Ho ritrovato Giuseppe Modica a Roma, proprio nel suo studio Atelier di Pittura in via dei Santi Quattro Coronati 31, in un palazzo stile umbertino. Siciliano, mazarese, vive ormai a Roma da tempo per via dell’insegnamento di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Roma. Lo dico a chiare lettere che Giuseppe Modica oggi è artista di fama internazionale, del cui linguaggio pittorico si sono occupati intellettuali e letterati, da Leonardo Sciascia a Giorgio Soavi, Antonio Tabucchi e Massimo Onofri e i più importanti critici d’arte come Maurizio Fagiolo Dell’Arco, Carlo Franza, Guido Giuffrè, Vittorio Sgarbi, Claudio Strinati, Marco Di Capua, Giovanni Faccenda, Simongini, Troisi. Moltissime sono state negli anni le sue mostre in Italia e all’estero, tra cui, quella del 2002, una mostra antologica nella sua città natale, dal titolo significativo “La luce è la luce”; e la mostra “Atelier Giuseppe Modica 1990-2021” al Museo Hendrik Christian Anderson di Roma nel 2022. Grandi teleri e in essi il mare, il cielo azzurro, gli orizzonti, l’infinito, la terra, e soprattutto la luce che scandisce il presente, il passato e il futuro, una luce che è luogo e luoghi e soprattutto memoria, oggi anche storia e storia di guerre.

Di seguito l’intervista all’artista.

1.Caro Modica, raccontaci il tuo percorso tutto italiano, ma non solo, rispetto alle gallerie storiche che ti hanno sostenuto

R. Le Gallerie sono dei partner necessari per la carriera di un artista. Mi riferisco alle Gallerie che effettuano delle scelte culturali ed editoriali precise e che non sono, dei semplici rivenditori di prodotti promossi dai circuiti finanziari e dal sistema commerciale dell’arte. I galleristi che ho avuto la fortuna di incontrare e che mi hanno sostenuto avevano una spiccata personalità, passione e competenza. Spesso erano loro stessi collezionisti e venivano da esperienza che li avevano fatti crescere anche dal punto di vista culturale. Ricordo la Galleria il Ponte di Firenze, era il 1984 diretta da Vincenzo Alibrandi che era anche un raffinatissimo editore e stampatore d’arte. Molto importante è stata anche Mariapia Gonnelli della omonima galleria antiquaria. Un mercante editore sensibile dell’inizio anni 80 è stato Raffaello Banchelli della Edigrafica. A Roma è stata importante la Galleria Incontro d’arte di Giulia Lodigiani, nella quale ho fatto due mostre personali nell’85 e nell’87. Altra galleria significativa è stata lo Studio S di Carmine Siniscalco, raffinatissimo collezionista di de Chirico e dei maestri surrealisti, con il quale si è instaurata una lunga e proficua collaborazione che mi ha portato ad incontrare grandi collezionisti internazionali. Altro punto di riferimento di squisita qualità è stata la Galleria André di Benito Recchilongo fine letterato e colto umanista. In Sicilia una galleria con la quale ho avuto una un’importante collaborazione di lunga data è stata La Tavolozza di Vivi Caruso nella quale ho fatto tre personali nel 1986, nel 1989 e nel 1993. La Galleria era un cenacolo culturale frequentato da Leonardo Sciascia, Ferdinando Scianna, Vincenzo Consolo, Gesualdo Bufalino, Enzo Sellerio. La galleria aveva una proiezione europea e le sue mostre erano spesso recensite sulle pagine culturali dei maggiori quotidiani italiani. Ancora a Palermo ricordo la bella collaborazione con la Galleria 37 di Maria e Riccardo Basile e con la galleria Elle Arte di Laura Romano, animata da una passione fuori dal comune. Una interessante galleria con la quale ho avuto intensa collaborazione con tre personali è stata Il Tempietto di Brindisi diretta da di Giuseppe Vescina che essendo un profondo conoscitore esigente ha esposto autori di risonanza europea come Ivan Theimer, Riccardo Tommasi Ferroni, Ruggero Savinio, Carlo Guarienti, Jean Pierre  Velly, Fabrizio Clerici. Sempre in Puglia, ricordo una mostra ben riuscita, Blu Modica a cura di Marco Di Capua, presso il centro di promozione culturale Le Muse, diretto da Enrica e Gianni Attimonelli con grande passione e competenza. Nel 2014 è stata importante la collaborazione con la storica galleria La Nuova Pesa di Simona Marchini per la mostra La luce di Roma a cura di Roberto Gramiccia. Mostra che ha avuto grande accoglienza sia di pubblico che di critica. A Milano ho lavorato prima, nel 1989, con Antonia Jannone, raffinata e appassionata collezionista di disegni di grandi architetti storici ma anche di dipinti di significativi autori figurativi contemporanei. Poi nel 1990 ho iniziato una proficua collaborazione con il gallerista e mecenate Alfredo Paglione, scomparso in questi giorni, fondatore della Galleria Appiani Arte 32. Ricordo le personali del 1992 e 1996 e la mostra De Metaphisica del 1999 a cura di Maurizio Fagiolo dell’Arco. Sarà Paglione a promuovere la retrospettiva del 1997 alla Casa dei Carraresi a Treviso,a cura di Marco Goldin. Queste sono solo alcune delle gallerie italiane che maggiormente mi hanno sostenuto. E sono stati molto importanti anche i rapporti con i grandi stampatori ed editori, a cominciare con Franco Sciardelli di Milano con il quale ho realizzato una cartella di incisioni accompagnata dal racconto Le vacanze di Bernardo Soares di Antonio Tabucchi; per continuare oggi con Sergio Pandolfini editore de Il Bulino di Roma  con la produzione a tiratura limitata di un libro d’artista “Muddichi” con cinque mie acqueforti e poesie di Nino De Vita. Poi all’estero ho collaborato con la Inter Art Galerie Reich di Colonia partecipando ad Art Basel 13 (1982) e Art Basel 14 (1983) e allestendo una personale in galleria nel 1999. A Parigi ho lavorato con la Galleria Sifrein per la mostra personale a cura di Giovanni Lista del 2015. Molto interessante è il mio rapporto con il mondo culturale orientale che si è trovato in sintonia con il mio lavoro sia nell’aspetto filosofico che per l’alta qualità esecutiva. Nel 2014 ho ricevuto il primo premio con acquisizione dell’opera al Museo del festival internazionale delle Arti di Nanchino; nel 2017 l’Accademia Nazionale Cinese di Pechino mi ha invitato ad esporre 10 opere di grandi dimensioni alla Phoenix Art Exhibition Cina – Europa, esposizione internazionale organizzata da critico d’arte Zhang Xiaoling nei musei di Fenghuang e mi viene e assegnato il Best Realistic Painting Award con acquisizione dell’opera per il Museo; a Pechino nel 2018 ho collaborato con l’Accademia Nazionale Cinese di Pittura per una mostra personale con i testi di Giorgio Agamben e Zhang Xiaoling. Nel 2016-17 segnalo la mostra personale su invito di Donatella Cannova direttrice dell’Istituto italiano di cultura a Sidney con un testo di Sasha Grishin, mostra che si completa con le opere esposte all’Ambasciata d’Italia a Canberra. Nel 2021 alcune opere vengono acquisite in permanenza all’Ambasciata italiana a Kiev. Nel 2022 un’ opera entra nella collezione della Cab Art Gallery sostenuta dalla Cairo Amman Bank. Di nuovo in Cina nel 2022 con la personale allo Zhejiang Art Museum di Hangzhou.

2. Tu sei uno dei pochi artisti italiani che ha salvato l’immagine, la storia della figurazione e del paesaggio.

R. Io ho seguito il mio istinto e la mia voce interiore. Ho assecondato quella che è un’urgenza di riuscire a dare forma ad un linguaggio che mantenga viva l’evocazione e la memoria delle cose. Certo che ciò avviene lentamente negli anni con il supporto dello studio, della conoscenza e frequentazione dei musei, ma anche vivendo il dibattito culturale contemporaneo con l’incontro e il confronto con gli altri autori. La luce e la memoria, nelle sue tre accezioni di memoria personale, memoria culturale e memoria antropologica, giocano un ruolo centrale nella mia pittura e quindi le cose, l’esistenza e il mondo sensibile, anche se sono recuperati in una accezione visionaria e immaginaria, mantengono una loro traccia e riconoscibilità.

3.Il tuo rapporto con la cultura vera italiana, i grandi scrittori e i grandi critici. Esempla questi rapporti.

R. Uno dei primi incontri significativi è stato il mio professore di storia dell’arte all’Accademia di Firenze, Renzo Federici, grande storico dell’arte, traduttore di Gombrich, Panofsky e Hauser per Einaudi, era anche critico d’arte del quotidiano Paese Sera e scrisse un testo per una mia mostra di allora nel 1982 alla Galleria La Soffitta. Con lui dopo le lezioni intrattenevo lunghe conversazioni per trovare risposte ai miei interrogativi, e all’ansia della ricerca del giovane pittore di allora. Poi sempre a Firenze, città della mia formazione, mi viene in mente lo storico e critico Pier Carlo Santini, della Fondazione Ragghianti di Lucca, che ha presentato nel 1982 una mostra L’Altra Realtà al palazzo dei Vescovi a Pistoia. Un posto non secondario occupa la frequentazione della pittrice Adriana Pincherle con la quale, io e la ragazza Carla, avevamo stretto una solida amicizia. Adriana era del 1905 però aveva la freschezza e l’entusiasmo di una ragazza ed era testimone di un mondo che per noi era qualcosa di così remoto che apparteneva al mito. Adriana aveva conosciuto i protagonisti dell’arte del 900, ci parlava e ci raccontava meravigliosi aneddoti dei suoi amici, interlocutori e compagni di strada: Roberto Longhi, Anna Banti, Giorgio Morandi, De Pisis, Savinio, Guttuso, Onofrio Martinelli, Arturo Martini e molti altri. A Roma nel 1985 in occasione di una mia personale ho avuto l’opportunità di incontrare Maurizio Fagiolo dell’Arco col quale si creerà negli anni a venire una profonda sintonia, collaborazione ed amicizia. Fagiolo ha curato nel 1991 la mostra personale “Le stanze inquiete” per il Museo Tour Fromage di Aosta su invito di Janus critico e Direttore dei Musei della Valle D’Aosta, riproposta nel 1993 al Palazzo dei Diamanti di Ferrara e nel 2002 la mia mostra retrospettiva “ La Luce è La Luce è La Luce” al Palazzo del Seminario di Mazara del Vallo. Memorabile è l’incontro con Leonardo Sciascia nel 1986 : lo scrittore vide la mia mostra alla galleria La Tavolozza di Palermo e rimase profondamente colpito tanto che comprò un quadro, scrisse una recensione per il Corriere della Sera e volle conoscermi di persona. Si creò subito un’amicizia e sodalizio che dura tuttora con la famiglia e la Fondazione Sciascia. Altro scrittore che mi dedicò diversi scritti è Giorgio Soavi che ogni volta che passava da Roma non mancava di venire a studio. Tra le altre figure che sono state significative per il mio lavoro ci sono stati il pittore Bruno Caruso con il quale ho avuto una lunga amicizia fondata sul senso etico della ricerca, il critico Guido Giuffrè che ha scritto vari testi molto intensi che hanno spesso rivelato il senso del mio lavoro. Questo è accaduto anche con altri importanti contributi di critici amici come Dario Micacchi, Renato Civello, Corrado Sofia, Giovanni Antonucci, Marcello Venturoli, Gabriele Simongini, Vittorio Sgarbi, Francesco Gallo Mazzeo, Sergio Troisi, Aldo Gerbino, Maria Teresa Benedetti, Tonino Cusumano, Maria Cristina Ricciardi, Stefano Malatesta, Marco Di Capua, Roberto Gramiccia, Guglielmo Gigliotti, Franco Fanelli, Marco Goldin, Donatella Cannova, Sasha Grishin, Giovanni Lista, Marco Marino e Claudio Strinati con il quale si è creato  negli anni un vero sodalizio di stima e amicizia avendo seguito gli sviluppi e le fasi del mio lavoro da più di 30 anni con numerosi testi e la promozione a Roma delle retrospettive al Complesso del Vittoriano nel 2004 e al Palazzo di Venezia nel 2008. E poi Giovanni Faccenda, storico dell’arte che nel 2004 per la retrospettiva Piero ed altri enigmi alla galleria civica di Arezzo scrisse un intrigante testo sul rapporto fra la mia pittura e quella di Piero della Francesca; e Marcello Fagiolo dell’Arco, insigne storico dell’architettura, che ha scritto un’illuminante lettura della mia Crocifissione di Gibellina nel 2016; e Antonio Tabucchi da me invitato per scrivere un testo per alcune mie acqueforti in omaggio a Pessoa inventa il racconto Le Vacanze di Bernardo Soares per il libro e la cartella di incisioni edito da Franco Sciardelli a Milano. Altro scrittore e critico letterario amico ed in sintonia con la mia pittura è Massimo Onofri che mi ha dedicato diversi articoli ed un capitolo sul suo libro Passaggio in Sicilia. Del 2021 è il fortunato incontro con Giuseppina Di Monte Direttrice del Museo Andersen di Roma e con Maria Stella Margozzi Direttrice Generale dei Musei di Roma che hanno voluto, assieme alla curatela di Gabriele Simongini, la mia  recente mostra retrospettiva Atelier 1990-2021 al Museo Andersen di Roma. Un incontro rilevante è quello con Giorgio Agamben che ha redatto il penetrante testo la luce ricorda per la mostra all’Accademia Nazionale di pittura di Pechino nel 2018 al quale si aggiunge quello di Zhang Xiaoling critico d’arte e Direttore dell’Accademia Nazionale di Pittura a Pechino. Il critico Gianluigi Colin direttore di La Lettura del Corriere della Sera sceglie una mia opera da inserire nella copertina del 17 aprile 2022.

4.Molta critica ha rintracciato nella luce il tuo focus approfondito negli anni. Cosa dici in proposito?

R. Maurizio Fagiolo mi diceva: “il tuo vero soggetto è la luce”. Infatti nei suoi testi sul mio lavoro proprio alla luce dedica molta attenzione: nel primo, del 1991 per la mostra al Museo di Aosta, alla luce dedica un intero paragrafo nel quale sostiene che nelle mie opere è presente una grande variabilità luminosa, anche nello stesso quadro, e che è in sintonia con la luce di Antonello da Messina, Piero della Francesca, Vermeer, i fiamminghi, Stomer ecc… “la luce della luce della luce”. E nel 2002 per la mostra retrospettiva al Palazzo del Seminario di Mazara del Vallo, egli intitola il testo della mostra: La Luce è La Luce è La Luce. Un altro autore che aveva notato, in anticipo nel 1986, questa mia sensibilità ed attenzione per la luce era stato Leonardo Sciascia che sul Corriere della Sera scriveva: “…In uno stesso quadro, la luce dà l’illusione di mutare, di star mutando: e che ne ricevano la vicenda i colori, le forme…”. E in effetti avevano ragione perchè io costruisco l’opera in relazione alla luce: la spazialità è determinata dalla presenza e dal valore della luce che entra in gioco. La luce obliqua, la luce radente, il controluce determinano il valore dello spazio e sono il soggetto determinante dell’opera.

5. La tua pittura non si è mai allontanata dalla storia, il racconto del presente lo vivi e lo rappresenti.

R. L’Arte è sempre legata alle fenomenologie storiche del proprio tempo. Credo che l’Arte riveli l’essenza storica del tempo in cui essa agisce. Dico l’essenza e non la convenzione che appartiene invece alle mode. L’Arte è sempre contemporanea al tempo che vive. Come ci fa capire Giorgio Agamben, il contemporaneo non aderisce in maniera pedissequa allo schema preordinato che si ha della contemporaneità. Il contemporaneo porta in sé una memoria antica ed archeologica; è sfalsato e non combacia con l’idea convenzionale di contemporaneità. Ed essendo in sintonia con il nostro tempo, in questi anni, mi sono occupato, sempre in termini di pittura, anche di argomenti che hanno implicazioni civili. Guardando il Mare Mediterraneo dal mio studio in Sicilia non posso fare a meno di vedere, oltre all’incanto della luce e alla trasparenza dell’atmosfera, questi aspetti drammatici della storia odierna: la vicenda tragica dei naufraghi che purtroppo non ha fine e risoluzione, ma si protrae e ripropone nel tempo. Le rotte della tragedia parla di questo. Ciò, però, accade in termini di pura pittura. Non sono né un giornalista e nemmeno un illustratore o un fotoreporter, c’è sempre un cavalletto con un dipinto in elaborazione quasi a voler ribadire che il mio è solo uno sguardo di pittore. Ed è in questo contesto che prendono corpo certe visioni e amare riflessioni. Altro tema più recente è quello delle navi da guerra in transito nel Mediterraneo, ma infine, oltre la tragedia e l’inquietudine trionfa sempre la luce, la bellezza, la speranza e la fiducia nella vita.

6. Talvolta, anzi spesso, i tuoi quadri si portano verso una contaminazione di figurazione e astrazione, mostrandosi anche monocromi.

R. La pittura tutta, secondo me, è nel contempo sia astratta che figurativa. Un pittore figurativo astrae dal reale ed un pittore astratto porta sempre con sé la memoria delle cose sensibili, della realtà. Si, è vero l’identità linguistica della mia pittura sta in questa contaminazione di figurazione ed astrazione, figure e icone, per usare una terminologia cara a Filiberto Menna, si compenetrano. In fondo io cerco uno spazio fisico, fenomenico, misurabile della superficie che nel contempo coniugo con una profondità illusoria, imprendibile e di sconfinate lontananze. E quello che io cerco di catturare è questa distanza ineffabile ed invisibile che si concretizza nella pittura.

7.  Cosa insegna al mondo contemporaneo la tua pittura? Gli studenti dei tuoi corsi all’Accademia di Roma hanno trovato in te uno degli ultimi maestri della pittura italiana contemporanea.

R. Il nostro è un mondo ossessionato dalla frenesia, dalla produzione quantitativa e per obbedire a questo imperativo si corre e si scivola sulle cose e non si ha più il tempo per approfondire e compenetrare, viene a mancare la meditazione e la contemplazione. L’Arte invece ha bisogno di tempi adeguati che spesso sono molto lunghi che non si sposano certamente con la fretta. La qualità è in antitesi alla quantità, l’arte ha bisogno di un sapere approfondito ed esperenziale, invece nelle nostre Accademie, mi pare, assistiamo ad una burocratica frantumazione e polverizzazione della didattica con una miriade di nuovi corsi di banale ovvietà che vorrebbero essere innovativi, ma che in realtà ripetono aspetti parziali dei corsi istituzionali di sempre. Penso che sia necessaria la conoscenza di quello che è stato prima di noi, della tradizione, della storia. Spesso ci rendiamo conto che c’è un filo rosso che collega i vari artisti nel tempo, una sintonia anche a distanza di secoli come fra Piero della Francesca e Seurat e Mondrian. La tradizione va intesa come territorio storico della conoscenza che produce una consapevolezza critica per proiettare lo sguardo in avanti. La tradizione, diceva Mahler, custodisce il fuoco che genera nuova energia che ti interroga sul presente, invece il tradizionalismo è l’adorazione della cenere che genera un gusto passatista con compiacimento accademico. Ai miei studenti all’Accademia di Roma davo dei riferimenti bibliografici per stimolare ed ampliare la loro conoscenza per potere creare confronti ed attivare il senso critico. Ci stanno aspetti di base della didattica che sono condivisibili che vanno bene per tutti, ma se entri in merito alle singole personalità, come spesso accadeva, le lezioni vanno mirate, ogni studente è un caso a sé stante e ciò che vale per uno non va bene per l’altro. È un argomento arduo, ti devi immedesimare nelle singole personalità, comprendere quale è il loro background culturale ed esistenziale e capire quale può essere il percorso di crescita più idoneo e consono.  Inoltre ho cercato di trasmettere il valore del “tempo lungo”, della meditazione e contemplazione necessari per arrivare a individuare un percorso per potere strutturare un proprio linguaggio. Stare nell’atelier giornate intere per inseguire quell’essenza ineffabile della pittura. È il tempo lungo che favorisce l’ascolto della propria interiorità, che rischiara la memoria e dà energia all’immaginazione di ognuno di noi. Anche se il linguaggio di un artista è gestuale ed espressionista e l’opera si realizza in tempi veloci è sempre necessario un tempo lungo che permette l’accumulo di una energia che poi esploderà nella sua irruenza e violenza.”

Carlo Franza

 

 

Tag: , , , , , , , , , , ,