Giorgio Agamben, il Siero, il Covid, i Danni, l’Ondata Influenzale. E’ l’ora della verità.
E’ ora di dirla tutta, senza se e senza ma, e senza forse. E’ ora di dirla tutta la verità sui vaccini Covid. Scrive il collega Marco Tosatti su “Stilum Curiae” il 15 gennaio 2024: “Quello che sta avvenendo nel mondo della sanità, in particolare in Italia, è più che scandaloso. Se poi pensiamo a quanto osa blaterare la Ronzulli sui vaccini (“La protervia di quella margotta! La spudoratezza di questa piantana!, cit. Barbara Lameduck) o gli stupori di Burioni per la crescita dei tumori, in particolare giovanili…beh, sale il sangue agli occhi”.
Ecco cosa scrive l’illustre intellettuale e collega Giorgio Agamben, celebrato a Berlino come maestro della filosofia italiana, nel suo Blog -Rubrica “Una Voce” su Quodlibet: “E’ poco probabile che, malgrado sarebbe doveroso farlo, i medici, i politici e gli esperti che hanno incautamente di fatto obbligato alla vaccinazione la maggioranza della popolazione si interroghino su questi due fatti.
Due notizie (non fra le altre).
L’autorevole rivista «Nature» ha pubblicato i risultati di una ricerca di un gruppo di scienziati dell’Università di Cambridge guidati da Anne Willis che dimostra che i vaccini a mRNA, come quelli usati nella recente pandemia, producono proteine non volute, i cui effetti sull’organismo possono essere dannosi. Anche se la casistica delle patologie spesso gravi e persino letali in cui sono incorse le persone vaccinate era già per noi un’evidenza sufficiente, la ricerca ne offre per la prima volta una dimostrazione scientifica.
La seconda notizia è che vi è un notevole aumento rispetto agli anni precedenti di soggetti ammalati per le sindromi influenziali e il Covid (circa 2.552.000 dall’inizio della stagione). Non ci pare illegittimo suggerire che questo aumento potrebbe essere messo in rapporto con i risultati della ricerca appena citata. È poco probabile che, malgrado sarebbe doveroso farlo, i medici, i politici e gli esperti che hanno incautamente di fatto obbligato alla vaccinazione la maggioranza della popolazione si interroghino su questi due fatti.
(Giorgio Agamben, Quodlibet, 30 dicembre 2023)
Ma sottopongo ai lettori anche quanto scrisse già l’illustre filosofo Agamben sempre nella sua rubrica “Una Voce” su Quodlibet il 26 febbraio 2020, proprio quando iniziava a montare “l’affaire Covid”.
Di fronte alle frenetiche, irrazionali e del tutto immotivate misure di emergenza per una supposta epidemia dovuta al virus corona, occorre partire dalle dichiarazioni del CNR, secondo le quali non solo «non c’è un’epidemia di SARS-CoV2 in Italia», ma comunque «l’infezione, dai dati epidemiologici oggi disponibili su decine di migliaia di casi, causa sintomi lievi/moderati (una specie di influenza) nell’80-90% dei casi. Nel 10-15% può svilupparsi una polmonite, il cui decorso è però benigno in assoluta maggioranza. Si calcola che solo il 4% dei pazienti richieda ricovero in terapia intensiva».
Se questa è la situazione reale, perché i media e le autorità si adoperano per diffondere un clima di panico, provocando un vero e proprio stato di eccezione, con gravi limitazioni dei movimenti e una sospensione del normale funzionamento delle condizioni di vita e di lavoro in intere regioni? Due fattori possono concorrere a spiegare un comportamento così sproporzionato. Innanzitutto si manifesta ancora una volta la tendenza crescente a usare lo stato di eccezione come paradigma normale di governo. Il decreto-legge subito approvato dal governo «per ragioni di igiene e di sicurezza pubblica» si risolve infatti in una vera e propria militarizzazione «dei comuni e delle aree nei quali risulta positiva almeno una persona per la quale non si conosce la fonte di trasmissione o comunque nei quali vi è un caso non riconducibile ad una persona proveniente da un’area già interessata dal contagio di virus». Una formula così vaga e indeterminata permetterà di estendere rapidamente lo stato di eccezione in tutte le regioni, poiché è quasi impossibile che degli altri casi non si si verifichino altrove. Si considerino le gravi limitazioni della libertà previste dal decreto: a) divieto di allontanamento dal comune o dall’area interessata da parte di tutti gli individui comunque presenti nel comune o nell’area; b) divieto di accesso al comune o all’area interessata; c) sospensione di manifestazioni o iniziative di qualsiasi natura, di eventi e di ogni forma di riunione in un luogo pubblico o privato, anche di carattere culturale, ludico, sportivo e religioso, anche se svolti in luoghi chiusi aperti al pubblico; d) sospensione dei servizi educativi dell’infanzia e delle scuole di ogni ordine e grado, nonché della frequenza delle attività scolastiche e di formazione superiore, salvo le attività formative svolte a distanza; e) sospensione dei servizi di apertura al pubblico dei musei e degli altri istituti e luoghi della cultura di cui all’articolo 101 del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, nonché l’efficacia delle disposizioni regolamentari sull’accesso libero e gratuito a tali istituti e luoghi; f) sospensione di ogni viaggio d’istruzione, sia sul territorio nazionale sia estero; g) sospensione delle procedure concorsuali e delle attività degli uffici pubblici, fatta salva l’erogazione dei servizi essenziali e di pubblica utilità; h) applicazione della misura della quarantena con sorveglianza attiva fra gli individui che hanno avuto contatti stretti con casi confermati di malattia infettiva diffusa. La sproporzione di fronte a quella che secondo il CNR è una normale influenza, non molto dissimile da quelle ogni anno ricorrenti, salta agli occhi. Si direbbe che esaurito il terrorismo come causa di provvedimenti d’eccezione, l’invenzione di un’epidemia possa offrire il pretesto ideale per ampliarli oltre ogni limite. L’altro fattore, non meno inquietante, è lo stato di paura che in questi anni si è evidentemente diffuso nelle coscienze degli individui e che si traduce in un vero e proprio bisogno di stati di panico collettivo, al quale l’epidemia offre ancora una volta il pretesto ideale. Così, in un perverso circolo vizioso, la limitazione della libertà imposta dai governi viene accettata in nome di un desiderio di sicurezza che è stato indotto dagli stessi governi che ora intervengono per soddisfarlo (26 febbraio 2020- Giorgio Agamben).
Carlo Franza