Con la Spada e con la Croce. Longobardi a Civezzano in mostra al Castello del Buonconsiglio di Trento
Al Buonconsiglio, nel Centenario del Museo, per la prima volta riunite le tombe principesche di Civezzano. Tornano insieme i reperti del museo trentino, dei Musei Reali di Torino e del Ferdinandeum di Innsbruck.
Ciò che venne ritrovato a Civezzano nell’Ottocento, quando il Trentino era parte dell’Impero Asburgico, è conservato al Ferdinandeum di Innsbruck; ciò che venne rinvenuto all’inizio del secolo successivo e ceduto al museo imperiale di Vienna, è giunto al Castello del Buonconsiglio, dopo l’istituzione del Museo trentino, avvenuta giusto 100 anni fa. A dire come dietro a reperti rinvenuti in tombe millenarie si siano giocate tensioni e rivendicazioni che hanno fatto di queste lontane sepolture dei vessilli per l’attualità. Non fosse che per questa vicenda, che oggi ha il sapore di qualcosa di romantico e che racconta di ideali di tempi passati, l’esposizione “Con spada e croce. Longobardi a Civezzano”, che dal 22 marzo al 2 ottobre è allestita al secondo piano del Castelvecchio, nel Castello del Buonconsiglio, vale una attenta visita.
Quei territori che furono ferocemente contesi nel corso della Grande Guerra, e i musei che li rappresentano – il Buonconsiglio a Trento e il Ferdinandeum di Innsbruck – oggi lavorano a 4 mani su progetti comuni di indagine. Tra questi lo studio di ciò che fece seguito alla caduta dell’Impero Romano nelle vallate a sud e a nord delle Alpi. La mostra unisce idealmente i due musei proprio nel momento in cui quello trentino festeggia il primo Centenario della sua istituzione e il Ferdinandeum ha appena concluse le celebrazioni del suo secondo.
“Con Spada e Croce” fa il nuovo punto dell’arte, impresa resa possibile dal coinvolgimento di tutti gli enti di ricerca preposti, incluse l’Università di Trento e la Soprintendenza per i beni culturali. Un ricerca che parte dalla scoperta a Testona sul finire dell’800 di una necropoli i cui reperti furono attribuiti a popolazioni germaniche, oggetti che servirono ad identificare quelli rinvenuti a Civezzano nelle tombe “principesche” nel 1885 prima e nel 1902 poi.
Dal museo di Innsbruck ma anche dai musei reali di Torino, arrivano in Trentino, al Buonconsiglio, reperti davvero straordinari, testimonianze rarissime di alte manifatture dei primi insediamenti germanici in questi territori.
“È una mostra che scrive per la prima volta la storia dei Longobardi in Trentino, afferma Laura Dal Prà, direttrice del Castello del Buonconsiglio”. E lo fa offrendo al pubblico un racconto emozionante, lungo un percorso punteggiato da autentici capolavori. Ciascun oggetto racconta una storia. A partire da un unicum assoluto: il sontuoso sarcofago del “Principe di Civezzano”, impreziosito da raffinate decorazioni con animali stilizzati in ferro battuto. Gli strepitosi monili in oro della “Principessa di Civezzano” raccontano di contatti bizantini, ma anche di ascendenze franche. Se di “Stile Civezzano” si parla per descrivere i noti motivi “longobardi” presenti su fibbie e puntali di cinture in argento e ferro, nell’esposizione spade, crocette, fibule, e monili in oro vengono presentati così come erano utilizzati un tempo, grazie alle ricostruzioni grafiche. La preziosità e la raffinata fattura di questi reperti fanno capire come i longobardi di Civezzano fossero una élite nella società del tempo. Il fatto che la necropoli fosse collocata ben discosta dall’antica pieve porta a pensare che si trattasse di un nucleo di famiglie di religione ariana.
“Le indagini che questa mostra ha stimolato – sottolinea Annamaria Azzolini, curatrice con Wolfgang Sölder e Veronica Barbacovi, dell’esposizione – sono state dirette ad approfondire tematiche su larga scala: dalla provenienza delle materie prime utilizzate al diffondersi di questa cultura nel tempo e nello spazio, sino all’analisi del DNA dei resti umani. Ad offrire al pubblico e agli studiosi, insieme alla emozione di ammirare reperti davvero unici per storia e bellezza, informazioni che consentono di riscrivere una Storia sino ad oggi non pienamente svelata”.
Carlo Franza