Ho tra le mani il libro di Francesco Giubilei, il trentenne scrittore che ci consegna “Gli Intellettuali di destra e l’organizzazione della cultura” (Oligo Editore, 2023, pagine 108, 13 euro) una sorta di pamphlet, un libello polemico e non esaustivo. E nel mentre mi accingevo a leggerlo ecco che a proposito mi arriva l’intervista di Francesco Guccini a Repubblica in cui afferma “Mi colpisce il fatto che la destra si stia impadronendo della cultura”; “un’appropriazione che mandano avanti soprattutto con la forza della tv, ma quanti nomi della sinistra e quanti della destra hanno avuto un peso reale nella cultura in Italia? Sappiamo benissimo da quale parte pende la bilancia”. Intervistato da Repubblica  a proposito del nuovo romanzo scritto con Loriano Macchiavelli Vola Golondrina, la cui storia attraversa le elezioni del ’48, la guerra civile spagnola e l’Italia del ’72, quando il MSI diventò il quarto partito italiano,  Francesco Guccini ha parlato della situazione politica italiana. “È un riferimento al presente della destra al governo”, spiega a proposito dell’ambientazione storica del libro; “Solo che 50 anni fa chi era di quell’idea si nascondeva, ora invece loro adoperano il potere con grande arroganza e insipienza. Mi colpisce il fatto che si stiano impadronendo della cultura, che non è mai stato il loro settore. Un’appropriazione che mandano avanti soprattutto con la forza della tivù, ma quanti nomi della sinistra e quanti della destra hanno avuto un peso reale nella cultura in Italia? Sappiamo benissimo da quale parte pende la bilancia”.

Nell’intervista Guccini commenta il fatto, le scelte di due amministrazioni di centrodestra: quella di Lucca non ha voluto intitolare una strada a Sandro Pertini, quella di Grosseto ne ha inaugurata una dedicata a Giorgio Almirante. “Un partigiano contro un collaboratore della Difesa della razza, rivista antisemita fascista. La destra è così: la gente ci ha eletto, quindi combiniamo quello che ci pare. Ma se facciamo la proporzione tra gli elettori di Fratelli d’Italia e chi non è andato a votare?”.

Si chiede Giubilei se realmente esiste una cultura di destra o è più corretto parlare di una cultura delle destre? E quali sono o potrebbero essere i suoi riferimenti e le figure più note? Queste sono solo alcune delle domande a cui cerca di rispondere il pamphlet che Giubilei ci consegna. La tesi dell’autore -che non è la mia- è che alla destra non manchi una propria cultura rappresentata da importanti voci e scuole di pensiero, bensì l’elaborazione di una politica culturale che al contrario la sinistra, facendo propria la lezione di Gramsci, è riuscita a sviluppare. Oggi le cose possono cambiare e, se la destra italiana intende dar vita a un progetto duraturo, non è sufficiente il consenso politico, ma occorre mettere in campo un’organizzazione della cultura in grado di durare nel tempo. Da qui scaturiscono una serie di riflessioni che, soprattutto nella parte conclusiva del testo, si concretizzano in idee e proposte per elaborare una nuova politica culturale: occorre un coordinamento tra il mondo della politica e quello della cultura. Molto spesso, infatti, la politica considera la cultura come qualcosa di accessorio e di cui poter fare a meno, senza tenere nella dovuta considerazione il contributo (non solo di idee) che può nascere dal mondo culturale. Di contro, intellettuali e pensatori vicini al mondo della destra, hanno spesso prediletto atteggiamenti snobistici e da “torre d’avorio” senza scaricare a terra le proprie idee e senza confrontarsi con la politica. Questa mancata apertura di credito, da un lato, e l’incapacità di “sporcarsi le mani”, dall’altro lato, hanno fatto sì che una collaborazione fruttuosa tra politica e cultura non iniziasse proprio, impedendo, così, la messa in campo di una politica culturale a medio e lungo termine.

L’interrogativo di Giubilei, non totalmente condivisibile, fu a suo tempo anche sottolineato dal carissimo maestro Indro Montanelli che mi volle a Il Giornale  già in tempi lontani,  senza dimenticare quando nel 1994  con l’ascesa di Berlusconi al potere, Indro  uscendo da Il Giornale e fondando “La Voce” potè dire chiaramente che lui con questa destra non c’entrava affatto. Molti l’hanno già dimenticato, eppure le parole di Indro furono chiarissime.

Ecco cosa ha scritto Aldo Cazzullo  – e che faccio mio –  in Il Corriere della Sera il 28 giugno 2020: “Indro Montanelli non era soltanto il più bravo giornalista d’Italia; rappresentava molto altro. Era anche il capo della destra italiana. Il leader di un partito che non c’era, di un’area molto vasta che si lasciava a destra i neofascisti — Montanelli ai tempi di Salò era in galera e fu condannato a morte — e a sinistra i morotei e in genere i democristiani che volevano l’alleanza con i comunisti. I diari di Montanelli confermano che negli anni 70 il grande Indro lavorò moltissimo perché quest’area — liberali, conservatori, moderati, democristiani contrari al compromesso storico — si unisse e si organizzasse. Ovviamente Montanelli non si pensava segretario di partito; ma avrebbe voluto dare consistenza politica a un mondo per cui già rappresentava il punto di riferimento morale e culturale. Un mondo che si riconosceva nel Giornale che lui aveva fondato, con Enzo Bettiza e altri giornalisti importanti del Corriere. Anche questo aiuta a capire il suo scontro con Berlusconi. ” 

Così Giubilei: “Numerosi sono gli stereotipi legati al mondo della destra; uno dei più diffusi è l’assenza di una propria cultura, al punto che anche alcuni pensatori ascrivibili a quest’area sostengono che non si possa parlare di una “cultura di destra” così come, in modo speculare, è errato definire una cultura di sinistra.  Senza dubbio, però, ci si può riferire a una cultura da destra, ovvero a come scrittori, giornalisti, autori, filosofi annoverabili a un’area di destra facciano cultura. Questo pamphlet nasce con l’intento di superare una serie di luoghi comuni che ruotano attorno ai concetti di “destra” e “cultura” offrendo una breve prospettiva storica, soffermandosi su una pars destruens connessa all’egemonia culturale e concludendo con una pars construens su come realizzare una politica culturale. Nel mezzo, il tentativo di scardinare cliché tanto duri a morire (anche grazie a una certa pubblicistica) quanto non veritieri, a partire dal legame tra la destra e l’ambiente, il ruolo delle donne nel mondo della destra e il rapporto con l’Europa. Temi di grande attualità che devono essere letti, ancor prima che da una prospettiva politica, con una lente culturale. Da qui la necessità di elaborare una politica culturale, pur nella consapevolezza di un rapporto mai sereno e travagliato tra intellettuali e politica.

Francesco Giubilei (Cesena, 1992) è editore con i marchi Historica e Giubilei Regnani, docente al Corso di Editoria di Roma dell’Agenzia letteraria Herzog e dell’Università Giustino Fortunato. Dal 2022 è Consigliere del Ministro della Cultura con delega alla promozione della cultura tra i giovani. È anche presidente della Fondazione Tatarella e di Nazione Futura. Già membro del Comitato Scientifico sul Futuro dell’Europa del governo italiano, ha pubblicato dieci libri tradotti negli Stati Uniti, Spagna e Ungheria. Scrive per “Il Giornale” e per numerose riviste italiane e straniere ed è membro dell’editorial board di “The European Conservative” e di vari comitati scientifici di fondazioni e think tank.

Carlo Franza

 

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