Dopo le mostre Materica (2003), Il disegno della scultura (2004), Il respiro e l’aria (2006) e …settanta (2011), a quattro anni di distanza dalla scomparsa dell’artista, con la mostra Marco Gastini  OTTO Gallery rende omaggio all’indimenticato maestro torinese con il quale la galleria nel corso del tempo si è identificata profondamente. La mostra, visitabile fino al 30 luglio 2022 realizzata in collaborazione con l’Archivio Marco Gastini (Torino) e curata da Nino Castagnoli, presenta un percorso espositivo scandito da tre sole grandi opere di carattere museale. Gastini si era affermato in pieno clima informale, sviluppando poi uno stile sempre più libero dalla materia, sintetizzando la sua ricerca fra segno, spazio e azzeramento cromatico.

Dipingere è un lavoro che sto facendo. Il fatto di usare la tela, e solo di certe dimensioni, quasi al limite dell’arco dello sguardo, è

stato causato tra l’altro proprio da un bisogno di concentrazione, cioè dal far coincidere al massimo l’azione, lo spazio, il pensiero, il tempo, il gesto e il bianco, che non è vuoto”. Poche parole, tratte da un’intervista di qualche anno fa, ma che tratteggiano con profondità l’approccio alla pittura e alla scultura di Marco Gastini, il grande artista torinese scomparso all’età di 80 anni nel 2018.

Emblematicamente rappresentative delle istanze che hanno attraversato l’opera di Gastini in tutto il suo percorso artistico, esse incarnano nozioni quali spazio, energia, tensione, coinvolgimento, grado di immersione, attrazione e repulsione, riflettendo le qualità di una ricerca artistica orientata al coinvolgimento dello spazio come luogo di azione della pittura.

Apre la mostra in prima sala Grande nero (1982), esposto per la prima volta alla Galleria Civica, Palazzina dei Giardini di Modena nel 1983, opera che diventa sinonimo di quell’immersione che il colore, in questo caso il pigmento blu oltremare sormontato dal nero, rende possibile,

consentendo lo smarrimento dell’osservatore nell’ambiente. Mentre le carrube disseminate insieme al carbone sulla superficie pittorica creano un rapporto dialettico col colore, stabilendo un campo di tensione nell’opera.  I materiali più differenti entrano infatti a far parte dell’opera con tutta la loro forza generativa in Marco Gastini, come in Oriens (1983), grande opera esposta alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna nel 1984 che campeggia in seconda sala, dove l’accostamento di piombo, ferro, carbone, plexiglas, legno e tela forma polarità diverse che danno origine a intensi flussi energetici. L’opera si trasforma così in una “polifonia di cui l’artista detiene il registro complessivo formale, con accurata calibratura e gestione dei pesi cromatici, ritmici e spaziali”. (B. Corà)

La pittura si frammenta e si espande nello spazio in terza sala con l’opera Nel volo…Roma (2003), presentata alla Fondazione VOLUME! di Roma nello stesso anno. E’ una pittura che prende corpo nello spazio tridimensionale e ne determina la metamorfosi. Le tele sembrano sostenersi da sé nel vuoto in una sospensione aerea che si riflette nel titolo. “La pittura si irradia, carica di tensione, in tutte le direzioni spaziali” e il supporto si “moltiplica in sequenze ritmiche di infinite variazioni: non più un solo ‘quadro’, ma decine, di varie dimensioni, colori, altezze, proprio come le note di una partitura musicale”. (S. Pegoraro)

Marco Gastini (Torino, 1938-2018). Ha esposto il suo lavoro in mostre personali in spazi espositivi privati e pubblici inGermania, Polonia, Svezia, Finlandia, Belgio, Olanda, Francia, Svizzera, Brasile e Stati Uniti. Ha presentato il suo lavoro alla Biennale di Venezia (1976, 1982) e in numerosi musei nazionali ed esteri, tra i quali: la Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco di Baviera, la Galleria Civica di Modena, il PAC di Milano, la Galleria Civica d’Arte Moderna di Bologna, la Galleria Civica d’Arte Contemporanea di Trento, i Kunstverein di Francoforte e San Gallo, l’Orangerie im Schlosspark Belvedere di Weimar, la GAM di Torino, il CAMeC di La Spezia, la Kunsthalle di Göppingen, il MAMbo di Bologna, Ca’ Pesaro di Venezia. Sue opere sono conservate in collezioni private, di fondazioni e istituzioni pubbliche, tra le quali si contano la GAM di Torino, il Museo del Novecento di Milano, il MAMbo di Bologna, il Mart di Rovereto (VAF-Stiftung), Il Centro per l’Arte Contemporanea Luigi Pecci di Prato, il Moderna Museet di Stoccolma e la Städtische Galerie im Lenbachhaus di Monaco.

 

Carlo Franza

 

 

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