La mostra dal titolo “Brindisi natalizio” dell’artista  Roberto Rosso, rientra in un progetto artistico internazionale, “CAPOLINEA FRISA’ ”, per FRISA’ BISTROT in zona Isola a Milano, location internazionalmente nota, che  focalizza l’attenzione su talune figure in progress della nuova stagione artistica europea.  L’esposizione riunisce un certo numero di opere che compongono una vera e propria installazione, capace di campionare il percorso singolare di questo illustre  artista  italiano. All’inaugurazione una prolusione del Prof. Carlo Franza, curatore della mostra, unitamente alla partecipazione di intellettuali italiani e stranieri e di numerosi collezionisti.  Si è brindato  con vini pugliesi. Paride Sansò titolare di Frisà Bistrot è stato premiato nella serata inaugurale come eccellenza 2022 con la seguente motivazione: “Per la preziosa e creativa attività con Frisà Bistrot che va svolgendo unitamente ai figli nel campo della ristorazione,  unica, singolare, alta, vera punta di diamante della cucina italiana”.

E veniamo alla mostra di Roberto Rosso. Il tentativo di leggere fenomenologicamente la fotografia conduce inevitabilmente all’ammissione dello scacco che essa genera, mostrando l’impossibilità di una rappresentazione sincera del reale. L’obiettivo è sempre intenzionalmente rivolto a un lato dell’evento che “prende di mira” una “parte” che non soltanto non è l’intero, ma che non può neanche rappresentarlo…La seduzione dell’immagine, infatti, ha un tale effetto sull’uomo da “adescarlo” nella morsa della sua rete illusoria. Ne era consapevole anche Feuerbach…Il lavoro di Roberto Rosso  è in parallelo con un altro illustre fotografo, Jan Saudek, ceco di origine ebraica, il quale è un fotografo concettuale. Non soltanto costruisce la sue foto ma ritocca l’immagine attraverso tecniche di postproduzione o modalità pittorialiste. Eppure non controlla il messaggio. Sovverte il reale conosciuto, piuttosto, oppure avverte che è una nostra costruzione. Hungry For Your Touch (1971) è forse l’emblema di questa costruzione del mondo che in noi è inconsapevole ma che permette la visibilità dell’inemendabile.  Che quella di Saudek sia fotografia in senso filosofico si denota dalla sua architettura, così come oggi lo vediamo in Roberto Rosso, che si è addentrato nel mondo del food. Il soggetto non è mai l’unico protagonista della foto. Nella costruzione dell’immagine ogni ente presente contribuisce all’emersione di quello che Ronald Barthes chiamava punctum. Il suo coglimento e la sua interpretazione dipendono da noi. Quello che, guardando il prodotto fotografico di Roberto Rosso, chiamo “l’istante e la sua luce”.  La fotografia ha in sé, dunque, una condizione strabica, folle, che è la sua condizione naturale, allucinatoria, iconica: ciò che è stato non è qui; è qui ciò che non è più. L’elemento che punge, che colpisce, che ferisce – il punctum – di una fotografia è lo scarto determinato dalla convivenza di questi estremi: una contraddizione che si risolve in un unico segno da cui lo spectator è travolto, modificato, rapito. Il punctum però non è coglibile in tutte le foto, ma soltanto in quella che Barthes chiama la foto essenziale. La fotografia che conserva – come quella essenziale – è un’opera in movimento, per dirla con Eco, il cui senso rimane sempre aperto poiché è passibile di un’infinità di letture. Ha una funzione suggestiva ed estetica «in cui il rimando semantico non si consuma nel riferimento al denotatum, ma si arricchisce continuamente ogni qual volta sia fruito godendo il suo insostituibile incorporarsi nel materiale di cui si struttura; il significato rimbalza continuamente sul significante e si arricchisce di nuovi echi; e tutto questo non avviene per un miracolo inspiegabile ma per la stessa natura interattiva del rapporto gnoseologico, tale quale è spiegabile in termini psicologici, intendendo cioè il segno linguistico in termini di “campo di stimoli”. La distanza, l’assenza, la costruzione, la manipolazione, la presenza, la riduzione, la contraffazione, la copia, l’imitazione sono particolarità sempre riferibili al reale, su cui la fotografia costruisce dunque le sue caratteristiche tipologiche e stilistiche. Essa si comporta esattamente come un’immagine mentale rispetto al suo oggetto. L’oggetto intenzionale della fotografia è il reale, su di esso il fotografo Roberto Rosso  lancia le sue “esche intenzionali”, quello che trae può anche distanziarsene totalmente, ma è comunque in quel mare che pesca. La fotografia è il modo di pensare la realtà del fotografo.

Carlo Franza

 

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