Galileo Chini, artista poliedrico tra i pionieri del Liberty in Italia, è considerato tra i primi inventori della ceramica moderna italiana. Il MIC- Museo internazionale delle Ceramiche in Faenza lo celebra con una grande mostra  visitabile fino al 14 maggio 2023. Sono circa circa trecento pezzi tra ceramiche (tra cui inediti) e disegni preparatori  -otto sezioni- a documentare le varie fasi di attività delle due manifatture fondate da Galileo Chini: “L’Arte della Ceramica”, istituita a Firenze nel 1896 e le “Fornaci San Lorenzo” aperte nel 1906 a Borgo San Lorenzo, nel Mugello, vicino a Firenze, di cui Galileo fu il direttore artistico. Le ceramiche della Manifattura conquistarono fama per le loro raffinate decorazioni in principio ispirate a motivi floreali di gusto Liberty e a figure femminili di influenza botticelliana, poi caratterizzate dalla copertura a lustri metallici, da sintesi decorative e da una varia gamma di grès.

Chini è stato un artista poliedrico, aggiornatissimo sui gusti e le tendenze europee dell’epoca. Dipinge nature morte, bellissimi paesaggi della sua Versilia, ritratti e ambienti che richiamano la sua esperienza a Bangkok, dove fu ospite del re del Siam proprio per decorare la residenza reale e nel 1909 dipinge la cupola del vestibolo del Padiglione Centrale della Biennale di Venezia. Si dedica con passione all’arte della ceramica con una produzione personalissima e intraprende colossali imprese di ceramica applicata all’architettura come nelle terme di Salsomaggiore, di cui nel 2023 ricorre il centenario della fondazione.

La mostra, curata da Claudia Casali e Valerio Terraroli, è legata a doppio filo con il MIC e le sue origini. Galileo Chini fu chiamato a decorare i locali deputati alle arti dell’Esposizione Torricelliana di Faenza nel 1908, da cui prese avvio la fondazione del Museo Internazionale delle Ceramiche. Un primo nucleo di opere venne donato da lui stesso alla città di Faenza, per il costituendo museo. Purtroppo queste andarono perse durante la seconda Guerra mondiale, ma molte altre furono donate dalla Manifattura Chini negli anni successivi.

“Galileo Chini impersona emblematicamente quel passaggio epocale dalla tradizione storica alla modernità – spiega Valerio Terraroli – tra l’eredità di un alto artigianato artistico e l’inevitabile necessità di confrontarsi con un mercato nazionale e internazionale alla ricerca spasmodica di novità. Chini appartiene a quella generazione che deve fare i conti con una serie di radicali cambiamenti che pongono all’attenzione del dibattito critico contemporaneo la questione del rapporto tra arte e industria”.

Prendendo ispirazione dal modernismo internazionale, sull’onda del movimento delle Arts & Crafts inglesi di William Morris, nel 1987 Galileo Chini, insieme a Giovanni Montelatici, Vittorio Giunti e Giovanni Vannuzzi fonda a Firenze la manifattura L’arte della ceramica consapevole che era ormai “l’epoca del Liberty e bisognava assimilare a questo stile anche il soprammobile”. Le ceramiche della Manifattura, che sapevano coniugare la tradizione alla modernità, conquistarono da subito premi e fama per le loro raffinate decorazioni da principio ispirate a motivi floreali di gusto Liberty e a figure femminili di influenza rinascimentale, poi caratterizzate dalla tecnica a lustri metallici, da sintesi decorative e da una varia gamma di grès. La visita della mostra suggerisce anche un percorso geografico alla scoperta delle decorazioni architettoniche della manifattura Chini a Salsomaggiore, Castrocaro, Borgo San Lorenzo, Montecatini Terme, in un progetto di rete volto a valorizzare il lavoro complesso e articolato di questo straordinario artefice.

Il ricco catalogo, con quasi 300 immagini, che si si avvale dei contributi critici dei curatori e documenta non solo le opere esposte, ma approfondisce il contesto legato alle esposizioni internazionali, ai progetti architettonici, alla produzione di vetri e ferri battuti, alle Biennali di Venezia.

La mostra è resa possibile grazie al sostegno di MiC – Direzione generale, educazione, ricerca e istituti culturali, Regione Emilia-Romagna, Fondazione Cassa di Risparmio di Ravenna, Comune di Faenza, Unione della Romagna Faentina.

Carlo Franza

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