Un libro prezioso e affascinante questo romanzo di Roberta Cordani e Luigi M. Mignacco, un romanzo a due mani, ma bastevole a indicarcelo come un romanzo capace -come pochi oggi- di ritrovare al suo interno, fra le sue pagine, storia e arte, natura e fantasia. L’ho letto con grande interesse “Le Ondine perdute” (Marsilio Editore) e mi ha riportato indietro negli anni quando uscì un altro romanzo prezioso qual è stato “Horcynus Orca” dello scrittore italiano Stefano d’Arrigo. Ebbene è un inno alla natura, al mare e agli oceani che avvolgono madre terra, un inno all’acqua e ai suoi riflessi, che avvicinano ciò che è lontano. Un omaggio all’arte, alla natura e alla fantasia, nella Milano di un tempo e nella Venezia di sempre. Molti si chiederanno cosa sono le “ondine”, le Ondine sono spiriti acquatici somiglianti a fate, ninfe o sirene che vivono in prossimità di fiumi, sorgenti, stagni, cascate, laghi. Il termine ondina, o undina, derivante dal latino unda, il cui significato letterale è “onda”, sta a indicare degli spiriti acquatici somiglianti a fate, ninfe o sirene, a seconda delle tradizioni di riferimento, sono creature senza anima ma possono ottenerla sposandosi con un mortale. Molte leggende europee le descrivono come spiriti erranti sempre a caccia dell’amore, tendenzialmente benevole ma pronte a uccidere e a vendicarsi in caso di inganni e umiliazioni. Nella maggior parte delle raffigurazioni appaiono belle, talvolta provviste di coda di pesce, con lunghi capelli ornati di fiori e conchiglie, dedite al canto, alla danza e alla filatura;
la loro voce ammaliante ricorda, a tratti, lo scrosciare dell’acqua. Nel dipinto “Ondine” di Jacques Laurent Agasse (1943) la dolce protagonista è velata da lunghi capelli biondi, immersa in un fiume/lago palustre, mentre in “Ondine” di John William Waterhouse (1872), l’ondina che veste un lungo abito bianco e ha capelli color dell’oro, se ne sta in piedi accanto a una fonte d’acqua.
Esse, oltre ai capelli biondi e fluenti, hanno la straordinaria bellezza. Basti pensare che nel recente volume illustrato Ondine dell’artista francese Benjamin Lacombe, ispirato alla novella dello scrittore bretone Friedrich La Motte-Fouqué, l’ondina appare come una fanciulla dai lunghi capelli rossi, giovanissima e sempre immersa nelle acque di un lago. Alcune leggende germaniche le mostrano simili alle Oceanine di origine greca, ninfe figlie del titano Oceano e della moglie Teti, che sostenevano le acque del mondo, proteggendo i viaggiatori. In età romantica diventano invece emblemi dell’eterno conflitto tra eros e thanatos, incantatrici ambigue, seduttrici dal fascino misterioso, che giocano sull’attrazione dell’uomo per l’ignoto e la morte. Non a caso il loro habitat è l’acqua, elemento indefinito e inafferrabile.

Ebbene detto questo, si capirà meglio qual’ è la scenografia di fondo del lungo racconto-romanzo che abbiamo tra le mani, anzi una sequenza di racconti che amplificano il romanzo. Tutto si amplifica attraverso una scrittura piana, avvincente, superbamente colta.  La vicenda si dipana nella Milano del primo Novecento, fin da quell’Expo del 1906, tempo di futurismo e di velocità, la celebre rievocazione nel Parco Sempione a Milano con “le torri imbandierate, i pinnacoli decorati, le cupole dei padiglioni, lo scivolo del   Toboga, i palloni aerostatici”; una Milano affascinante, futuribile, governata ai tempi dal Sindaco Torri. Personaggi e luoghi. Intanto Brera a Milano, luogo di incontri, relazioni, cene, artisti, scrittori e poeti. Qui nell’Accademia insegna il personaggio principe, il pittore Fedele Majeri, proprio in quella sede storica “sotto il Napoleone in bronzo del Canova” e tra le allieve, quella prediletta, la bella e accattivante Giulia Tirelli; allieva e professore iniziano a notare misteriose, mitologiche figure femminili -le ondine- che danzano nei riflessi sull’acqua, vera e dipinta. Un secolo dopo, a Venezia, il critico d’arte Manfredo Monfalco ripensa alle visioni stupefacenti che lo affascinano e lo turbano da mesi, e per certi istanti si trova catapultato in un passato che non gli appartiene. I protagonisti tutti capiranno che loro sono gli unici a poter fare qualcosa per ristabilire un equilibrio vitale e naturale ed evitare una drammatica evoluzione. Le donne delle visioni sono Ondine, alleate di un Genio della montagna che ama la musica e l’arte degli uomini, e cercano un aiuto da quei pochi che sono in grado di vederle -poiché sono nascoste ai più-, perché conoscono in un modo del tutto speciale l’importanza della fantasia. Saranno esse capaci di risolvere il conflitto tra le forze oscure di madre terra?  Ecco un percorso che attraversa la linea del tempo, un bellissimo e stravagante Grand Tour tra città d’arte e paesaggi naturali emozionanti, tra il blu dell’Egeo e il barocco delle fontane romane, dove si notano coincidenze capitali. E’ tutto un rincorrersi di curiosi personaggi che aprono finestre sulla storia e sull’arte, a mostrare e indicare vitali legami familiari e affettivi, bei gesti che spaziano nei secoli, nel tempo passato e presente, dell’amore per la bellezza, un quadro interiore riflessivo e riflettente che spazia in tutti noi e muove a un originale messaggio di pace.

Romanzo affascinante, che fa presa sul lettore, in una morsa di storia e di storie, private e pubbliche, e su tutto cala un velo di bellezza e di poesia, di fantasia e di arte, di luoghi orfici che, soli, possono incendiare non solo le parole ma anche gli animi.

Carlo Franza

 

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