L’ho conosciuto  e seguito per anni  quando apparteneva alla scuderia di Ada Zunino a Milano.  Un uomo vero, uno scultore  sensibile, un artista di  chiara fama. Ora in un percorso che unisce indissolubilmente le opere all’intensa biografia dell’artista, la galleria AreaB di Milano presenta fino al 2 maggio 2022 la mostra “Nado Canuti. Il lungo volo”, la personale raccoglie un corpus di circa quindici opere – tra sculture in marmo, ottone e bronzo, installazioni e collage – dello scultore senese.
Partendo da un focus antologico dedicato alle prime opere scultoree prodotte tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli anni Ottanta, si approda a opere inedite e di più recente creazione, quali collage, grandi sculture mobili da appoggio o appese al soffitto e opere da parete in cui la pittura – di impostazione quasi monocromatica – si contamina in tecniche miste pensate come bassorilievi.

La storia personale di Nado Canuti è imprescindibile per comprendere il suo percorso artistico e coglierne il messaggio e la cifra stilistica. Nato in provincia di Siena nel 1929, giovane uomo della Resistenza, nel settembre del 1943, mentre ancora ragazzino raccoglie armi da consegnare, uno degli ordigni recuperati gli esplode in mano comportando la traumatica amputazione della mano sinistra e di alcune dita della destra. Un incidente che segnerà la sua carriera artistica di un’impronta di malinconia, all’inizio, ma capace anche di determinare una reazione potente e di scatenare una costante ricerca di completezza e di gioia proprio nell’arte. Da qui l’evoluzione di Nado Canuti sembra svolgersi al contrario rispetto all’usuale: da un esordio di impronta espressionista e drammatica, fatto di figure magre e soggetti dove le mani non sono visibili, a un progressivo rasserenarsi e un crescente ottimismo – specie a seguito della nascita del figlio nel 1971 – testimoniato nei suoi lavori dall’alleggerirsi dei materiali, che passano dal cemento al ferro e ai materiali sintetici, e dall’ingresso prepotente del colore. Anche i soggetti rappresentati diventano nel tempo leggeri e raccontano la sua trasformazione da artista malinconico a sognatore.

In mostra si parte dalle opere scultoree, dove predominano il marmo rosa, il ferro e il bronzo, come in “Ricordo di un fiore” del 1981, “Simbolico verticolare” del 1982 e “Verticale grande fiore” del 1988, e si arriva a un corposo nucleo di opere inedite – datate tra la fine degli anni Novanta e l’inizio degli anni Duemila – costituito da una serie di sculture pendenti e dai collage toscani.
“Il gioco” del 1998 – nato dal concetto di scultura in movimento – apre la strada a una serie di opere la cui fisionomia può essere modificata dal fruitore.

Nei primi anni 2000 arrivano poi opere da parete di importanti dimensioni simili a dei bassorilievi, come “Lassù qualcosa che passa” e “Incontro di primo mattino”, dominate da un grande cielo monocromo: quello che va in scena è il dialogo tra la figura umana e l’uccello, animale nel quale l’artista si rivede rappresentato assieme al suo desiderio di superare gli ostacoli.

Presenti anche tre grandi installazioni che partono dal soffitto, tra cui “La Grande festa”, datata 2007-2008: lasciando cadere verso il basso lievi sagome colorate di figure umane e di uccelli, Canuti racconta la sua favola, tra colore e movimento, equilibrio e leggerezza.

Pur mantenendo sempre la sua predilezione per la scultura, l’artista crea negli ultimi anni dei collage e dei particolarissimi gioielli che richiamano alcune figure di altre sue opere. In mostra troviamo, del 2017, “Paesaggio toscano” e “Verso Siena”, nei quali la sovrapposizione dei materiali crea paesaggi in bilico tra figurazione e astrazione. La carta strappata manualmente mostra bordi irregolari, con una piacevole sensazione visiva materica. Si tratta di paesaggi toscani della zona intorno a Siena caratterizzati dalle terre scure.

Nado Canuti è oggi, all’età di 92 anni, un personaggio in grado di emanare entusiasmo ed energia, elementi sempre presenti nel suo messaggio artistico. Alla base del suo lavoro c’è la narrazione, storie che sembrano continuare da un’opera all’altra, anche attraverso la scelta dei materiali. Nelle sue opere resta il tema ricorrente del sogno, all’interno del quale ci si muove in un mondo dove l’impossibile diventa possibile. La mostra è accompagnata da un catalogo, edito da Vanillaedizioni, con testo critico di Alessandra Redaelli.

Carlo Franza

 

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