La Fondazione Monte dei Paschi di Siena, attraverso la cura scientifica di Vernice Progetti Culturali ha ideato un progetto di mostra con opere d’arte provenienti dal patrimonio artistico di Banca Monte dei Paschi di Siena, la quale ha avuto, fin dalle sue origini, un rapporto molto stretto con l’arte e la cultura del suo territorio di riferimento.

Raccontare la storia dell’arte senese dal tardo Medioevo al Novecento, presentando al pubblico una serie di capolavori conservati nelle collezioni della Banca Monte dei Paschi di Siena: questo l’obiettivo della mostra che si terrà dal 15 settembre 2022 all’8 gennaio 2023 presso il Complesso Museale Santa Maria della Scala a Siena. Opere di  riconosciuti maestri  come Pietro Lorenzetti, Tino di Camaino, Stefano di Giovanni detto il Sassetta, Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, Domenico Beccafumi, Bernardino Mei, Cesare Maccari e Fulvio Corsini permetteranno di ripercorrere il secolare amore di Siena per le arti figurative, attraverso alcune grandi personalità artistiche capaci di affermarsi in patria e non solo, dando conto dello straordinario valore delle collezioni della Banca Monte dei Paschi di Siena, indissolubilmente legate alla città, alla sua memoria e ai suoi valori.

Le collezioni sono costituite da un numero impressionante di dipinti, sculture e arredi, per lo più di scuola senese dal XIV al XIX secolo, non senza interessanti incursioni sul Novecento italiano. Esse sono il frutto di una prolungata sedimentazione storica, avviata con vere e proprie committenze da parte di una pubblica istituzione fondata nel 1472, e proseguita in tempi più vicini a noi con importanti acquisizioni e con l’allestimento, negli anni Ottanta del secolo scorso, di veri e propri spazi museali nell’antica chiesa di San Donato, all’interno della sede storica di Piazza Salimbeni. La raccolta è stata peraltro incrementata grazie a nuclei di opere provenienti dalle banche incorporate nel corso degli anni e, particolarmente, con l’acquisizione di una parte della celebre Collezione Chigi Saracini di Siena: una delle più importanti collezioni private italiane che ancora oggi si conserva nel palazzo di Via di Città. Di tutto ciò la mostra offrirà una ponderata selezione, focalizzata sulle maggiori testimonianze di quella scuola senese che, per merito soprattutto dei grandi maestri del Trecento, è celebre in tutto il mondo.

Prodotta dalla Fondazione Monte dei Paschi di Siena, dal Comune di Siena e dalla Fondazione “Antico Ospedale Santa Maria della Scala” con il progetto scientifico e l’organizzazione a cura di Vernice Progetti Culturali-Impresa Sociale, la mostra è stata realizzata da Opera Laboratori con un allestimento sostenibile orientato su materiali e tecniche che limitano al massimo l’impatto sull’ambiente.

La selezione di opere presentate nella prestigiosa sede del Santa Maria della Scala, luogo identitaria e strategico di Siena, vuole rendere conto di un’impresa lungimirante che vede protagonista una delle banche più antiche del mondo.

Dalla seconda metà del XIII secolo Siena dette vita a una propria e peculiare scuola artistica, capace di identificarsi attraverso una certa cifra stilistica nel corso dei secoli e fino al Novecento. Attraverso un’accorta selezione delle testimonianze artistiche di proprietà della Banca Monte dei Paschi, opere di maestri senesi eseguite per Siena, per il suo territorio e anche per centri ubicati al di fuori dei suoi antichi e recenti confini amministrativi. Il tardo Medioevo fu il tempo della grande scuola senese della fine del Duecento e del Trecento, capace di affermarsi fino ad Avignone, grazie a Simone Martini, ma nei secoli successivi non mancarono grandi interpreti capaci di confrontarsi con le novità del Rinascimento, della Maniera e del Barocco, finché Siena seppe riscoprire nell’Ottocento le radici medievali, affermandosi come una delle roccaforti del linguaggio purista.

L’esposizione si apre con il bozzetto in terracotta del monumento dedicato a Sallustio Bandini (1878) e realizzato da Tito Sarrocchi in occasione del rifacimento di piazza Salimbeni ove ancora oggi è la sede storica della Banca Monte dei Paschi di Siena. La Piazza, ristrutturata su disegno di Giuseppe Partini, ha rappresentato uno degli interventi più significativi di grande impatto voluti dall’ente bancario. Nella stanza successiva si apre il vero e proprio percorso espositivo cronologico con due rarissimi dipinti duecenteschi della raccolta Chigi Saracini una delle collezioni  private più famose d’Italia in parte acquistata dalla banca nel 1955 e conservata nel palazzo senese oggi sede dell’Accademia Chigiana: la Madonna col Bambino e santi del Maestro di T ressa e il Christus Triumphans di Margarito d’Arezzo. Per il Trecento spiccano le opere di un pittore di grido come Pietro Lorenzetti, le cui tavolette databili al 1335 circa – ovvero il pannello centrale e il laterale destro di un trittico portatile furono acquistate dalla Banca Monte dei Paschi nel 1986 e di due grandi scultori come Tino di Camaino di cui si presenta in mostra il celebre “altarolo”, forse richiesto da un ricco personaggio gravitante nell’orbita della corte angioina e permette di ricostruire, la produzione tinesca di opere di estrema elezione destinate alla devozione personale e l’altro di Giovanni d’Agostino che il Conte Chigi acquistò nel 1950 dall’antiquario fiorentino Ariodante Riccardi nel 1950.

A seguire dipinti di maestri essenzialmente tardogotici, che seppero traghettare la stagione trecentesca al secolo successivo, come Martino di Bartolomeo, Benedetto di Bindo e Andrea di Bartolo. In tal senso la tavola di Martino  di Bartolomeo ha un valore particolare, perché illustra un brano della Siena di  primo Quattrocento,  mostrando la miracolosa apparizione della Vergine al di sopra della chiesa di San Pietro alla Magione. Straordinarie, per la prima metà del Quattrocento, sono le testimonianze di Stefano di Giovanni detto il Sassetta: il primo pittore senese che seppe confrontarsi col mondo nuovo e prospettico di Masaccio e Donatello, pur conservando tutta la preziosità del Gotico senese. Si guardino, dalla Collezione Chigi Saracini, la fiabesca Adorazione dei Magi e i tre frammenti superstiti di una colossale croce dipinta nel 1433 per la chiesa di San Martino, giunti fino perché un paio di secoli  fa Galgano Saracini seppe salvarli dalla distruzione. E si osservi pure il rude, ma tenero, Sant’Antonio Abate, acquistato nel 1979 dalla Banca e proveniente da un  polittico  in  cui stava pure un San Nicola finito al Musée du Louvre di Parigi.

Il talento del vercellese Giovanni Antonio Bazzi detto il Sodoma, e del senese Domenico Beccafumi. L’Allegoria dell’amore celeste del primo e le giovanili Eroine Giuditta, Artemisia e Cleopatra del secondo aprono una sezione giocata su opere della Collezione Chigi Saracini, arricchita da dipinti del raffaellesco Andrea del Brescianino e di Bartolomeo Neroni detto il Riccio che del Sodoma fu genero ed erede. Alle invenzioni di Leonardo e Michelangelo allude ancora un grazioso gruppo scultoreo con Venere e Amore di secondo Cinquecento.

Nelle stanze successive si possono ammirare opere di una generazione di pittori vissuti a cavallo fra il XVI e il XVII secolo come l’estroso Francesco Vanni abbagliato dai colori di Federico Barocci, e poi, ormai nel secolo successivo, Rutilio Manetti e Francesco Rustici che accolsero e divulgarono la lezione del naturale di Caravaggio e taluni dipinti di Bernardino Mei, Raffaello Vanni e Domenico Manetti  o come le Quattro stagioni che il bolognese Antonio Ugolini destinò a una villa dei dintorni di Siena.

Quanto al secolo dei lumi, il Settecento,  è proprio l’interesse per le testimonianze del territorio ad avere giustificato da parte del Monte dei Paschi l’acquisto di due bellissime  tele raffigurante  la piazza del Campo in festa dipinte tra il 1748 e il 1749 dall’illustre vedutista fiorentino Giuseppe Zocchi per la dimora fiorentina del senese Orazio Sansedoni, balì dell’ordine di Malta.

Il tema ricorre nella tela di Francesco Nenci con la Passeggiata storica del Palio del 18 agosto 1833, voluta dalla famiglia Ricasoli per celebrare le nozze di Leopoldo II e donata nel 1880 dagli eredi della nobile casata al cavalier Ferdinando Rubini di Siena. In parallelo la cultura accademica e purista toscana dell’Ottocento, che a Siena trovò un centro motore nell’Istituto di Belle Arti, risalta grazie a maestri come Luigi Mussini, Cesare Maccari e Giovanni Dupré, avviando verso l’epilogo del percorso espositivo, chiuso dai bozzetti di Fulvio Corsini. Si tratta di una Figura maschile eseguita dall’artista in giovane età e del modello scultoreo per la Fontana dell’Abbondanza, detta popolarmente “della granocchia”, e situata nella piazzetta adiacente via Montanini, a tamponare l’ingresso all’antica chiesa di San Donato.

Carlo Franza

 

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