L’olandese Annalies Blaam dipinge seconde e terze di copertina. La mostra alla Piscina Comunale di Milano.
Le occasioni, le mostre, che ci porge, di tanto in tanto, questo spazio vitale per la cultura a Milano, vale a dire “Piscina comunale” diretto da Adriano Pasquali -artista anch’egli- in cui giornalmente si avvicendano per fotocopie professori e studenti delle Facoltà in Città Studi, specie dal Politecnico, mostra in piena rotazione artisti che arrivano a Milano da ogni parte del mondo. E vi arrivano con le loro opere. Non è la prima volta che qui notiamo le opere dell’olandese Annelies Blaam di Eindhoven (una città di 227.100 abitanti nella provincia del Brabante Settentrionale nei Paesi Bassi). La mostra dell’artista oggi ha un titolo semplice e curioso, “seconda e terza di copertina” e si tiene da Piscina Comunale in Via Campiglio 13 a Milano. Chi ha dimestichezza di libri sa che le seconde e terze di copertina sono spesso pagine bianche o talvolta coperte con carte di pregio, oppure accolgono i risvolti della sovraccopertina in cui sono stampate la biografia dello scrittore o la sinossi del testo. Bene, Annelies Blaam che è artista di tutto rilievo, preziosa nel segno e nelle immagini, nei racconti che si allargano proprio negli interni delle copertine, invece di scrivere diari, questi appunti li dipinge; ecco figure che sono incontri, accensioni del quotidiano, fantasie in libertà, sguardi, smorfie, ritratti, interni, animali, ecc. Nei libri non c’è più il racconto e la storia, dei libri è rimasta la copertina che si è fatta storia e racconto, segno e disegno, colore e traccia di un vissuto ormai affidato alla china e alla macchia. Racconta l’artista: “Già da bambina sentivo il bisogno di razionalizzare i miei pensieri disegnando. Le tecniche sono migliorate, il disegno ha portato alla pittura e all’incisione, ma nella composizione di linee si può vedere che sono una disegnatrice, una disegnatrice che dipinge”. L’artista racconta e dipinge il mondo, quello a lei più vicino, ma è un mondo poco fiabesco, molto espressionista, dove l’esteriore è lì prima della poesia, e precede ogni parola, secondo pregressi lineari, nel senso che la pagina è molto costruita e nulla è lì per caso, ogni rettangolo e ogni quadrato è una sorta di giornata che appare secondo una filosofia nomade. Ho letto attentamente le sue copertine raccontate, disegnate e dipinte, in esse si svela e si rivela lo sguardo dell’artista sulle cose, sugli esseri, e tutto con molti sguardi, e ogni sguardo produce una cosa mutata, un altro essere, si dischiude un’altra via, un altro mondo. Nel vedere, Annelies Blaam raccoglie. Dice: “Linee. Sono affascinata dal gioco delle linee, ma poi nella mia forma, come se si ritagliassero, non posso fare altro, devo farlo. La capricciosità dei miei pensieri e l’immaginazione determinano il lavoro. A volte bolle da giorni e agisco impulsivamente. La pittura procede a scatti; un flusso vorticoso cerca una via d’uscita senza direzione…Continuo ad aggiungere storie e figure finchè l’estetica non riesce più a portarla. Allora l’opera è finita”. Beh, vi assicuro che finalmente vedo una mostra “nuova”, perché la carta ha la sua forza, disegnare è farsi depredare, e la linea non dice mai la stessa cosa del colore. Il mondo di Annelies Blaam rivela che la linea si rivela più potente del corpo.
Carlo Franza