle Cantine del Bramante del Palazzo Apostolico di Loreto,  e visitabile fino al  31 ottobre 2021,  accoglie un programma  poetico di ricerca  che vive una traiettoria, lungo l’intero secondo novecento,  che appartiene a un clima culturale intimistico, per via di uno svolgimento  di compiutezza  espressiva dovuta a un’invenzione di ritmi, di verdezza giovanile, di filtri magici accompagnati dall’intelligenza squisita,  di una letterarietà formale  e stilistica che lo apparenta  in uno specchio che guarda   specie  a Klee e a  Licini,  e talvolta anche  a Picasso e  Kandinsky, e altri grandi del Novecento.

Forme, tracce, simboli, crudi e leggeri, corposi e raffinati, catturati da un giardino effervescente a volte mistico, a volte popolare e figurativo, e con un paesaggio improprio di sogno-simbolo in una luce tutta espressa ed evidente. Ma quel suo paesaggio memoriale, fatto di ricordi, si astrattizza e si semplifica come in uno specchio, nella coscienza interiore, in uno stato psicologico.  Qui da mille opere su carta e non, ma anche su dipinti e installazioni varie, trasuda l’incanto fantasmagorico del paesaggio dell’anima, con fronde meravigliose, accensioni stellari, vallate e alberi, una natura a metà strada tra la realtà e il simbolo dello spirito, che lasciano pensare alle poesie onofriane con il sonno degli alberi e le verdure in sogno. Questo paesaggio fisico delle immagini e il suo crudo e miracoloso trasmutarsi in simbolo, ha una sua musica  visiva  originale, per numeri e ritmi,   che esplora un sentimento iconico contemporaneo, fondativo e vitale,  acceso dal controllo dell’intelligenza,  dal valore mistico ed evocativo delle immagini.   Questo è uno dei segreti che pervade la creatività di Piero Piangerelli, che ha lavorato sempre in autonomia, nella felice fisicità delle cose create, per cogliere tutto il senso di questa poesia delle immagini, ritagliate quasi con ingenuità e popolaresco, pur in tutta la squillante certezza della realtà, lievi e colorate immagini di terra e di cielo. Da poeta Piangerelli costruisce un mondo elegante e ingenuo, con brio e anche una tecnica in apparenza semplice, fatto di geometrie, giochi, paesaggi fiabeschi, storia elementare; raggiunge lo stupore di quella zona infantile che fu già di Klee, con mezzi apparentemente semplici, ovvero il disegno e il collage, ma più raffinati e complessi. Disegni, appunti, tracce, schizzi, libri nella cui “realtà vince il sogno” evidenziano una silenziosa ansia, il dono della spontaneità, il popolaresco come approssimazione decadente. Ragione estetiche offrono una chiarificazione agli impulsi morali, un argine alla spontaneità del sentimento che si racconta con queste immagini. Il moto della pittura e del disegno di Piangerelli, tratto da questa mostra bellissima,  tipicizza il suo mondo in un clima isolato, un po’ decentrato, pur rivolto alla nostalgia  di un’età  di nobili tradizioni novecentesche, dove il vivere  in una periferia culturale  fa sì che le esigenze e le esperienze contemporanee  non arrivano o non si depositano, e pur tuttavia  Piero Piangerelli ha aperto un valico  svelando un colore estetizzante e soprattutto  un descrittivismo-concreto, meditativo e misterioso, autobiografico, con un esercizio  di depurazione del sentimento e del linguaggio poetico.

Carlo Franza

 

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