Badiucao con “la Cina non è vicina”. L’artista dissidente noto come il Banksy cinese in mostra al Museo di Santa Giulia a Brescia.
Il Comune di Brescia e la Fondazione Brescia Musei, presieduta da Francesca Bazoli e diretta da Stefano Karadjov, presentano per la prima volta in Italia un nuovo progetto espositivo dell’artista dissidente cinese, residente in Australia, Badiucao (Shangai, Cina, 1986): la mostra La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente, a cura di Elettra Stamboulis, aperta fino al 13 febbraio 2022 negli spazi espositivi del Museo di Santa Giulia di Brescia. La mostra rappresenta l’evento di punta del Festival della Pace, organizzato dal Comune e dalla Provincia di Brescia. L’evento, giunto alla sua IV edizione, vanta ad oggi il Patrocinio del Parlamento Europeo e di Amnesty International. L’esposizione La Cina (non) è vicina. BADIUCAO – opere di un artista dissidente è la prima personale dedicata a Badiucao, pseudonimo dell’artista-attivista cinese noto per la sua arte di protesta, attualmente operante in esilio in Australia. Il percorso espositivo ripercorre l’attività artistica di Badiucao, dagli esordi alle opere più recenti che sono nate in risposta alla crisi sanitaria innescata dalla pandemia di Covid-19.
Badiucao, spesso conosciuto come il Banksy cinese, si è affermato sul palcoscenico internazionale grazie ai social media, coi quali diffonde la propria arte in tutto il mondo – il suo account twitter @badiucao è seguito da più 80 mila persone -, e sfida costantemente il governo e la censura cinese. La sua vocazione artistico-politica nasce nel 2007, quando, studente di Legge all’Università di Shanghai vede il documentario The Gate of Heavenly Peace, un girato clandestino diretto da Carma Hinton e Richard Gordon sulle proteste di Piazza Tienanmen. L’artista sviluppa una ferma decisione di esprimersi in prima linea contro ogni forma di controllo ideologico e morale esercitato dal potere politico, a favore della trasmissione di una memoria storica non plagiata. Il suo impegno politico si realizza, infatti, nella creazione di campagne partecipative, affissioni in luoghi pubblici, illustrazioni e attività online, spesso costruite con un linguaggio visivo che evoca ironicamente lo spirito pop della propaganda comunista, ricalcandone lo stile grafico, i colori e i toni. Grazie al suo blog, ai social media e a campagne di comunicazione organizzate, Badiucao dall’Australia ha portato avanti la propria attività di resistenza, diventando l’unico canale non filtrato dal controllo governativo capace di trasmettere i racconti dei cittadini di Wuhan durante il lockdown del 2020. Nel 2020 gli è stato conferito dalla Human Rights Foundation il Premio Václav Havel Prize for Creative Dissent, destinato ad artisti che creativamente denunciano gli inganni delle dittature. Elettra Stamboulis, curatrice della mostra, commenta: “Il lavoro di mappatura degli artisti dissidenti, attivisti politici e visualmente militanti, continua con questo progetto espositivo: al centro la poetica dell’artista cinese che collabora con i movimenti del tè al latte. Il Milk tea Alliance è formato da Net Citizen che operano ad Hong Kong, Taiwan, Thailandia e Birmania. Sono tra gli artefici e promotori delle più importanti manifestazioni per la democrazia e i diritti umani in Estremo Oriente, e Badiucao è il loro artista”.
Tanti i temi affrontati dalla mostra nelle diverse sezioni allestite. Dalle opere pittoriche e multimateriali che testimoniano le violazioni dei diritti umani, alla censura inflitta ai cittadini cinesi sul tema Covid-19, dalla repressione del dissenso in Myanmar durante il colpo di stato militare del 2021 al tema dell’assimilazione culturale forzata degli Uiguri, fino al dettagliato racconto in chiave artistica delle proteste degli ultimi anni che hanno visto la popolazione di Hong Kong battersi per contrastare la linea politica governativa a Hong Kong.
“La Fondazione Brescia Musei sta preparando in queste settimane un nuovo importante evento espositivo, dedicato al rapporto tra arte contemporanea e diritti”, afferma Stefano Karadjov, direttore della Fondazione Brescia Musei. “Questa volta la mostra dedicata al dissidente cinese Badiucao, esule in Australia da una decina di anni e mai esposto in Occidente, sarà una vera e propria rivelazione fatta di installazioni multimateriali, tele, opere grafiche e cartoon. Ciò che rende davvero importante questo impegno è che l’artista stesso è presente a Brescia per l’allestimento delle proprie installazioni e per il fitting del set up agli spazi che sarà particolarmente originale visto che l’arte di Badiucao attraversa i generi e ammicca alla iconografia della propaganda rivelando però un’ironia tagliente espressa nei colori e nei toni pop e in uno stile grafico incredibilmente moderno. Una vera rivelazione, che aspetta da metà novembre il pubblico italiano a Brescia nuovamente al centro della discussione attorno ai temi del contemporaneo”. Con questo nuovo progetto Fondazione Brescia Musei, insieme al Comune di Brescia, prosegue il percorso iniziato nel 2019 con la mostra “Avremo anche giorni migliori. Zehra Dogan. Opere dalle carceri turche”, nella quale l’artista curda, attraverso l’esposizione di una sessantina di opere inedite, ha intersecato e intrecciato la propria vicenda personale con i drammatici eventi politici della più stringente attualità, evidenziando la relazione tra opere contemporanee e diritti umani. Dopo il successo di Brescia, una selezione di opere di Zehra Doğan è stata esposta nel 2021 al PAC – Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano.
Un format espositivo dedicato alla narrazione del contemporaneo attraverso l’arte, un dialogo grazie al quale vengono interpretati i più significativi fenomeni storici attuali. Arte contemporanea e diritti umani trovano quindi un punto di sintesi nella rivelazione di artisti dissidenti e attivisti, per lo più inediti in Occidente. “Fondazione Brescia Musei ha intrapreso un paio di anni fa un percorso dedicato alla comprensione dell’arte contemporanea quale forma di espressione particolarmente forte e simbolica delle sofferenze vissute nei contesti in cui la libertà di parola, di espressione, di movimento è limitata o fortemente violata”, dichiara Francesca Bazoli, presidente della Fondazione Brescia Musei. “Questo format, che ci permette ogni anno di esporre un artista che opera in quadranti geopolitici impegnativi, consente alla nostra istituzione di definire al meglio una voce autonoma e autentica nel panorama italiano dell’arte contemporanea. Sono dunque particolarmente felice che ci accingiamo a replicare l’esperienza estremamente positiva già avviata con Zehra Doğan nel 2019, con un altro artista nuovamente giovane, inedito in occidente e colmo di passione civile e coraggio”.
“A ormai solo poco più di un anno dal 2023, quando Brescia – assieme a Bergamo – avrà l’onore e l’onere di mostrarsi a tutto il Paese e oltre come Capitale Italiana della Cultura, appare non solo giusto ma direi doveroso che la nostra città prosegua, con la mostra dedicata a Badiucao, quel percorso iniziato con la mostra di Zehra Dogan e teso a sottolineare l’indissolubile legame tra arte e libertà”. Così afferma la Vicesindaco e Assessore alla Cultura Laura Castelletti, aggiungendo che “la libertà di creare è un diritto fondamentale come quello di parola, di cui non è che una diversa forma espressiva. In questo senso, va accudita e tutelata in quanto risorsa per ogni democrazia e per le comunità. Brescia non vuole solo essere capitale della cultura, ma capitale di culture, aperte, libere, plurali. Accogliere e conoscere più da vicino l’opera di Badiucao ne è una straordinaria conferma”. “La mostra dedicata a Badiucao è il secondo momento di un percorso, iniziato con Zehra Doğan, con un profondo significato”, commenta Roberto Cammarata, Presidente del Consiglio del Comune di Brescia. “Il Festival della Pace, questa sarà la IV edizione, ha travalicato i confini di Brescia proprio grazie alla forza comunicativa dell’arte di Zehra Doğan. Ora, con Badiucao, daremo ancora una volta spazio, voce, riconoscimento e visibilità a chi vede i propri diritti violati, a chi ha perso la sua libertà, ma ha tanto da dire anche a noi. Il lavoro di Zehra passa nelle mani di Badiucao come un testimone e, allo stesso modo, la nostra voce si fa testimonianza per permettere a questo messaggio di diffondersi, facendo arrivare lontano la voce di tutti coloro che non possono parlare. A questo proposito, il nostro pensiero non può che andare a Patrick Zaky: durante il Festival verrà assegnato per la prima volta il premio Brescia Città della Pace, che quest’anno sarà dato proprio a lui. Non potendolo ritirare personalmente perché incarcerato in Egitto, riceverà il premio Riccardo Noury, portavoce di Amnesty International Italia”.
Carlo Franza