“Annientare” di Michel Houellebecq (La Nave di Teseo, pag. 743, Euro 23,00, Traduzione di Milena Zemira Ciccimarra). Michel Houellebecq torna a raccontare il nostro tempo con un romanzo impetuoso e fluviale, ancorandoci alla storia di un uomo, Paul Raison, che, di fronte a una minaccia più grande di lui, tenta di ricomporre i pezzi disallineati della propria vita, e si trova a guardare a Prudence, un amore perduto eppure in qualche modo presente, come all’unica isola protetta di una civiltà in pericolo. Dando vita a una storia d’amore fra le più belle e tormentate della sua letteratura.

Tutto avviene nell’arco di un anno, ovvero tra novembre e dicembre quando si festeggia il Natale e il Capodanno del 2027 e si arriva fino a fine ottobre 2028. Giusto un anno per seguire la vita di pochi personaggi che si intrecciano, Paul Raison in primo luogo, assistente, anzi confidente, del ministro dell’Economia e delle Finanze francese, Bruno Juge, poi impegnato in una spietata quanto surreale campagna elettorale, in cui lo scrittore non risparmia nessuno. Paul è figlio di Edouard, un misterioso funzionario che ha un peso determinante nella sua vita e nel libro, e cerca di fare chiarezza in una serie di criptici messaggi che prima compaiono su Internet, poi via via entreranno a scombinare violentemente la vita del paese. Anzi forse del mondo in un continuo senso di pericolo globale. Bruno Juge è un politico di lungo corso, ministro dell’Economia e uno degli uomini più potenti della scena politica francese che si avvia alle prossime elezioni presidenziali. Ma è anche un uomo solo. Sua moglie lo ha tradito ed esposto a uno scandalo pubblico. Paul Raison è uno dei più stretti consiglieri di Bruno, solo come lui, separato in casa nell’indifferenza della moglie Prudence, fervente ecologista e vegana. Quando un attacco informatico diffonde in rete una serie di violenti video che colpiscono il governo e la stessa persona di Bruno Juge, Paul viene chiamato a collaborare alle indagini della Direzione generale per la sicurezza interna, che suo padre aveva diretto. Mentre difende il paese da pericolosi terroristi digitali, Paul deve affrontare anche i nodi irrisolti della sua famiglia: la fragilità dell’anziano padre, che è disposto a proteggere fino in fondo, il rapporto intenso con la sorella Cécile, contraria a ogni forma di edonismo, la distanza dal fratello minore Aurélien, un artistoide un po’ spiantato. In questa ricerca, a sorpresa, ritrova in Prudence, oltre l’apparente freddezza e distanza, un mondo segreto che ha resistito a tutto.

Parlando di “Annientare” al Salone del Libro di Torino Michel Houellebecq aveva detto sole poche parole: “È troppo complicato dire di cosa parla. Sarà un libro deprimente”. A dire la verità più che un libro deprimente, questo splendido romanzo sembra un capolavoro finale. I personaggi che lo popolano, consapevolmente o no, fanno i conti con la morte. Forse l’autore stesso è giunto in qualche modo al suo momento finale e non ne fa mistero: “sono giunto ad una conclusione positiva: è il momento di fermarmi”, scrive in chiusura del libro. Qui la morte vive, è quasi attesa, prematura, portata dentro come un dono, inseguita, imposta; sono, dice lo scrittore, anzi siamo, tutti “nel braccio della morte’” che attanaglia, forse fino ad annientare appunto, la nostra quotidianità. Un grande romanzo di attualità, ovviamente distopico nello sguardo su quel futuro prossimo che ci attende, apparentemente lontanissimo eppure tutti i segni premonitori sono già qui tra di noi, e a cui questo grande scrittore ci ha abituato con il suo stile lucidamente spietato.

Non ci sono temi che si affacciano nel dibattito contemporaneo che lo scrittore non affronti o non abbia affrontato. E qui Houellebecq dedica anche un piccolo pensiero all’Italia: ‘”da alcuni anni – scrive – i barconi dei migranti africani diretti in Europa avevano rinunciato a raggiungere la Sicilia, poiché l’attracco era reso impossibile dalle barche della marina militare italiana”.
L’abolizione della pena di morte? “Non sono sicuro che sia un progresso”. L’integrazione dei musulmani in Francia? “La maggior parte della gente vuole solo che smettano di rubare e aggredire, o che se ne vadano”. Così parla Michel Houellebecq, uno degli scrittori francesi più tradotti nel mondo, in un dialogo con il filosofo Michel Onfray. I due intellettuali si sono incontrati per oltre sei ore, spaziando dall’eutanasia all’Unione europea, dalla religione all’ecologica. La loro conversazione è stata raccolta in un numero speciale di Front Populaire, la rivista fondata da Onfray.
Nel numero di dicembre 2022 della rivista “Fronte popolare” ho seguito un lungo, strepitoso e intelligente dialogo tra Michel Onfray e Michel Houellebecq intitolato “Fine dell’Occidente”.  Dialogo che porta ad essere angosciati.

[…] Entrambi pensano che l’Ue sia una rovina, non perdono occasione di attaccare gli Stati Uniti, sono più teneri con la Russia (“Putin ha fatto il passo più lungo della gamba” nota Houellebecq a proposito della guerra in Ucraina) e condividono una visione apocalittica sul declino dell’Occidente. […]

Houellebecq […] appoggia la teoria del Grand Remplacement, la grande sostituzione, elaborata dall’intellettuale Renaud Camus e diventata manifesto dei suprematisti di destra. “Il cambiamento della composizione etnico religiosa della popolazione europea” osserva Houellebecq non è una teoria. “È un dato statistico”. Lo scrittore prende le distanze solo dall’idea che ci sia dietro un “complotto”, come scrive Camus, e riflette su soluzioni possibili. “Sarebbe necessario un controllo delle nascite e l’Occidente non può controllare le nascite africane, né i paesi africani”. “L’Europa – conclude – sarà spazzata via da questo cataclisma”.

Sui musulmani, l’autore di “Sottomissione”, si abbandona ai cliché più retrogradi. “Credo che il desiderio della popolazione autoctona, come si dice, non è che i musulmani siano integrati ma che smettano di rubare e aggredire, in breve che la loro violenza diminuisca, che rispettino la legge e le persone. Oppure, altra buona soluzione, che se ne vadano”.  Houellebecq profetizza una guerra civile, dei “Bataclan al contrario”, con francesi che si armano e prendono di mira moschee e “caffè frequentati da musulmani”. Ricorda gli stupri avvenuti a Colonia e la cattiva coscienza di una sinistra che, secondo lui, non riesce a risolvere la contraddizione tra femminismo e islamismo. “Le femministe occidentali non sono così pericolose, sono vigliacche quanto gli uomini occidentali, altrettanto pronte a sottomettersi”.

A proposito della maternità surrogata dice: “Se venisse legalizzata in Francia, scriverei testi violenti, e proprio insultanti, avrei piacere a trascinare nel fango quegli stronzi maschi o donne che ne fanno uso”. Come Onfray, Houellebecq critica il movimento “woke” in difesa delle minoranze, diffuso nelle università americane e ora francesi, e rilancia: “La nostra unica possibilità di sopravvivenza è che il suprematismo bianco diventi trendy negli Stati Uniti”. È sulla pena di morte che lo scrittore perde qualsiasi freno inibitorio. “L’abolizione è un progresso?” si domanda e Onfray gli chiede: “Sta difendendo la pena di morte?” “Non lo so” risponde lo scrittore. “Quando guardo i programmi su diversi canali con tutti quei crimini atroci, mi faccio domande. Le famiglie delle vittime chiedono vendetta, è una reazione normale”. “La giustizia non è vendetta” obietta Onfray. “Sì, certo – prosegue Houellebecq – ma la nostra società si basa, tra l’altro, sul fatto che accettiamo di rinunciare alla vendetta individuale. È un grande sforzo. Lo Stato non dovrebbe vendicarci un pò?”.

Carlo Franza

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