La grande mostra Rivoluzione Vedova, ideata e progettata da Fondazione Emilio  e Annabianca Vedova e coprodotta con M9 – Museo del ’900  è aperta al pubblico dal 5 maggio  al 26 novembre 2023 al terzo piano del museo mestrino: un evento di eccezionale rilevanza, sia per il valore iconico delle opere esposte, sia per le scelte di allestimento capaci di coinvolgere il pubblico attraverso un approccio inclusivo.

Curata da Gabriella Belli e allestita dallo Studio Alvisi Kirimoto, la mostra apre un percorso inedito che sceglie l’arte contemporanea come strumento per esplorare e interpretare la storia sociale, culturale, politica ed economica del Novecento. Il ruolo centrale nell’arte contemporanea di Emilio Vedova, la cui opera è interprete e testimone di un forte legame storico e civile con gli eventi che hanno segnato il XX secolo, mantiene oggi la forza di una costante attualità. L’originale operazione delinea un disegno nuovo ed un necessario nuovo approccio alla politica culturale in senso lato. Che cosa poteva rappresentare il segno artistico come necessità che si fa storia più dell’opera di Vedova?

“Un unico destino affianca Venezia e Mestre, città lagunare e terraferma – sottolinea il Presidente della Fondazione Vedova, Alfredo Bianchini – confermando questa visione unitaria, anche nelle strategie culturali, usciamo quindi dai consueti spazi al Magazzino del Sale alle Zattere, lungo la ‘strada liquida’ del Canale della Giudecca, per farci parte costitutiva di una nuova prospettiva di proposta artistica. Questo però non costituisce un semplice viaggio, uno spostamento per andare lontano lasciando un luogo d’origine ma un progetto che abbraccia la complessità, che apre le porte, analogo all’incedere nel mondo di Emilio Vedova, che mette in relazione l’Arte con il contesto. L’Universale con il contingente. Il suo è stato un urlo di denuncia dei mali e delle ingiustizie umane: un urlo costante diretto a ignoti infiniti interlocutori e spettatori e verso ignoti infiniti mondi per cui si può ben dire che per lui non vi siano mai stati luoghi vicini e lontani perché la sua centralità non dipendeva e non dipende, non era condizionata e non è condizionata, dalla fisicità di un luogo bensì dalla intensità e dalla forza del suo messaggio”.

Rivoluzione Vedova, la potente evocazione in questo titolo va intesa come cambiamento delle modalità di fare arte e come impegno civile nella cronaca quotidiana della storia. La scelta di Emilio Vedova (Venezia, 1919-2006) per aprire questo nuovo filone di ricerca negli spazi di M9 è quasi d’obbligo, trattandosi del più grande pittore del secondo dopoguerra veneziano – e proiettato nel mondo – che, proprio in questo territorio, ha lasciato segni tangibili della sua feconda eredità artistica, dove etica ed estetica, per lui binomio indissolubile, erano una costante. Un patrimonio di opere straordinarie, le sue, che non sono solo fatti d’arte ma anche inestimabili documenti della storia sociale e politica di quei cinque decenni pieni di contraddizioni, rimorsi, speranze e colpe, a cui Vedova ha prestato voce e la potenza del segno inconfondibile e irreversibile della sua pittura.

Già nel 1960, nel suo epilogo all’edizione tedesca di Pagine di diario, il famoso critico Werner Haftmann metteva bene in rilievo la questione centrale dell’opera di Vedova, che non è quella del mezzo o della tecnica di realizzazione dei suoi quadri, quanto piuttosto il contenuto: “…si tratta” – scriveva Haftmann – “quasi esclusivamente del contenuto, del violento urtarsi di situazioni opposte in un preciso momento dell’esistenza umana, della forzatura di queste situazioni, del continuo conflitto dell’esistere morale insieme all’essere così della vita contemporanea, dell’inquietudine e delle passioni represse nella realtà della vita attuale del genere umano… E trasformare tutto questo in pittura! La sua posizione umana è resistenza e protesta e cerca volentieri il suo adempimento nella profezia. Emilio Vedova è uno dei rarissimi pittori moderni che io conosca, che intende in modo incondizionato la sua pittura come pura relazione, per dare attraverso le sue risposte agitate, un documento della vita presente. Questa pittura non ha una carica estetica, bensì esclusivamente espressiva. Nasce in una quotidiana dialettica, come risposta attiva a quegli ‘astratti furori’ che sorgono in noi come sensazioni della nostra intima sensibilità di fronte alla realtà stessa della vita”.

“Del resto – come sottolinea la curatrice, Gabriella Belli – ben pochi artisti italiani del Novecento hanno non solo eguagliato la potenza narrativa degli antichi Maestri come Vedova – è ben noto il suo amore per Tintoretto – ma sono stati simbolo altrettanto forte e riconoscibile di quella generazione nata nel primo dopo guerra che, negli anni ’40, nell’incombenza del secondo conflitto mondiale e subito dopo la resa, ha saputo guidare l’attenzione degli intellettuali e degli uomini di buona volontà verso una incondizionata presa d’atto delle atrocità delle dittature, fascismo, nazismo e stalinismo in primis, e che tutt’ora attraverso il loro straordinario lascito di opere, testimonianze documentali e il ricordo delle loro concrete battaglie di protesta per i diritti civili, per la pace, per la democrazia continuano a premere sulla coscienza collettiva”.

La mostra racconta con centotrenta opere, tra installazioni e opere a parete, il punto di vista di questo grande artista ed intellettuale, mettendoci a confronto, attraverso i suoi lavori, con i capitoli “caldi” della nostra storia recente, dalle macerie della Seconda guerra mondiale agli avvenimenti della politica internazionale che hanno sconquassato il mondo negli anni Sessanta e Settanta e ben oltre, fino alle soglie del Duemila. Cadenzato da un allestimento progettato dallo studio di architettura Alvisi Kirimoto, il percorso suggerisce al visitatore due livelli di lettura: da una parte grande protagonista è la pittura, il gigantismo delle opere, la potenza del segno, la forza della materia, la risonanza della luce, dei bianchi e neri e del colore. Un’epifania che ha la massima espressione nelle tre grandi installazioni, poste al centro dello straordinario spazio espositivo al terzo piano del museo, ben 1.300 metri quadrati: Absurdes Berliner Tagebuch ’64 (1964), Tondi Dischi (1985-1995), …in continuum, compenetrazioni/traslati ’87/’88 (1987-1988). Dall’altra parte è il resoconto della storia a farsi protagonista con una decina di lavori disposti in sequenza cronologica, come tappe di una via crucis laica, sulle bianche pareti perimetrali della sala. Sono opere nate dall’impellente necessità di Vedova di dare voce a quel “malessere tra l’essere dentro questa società e il volerne un’altra” (Emilio Vedova, 1968) che ha scatenato le proteste dilagate in tutta Europa nel corso del cinquantennio passato, ora contro gli orrori del nazismo, ora per la Corea, ora contro la guerra in Vietnam, ora denunciando la Spagna di Franco, ora deprecando la guerra fratricida dei Balcani e l’incendio della biblioteca di Sarajevo, al grido della profezia del poeta tedesco Heinrich Heine: “Là dove si bruciano i libri si finisce per bruciare anche gli uomini”. Esempi di resistenza e protesta che ancora oggi ci fanno comprendere l’importanza dell’arte nel divenire di una società civile e più giusta.

“Per la prima mostra di arte contemporanea di M9 – sottolinea Michele Bugliesi presidente di Fondazione M9 – era forse impossibile scegliere un artista più contemporaneo di Emilio Vedova. Maestro veneziano ed esponente più rappresentativo di una rivoluzione creativa iniziata nel ventesimo secolo e tuttora di grande modernità per la sua capacità di osservare e interrogare il presente attraverso quadri che, come lui stesso li chiamava, sono “territori d’inchiesta”. Una mostra importante, un progetto ambizioso che conferma la capacità del Museo e della Fondazione di Venezia di costruire collaborazioni di altissimo livello, e la volontà di consolidare un percorso che porti M9 a instaurare un nuovo dialogo con il territorio e le sue comunità, e al contempo a crescere quale riferimento di avanguardia a livello espositivo sul piano nazionale e internazionale”.

Nel percorso espositivo, che si apre lungo il corridoio del secondo piano del Museo per continuare al terzo, il pubblico troverà esaustivi approfondimenti, materiali audio-visivi di grande interesse e molto efficaci per una comprensione del lavoro di Vedova nell’occhio della storia, curati da Twin Studio, Milano.

Completa l’allestimento una sala immersiva a cura di Vitruvio, Bologna, che, nello spirito dell’identità digitale di M9, promette un’esperienza emozionale nel mondo gestuale e creativo di Vedova. Catalogo Marsilio. L’esposizione si avvale del patrocinio della Regione del Veneto e del Comune di Venezia ed è sostenuta in qualità di main sponsor da Valore Cultura, il programma pluriennale di Generali per rendere l’arte e la cultura accessibili a un pubblico sempre più vasto e per valorizzare la comunità e i territori, e dal Gruppo SAVE, sempre attento a promuovere iniziative culturali di rilievo. Hanno contribuito Venezia Unica, AVA – Associazione Veneziana Albergatori e, in qualità di official partnerCamera di Commercio di Venezia Rovigo Trenitalia.

Carlo Franza

 

 

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