Nel grande panorama della Poesia Visiva, che muove agli inizi degli anni Sessanta del Novecento, e si presentava come strumento operativo, come sintesi di critica ideologica e teoria artistica la cui unica possibilità d’espressione poteva manifestarsi soltanto attraverso le tendenze visive e iconografiche della cultura di massa, fu l’intreccio fra Arte e cultura -degli anni Sessanta e Settanta- a caratterizzare la ricerca verbo-visuale come unione di concreto e astratto, di prassi e teoria. Si trattava, dunque, per gli intellettuali di interpretare artisticamente il riflesso incondizionato che la società di massa aveva avuto sulla società e, nello stesso tempo, di evidenziare la necessità di un’Arte che fosse espressione della cultura di massa. Lamberto Pignotti uno degli iniziatori della poesia visiva in Italia ha parlato, infatti, di “cultura del neo-ideogramma” intendendo proprio la nuova civiltà dell’immagine, della tecno e dei mass-media, in cui l’Arte e la Letteratura divenivano semplice messaggio, uno strumento di informazione e comunicazione, a vantaggio del contenuto e del significato. È nella cultura del neo-ideogramma che la poesia diviene segno e segno culturale e semiologico.  Negli anni addietro sia nei convegni, che nei dibattitti, laddove si è tentato una storicizzazione della crisi della capacità comunicativa del sistema letterario, furono molti i temi presi in considerazione fino  alla questione indagata da Giulio Carlo Argan della morte dell’Arte, mossi sempre dall’esigenza di un linguaggio adatto alle mutate istanze culturali. E in questa crisi  verbo-visiva la parola per sottrazione di senso  è divenuta, nelle ricerche verbo-visuali, autoreferenziale, divinatoria, matericità e parola-oggetto.   Confrontandosi con la cultura l’Arte della Poesia Visiva affondava le proprie radici nell’ambito del sistema linguistico.  Un filone intenso e fortemente poetico è quello che oggi ci propone in questa traiettoria della “Visual Poetry” l’artista milanese Gino Gini, che ha stato capace di avvolgere l’estetica del quotidiano attorno a un oggetto spazio-temporale che è il “Calendario”. Avevamo conosciuto Gini tanti anni fa votato com’era da sempre ai libri d’artista.  

E torniamo ai lavori-opere di Gino Gini in mostra alla Galleria di Antonio Battaglia in zona Brera a Milano. Grande mostra ve la assicuro, rispetto a quello che da osservatore del settore vado vedendo ogni giorno in giro di questi tempi. Ruotano queste opere sui mesi dell’anno, suoi giorni dell’anno, sono i calendari di Gino Gini, contengono per via del vissuto la sua storia. Non è poco. E’ storia pubblica e privata.   Analizzando i rapporti fra “arte e comunicazione” e “arte e tecnologia”, i poeti visivi hanno distinto il linguaggio propriamente detto dai sottocodici prodotti dalla civiltà industriale.  Non a caso l’allargamento lessicale – iniziato già con le avanguardie storiche – e la simultaneità dei codici espressivi  nell’ambito dello stretto legame che si crea fra forma e  referente,  fra significato e significante, si configura, ancora oggi, come una risposta culturale – di matrice artistica – alla complessità del rapporto fra  Comunicazione verbale e  Comunicazione visiva, caratteristico dell’espansione mediatica della società di massa.. Si può fare riferimento, per esempio, alla tecnica del collage, del fotomontaggio o all’assemblage – intesi come recupero di tecniche già usate storicamente dalle arti minori – in cui il reale viene percepito in concreto senza ricorrere all’illusione pittorica con l’intento di dar vita a una tecnica pittorica in cui l’arte possa competere con i mezzi di comunicazione. In tal senso è significativo ricordare la tecnica dell’ affiche e del  manifesto, in quanto rispondono all’esigenza degli artisti di stabilire una presa diretta con il pubblico. In questo contesto s’inseriscono  i ready- made di Duchamp,  i  poèmes-objet  di  Andrè Breton, i fotomontaggi dadaisti, i collage  prettamente pittorici dei futuristi e dei cubisti. Anche i fogli di Gino Gini sono pagine scritte con parole e numeri, i numeri dei giorni, le parole dei mesi, i santi del giorno, la declinazione del sole e della luna, i vuoti e i pieni; le pagine del calendario raccontano il transito della vita, Gini su tutto scrive e descrive, appunta, racconta, aggiunge, anche un tono e un colore giustapposto dice molto, parla da sé. Ho trovato questo opere “Calendario” di Gino Gini cariche di una tale intensità palpitante che vorrei dire, infine, sono corpo e anima del suo e del nostro esistere.

Carlo Franza    

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