Gino Galli il futurista maledetto riscoperto in una mostra al MLAC dell’Università La Sapienza di Roma
Il MLAC Museo Laboratorio di Arte Contemporanea dell’Università La Sapienza di Roma, un laboratorio che non è lo totalmente, nel senso che non fa effettivamente ricerca sul contemporaneo, e che talvolta -ma solo talvolta- presenta delle mostre utili; adesso presenta “Gino Galli (1893-1944). La riscoperta di un pittore tra Futurismo e Ritorno all’ordine”, a cura di Edoardo Sassi, giornalista del Corriere della Sera e Giulia Tulino, assegnista di ricerca (Sapienza Università di Roma), realizzata con il coordinamento scientifico di Ilaria Schiaffini, docente di Storia dell’arte contemporanea e direttrice del MLAC. La mostra è aperta fino al 6 maggio 2023.
Storico allievo prediletto di Giacomo Balla, tra gli esponenti storici del Futurismo già dal 1914, autore e firmatario di importanti testi teorici, condirettore della rivista “Roma Futurista” (con Balla, Giuseppe Bottai e Enrico Rocca) e protagonista, nel 1919 e nel 1921, di due mostre personali presso la Casa d’arte Bragaglia di Roma, una delle più importanti gallerie dell’epoca. Ma a parte tutto questo, Galli è stato fino a oggi un artista quasi sconosciuto, forsanche dalla storiografia sul Futurismo, salvo rare citazioni e non di rado sbagliate, a partire dalla data di morte (quasi ovunque posticipata di dieci anni). L’esposizione, promossa da Sapienza Università di Roma, la prima per la verità in assoluto dedicata a Gino Galli a più di cento anni di distanza dalle due personali alla Casa d’Arte Bragaglia di Roma (1919 e 1921) e a quasi ottanta anni dalla morte, prova a ricostruirne il cammino: pittore solitario, tormentato, omosessuale, appassionato di scienze occulte, probabilmente morfinomane, persino membro della polizia segreta di Mussolini (Ovra), sub-confidente nella rete di Bice Pupeschi, spia e amante del capo della polizia fascista Arturo Bocchini, ritratta dall’artista in un dipinto degli anni Trenta, l’unico esistente. La scoperta dell’iscrizione di Galli nei registri dell’Ovra (il complesso dei servizi segreti di polizia politica durante il fascismo) e i rapporti documentati con la capo-rete Bice Pupeschi potrebbero aver contribuito all’inabissamento di Galli dalla vita pubblica. A proposito di Bice, conosciamo il volto della donna (a quanto pare un personaggio di rara perfidia) grazie al ritratto in mostra, l’unico esistente, accanto a una cartolina. Il volto di questa spia che voleva fare la soubrette e che gestiva a Roma due case chiuse viene reso da Galli attraverso un monocromo caratterizzato da una luce che accresce l’ambiguità della figura. Eppure, nonostante questa folgorante parentesi artistica, nel 1922 il pittore scomparve dai radar degli studiosi e fu a lungo dimenticato. Ecco perché la mostra ci pare punti -bene ha fatto la collega Schiaffini- alla riscoperta di un protagonista controverso, ma di primo piano, dell’arte del Novecento, di cui sono presentati circa cinquanta dipinti – dagli esordi prefuturisti agli anni Quaranta – provenienti da collezioni private ad eccezione di tre opere (una dalla Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea e due dalla Fondazione Brescia Musei) unitamente a documenti originali; soprattutto materiali inediti, salvo rare eccezioni. Ma Gino Galli, l’allievo prediletto di Giacomo Balla, nella dimora-studio ai Parioli quartiere del pittore piemontese era di casa sin da quando aveva 17 anni, fu anche precettore di Luce, mentre sua madre era amica della suocera del maestro futurista. In alcune foto d’epoca, lo si legge ragazzo in momenti di relax, mentre Balla suona la chitarra. E sempre di Galli sarebbe la mano che aiutò il maestro a dipingere il grande polittico di Villa Borghese. D’altro canto Balla nutriva una grande e vera stima per il suo prediletto. In una cartolina del 1912 indirizzata all’allievo, e nella quale aveva dipinto una delle sue compenetrazioni iridescenti, il pittore raccomandava: “Ecco Gino, un tipo di iride. Guardiamo di perfezionarlo e renderlo ancora migliore di fusione”. Ma veniamo all’arte di Galli, che dalla mostra emerge potente, dagli esordi prefuturisti agli anni Quaranta del Novecento. Tra i 50 lavori esposti – provenienti da collezioni private ad eccezione di tre opere (una dalla Galleria Nazionale d’arte Moderna e Contemporanea e due dalla Fondazione Brescia Musei) – moltissimi sono gli inediti successivi all’adesione di Galli al movimento di Marinetti, quando, negli anni Venti, il pittore romano vira verso un ritorno all’ordine. A questo periodo risalgono le nature morte e i ritratti con evidenti richiami al clima di “realismo magico”, spesso intrisi di echi che richiamano Henry Matisse, cui seguiranno, negli anni Quaranta, una serie di paesaggi con rovine caratterizzati da una calda luce pomeridiana.
L’influenza di Balla è forte nei primi ritratti come il “Ritratto della madre”, in quello di Duilio Galli e della moglie Silvia. Tuttavia a sorprendere in questo viaggio sulle tracce dell’artista (l’esposizione promossa da Sapienza Università di Roma è in assoluto la prima dedicata a Galli a oltre un secolo dalle due personali alla Casa d’Arte Bragaglia e a quasi ottanta anni dalla morte) sono i quadri di soggetto erotico, eccezionalmente di grandi dimensioni. “Autoerotismo (uomo)” del 1920-21 da collezione privata è un vero unicum, una sorta di “quadro scandaloso”, oggi per la prima volta in mostra, sulle cui tracce Sassi racconta di essersi trovato (e questo vale per molti dei quadri in mostra) in modo un po’ rocambolesco. Per via del suo soggetto -un giovane in camicia nera in un esplicito gesto di autoerotismo- l’olio su tavola era stato letteralmente murato in una cantina. Intorno a questo quadro si fa memoria di un piccolo aneddoto. “Quando Elica Balla lo vide – racconta Sassi – propose ai proprietari di nascondere le nudità con un intervento pittorico alla maniera del “braghettone” Daniele da Volterra”. Ma per fortuna il peggio è stato messo da parte, il quadro salvato e oggi grandeggia in mostra con la sua affascinante carica erotica. Accanto a lui un intenso “Autoerotismo (donna)” e un Nudo di uomo realizzato dieci anni più tardi.
Alcune vetrine svelano documenti originali, come una fotografia di Luce Balla ritratta da Gino Galli. E ancora la prima pagina di “Cronache d’attualità” e di “Roma futurista”, un biglietto autografo di Marinetti a Gino Galli e una fotografia del pittore assieme alla famiglia Balla.
Un viaggio avvincente, da scoperta, che pone esperti, studiosi, Storici dell’Arte o semplici appassionati di fronte all’inattesa riscoperta di un artista poco conosciuto. Il catalogo, a cura di Edoardo Sassi e Giulia Tulino, con un’introduzione di Ilaria Schiaffini, una prefazione di Claudia Salaris e diversi contributi critici, è edito da De Luca Edizione d’arte.
Carlo Franza