Simon Hantaï e l’Azzurro, un legame con la pittura dei grandi secoli italiani. La mostra alla Gagosian di Roma
La funzione del colore è essenzialmente legata alla luce, non alla materia (Simon Hantaï). La Gagosian di Roma ha messo in piedi un’esposizione con un bellissimo titolo “Azzurro”, una mostra di dipinti di Simon Hantaï (1922–2008) visitabile fino al 30 marzo 2024. Curata da Anne Baldassari, l’esposizione approfondisce il legame di Hantaï con l’Italia e l’impatto della tradizione pittorica italiana sul suo lavoro, evidenziando il ricorrere dei toni del blu nella pratica dell’artista. Dopo l’importante retrospettiva alla Fondazione Louis Vuitton di Parigi (2022), Azzurro segue le due precedenti esposizioni di Simon Hantaï ospitate da Gagosian: LE NOIR DU BLANC, LE BLANC DU NOIR tenutasi nello spazio di Le Bourget (2019–22) e dedicata alle opere in bianco e nero; e Les blancs de la couleur, la couleur du blanc incentrata sulla combinazione di colori primari e secondari, tenutasi nella sede di Madison Avenue a New York (2022).
Nato a Bia, Ungheria, Hantaï si trasferisce a Parigi nel 1948 unendosi al gruppo dei Surrealisti di André Breton dal quale, tuttavia, prende le distanze nel 1955. Negli anni successivi l’artista elabora la tecnica del pliage (piegatura), nella quale la tela viene piegata, annodata, dipinta nelle porzioni visibili e successivamente dispiegata rivelando un’alternanza tra sfondo e parti pigmentate. Dopo aver rappresentato la Francia alla Biennale di Venezia del 1982, Hantaï si ritira dalla vita pubblica, rifiutando di esporre nuovi lavori fino al 1998. A seguito di questo prolungato isolamento, l’artista inizia ad intervenire su una serie di pliage già esposti nel 1981, fotografandoli di traverso realizzandone stampe a partire dalle immagini distorte, e continuando a lavorare in gran parte in isolamento fino alla sua morte nel 2008.
È significativo che Azzurro abbia luogo a Roma, Hantaï si recò infatti per la prima volta in Italia nel 1942 con i compagni dell’Accademia di Belle Arti di Budapest, soggiornando nella Capitale, a Firenze e a Siena. Nel 1948, in occasione di un viaggio a piedi da Ravenna a Roma, visitò la 24a Biennale di Venezia entrando in contatto con le opere di Max Ernst e Jackson Pollock. Tornò in Italia per un’ultima volta nel 1982. Questi viaggi contribuirono a consolidare la sua ammirazione per i pittori italiani del proto e del primo Rinascimento, in particolare Giotto e Masaccio. Azzurro, è una retrospettiva che utilizza il colore come criterio, presentando in ordine cronologico straordinari esemplari dei noti pliage di Hantaï. Il percorso espositivo si apre con la tela Peinture (Petit Nu) (1949), appartenente alla produzione giovanile dell’artista, in cui una figura si staglia su un intenso sfondo turchese che fa eco agli affreschi rinascimentali. Seguono Catamurons (1964), ripiegata al centro e con molteplici strati di colore; Meun (1967), che incorpora sezioni non dipinte negli angoli; Étude(1969), in cui la tela uniformemente piegata e dipinta di blu monocromo è giustapposta a grandi frammenti irregolari di bianco; e Blancs (1974), in cui i segmenti senza colore dominano sui frammenti di blu, verde e nero presenti sulla tela.
Nella grande sala ovale della galleria, spicca un insieme di dipinti blu appartenenti alla serie Tabula (1972–76; 1980–82) costituenti il fulcro della mostra. La scala monumentale di queste opere svela ogni quadrato come esito di una piegatura unica e autonoma. I dipinti si legano inoltre ai ricordi d’infanzia dell’artista, affascinato dai grembiuli della madre, il cui ingarbugliarsi e piegarsi dava vita a sequenze di colori brillanti. Privilegiando il tatto rispetto alla visione, Hantaï ha intriso le opere della serie Tabula di riferimenti ad artisti storici, tra cui Matisse e Cézanne e, nel fondere rigore e casualità, ha reso omaggio al pensiero matematico. Nell’ultima sala, i lavori “last studio” (1982–85), raramente esposti, presentano forme inedite derivate dalla piegatura e dal dripping, eseguite con colori vibranti ed equilibrati. Un’ulteriore fonte di ispirazione per l’artista è costituita dal Periodo Blu di Pablo Picasso (1901–04). “Per Hantaï” scrive Baldassari, “la stessa spiritualità pittorica lega il Periodo Blu alle pale di altare e agli affreschi di Giotto, Masaccio, Piero della Francesca e Fra Angelico. Il colore era il punto di contatto”. Hantaï rimane inoltre affascinato dalla centralità del colore blu nel culto cattolico mariano, come dimostra il dipinto Le Manteau de la Vierge (1960) conservato ai Musei Vaticani. “Dal 1960” racconta Baldassari “avendo concettualizzato il pliage come metodo, l’associazione semantica tra il grembiule di sua madre, il colore blu e la piegatura diventò un elemento portante della pittura di Hantaï, il fulcro della sua pratica artistica”. Azzurro è accompagnata da un catalogo contenente un saggio di Anne Baldassari.
Carlo Franza