Il libro del Prof. Loris Zanatta svela il vero Bergoglio, Papa Re, sudamericano, peronista, erede della tradizione populista argentina. Ha lasciato una Chiesa Cattolica spaccata per la sua gestione geopolitica totalitarista e gesuitica.
Le riunioni della Congregazioni dei Cardinali elettori e non in vista dell’imminente Conclave per l’elezione del nuovo Papa, il 267mo, hanno già svelato e stanno ancora svelando i mille guai consegnati alla Chiesa dall’epoca bergogliana. Un Papa non come viene descritto, ma tutto da conoscere appieno. Lo svela un libro su Papa Bergoglio dal titolo “Bergoglio una biografia politica” pubblicato da Laterza (320 pp., 20 euro) uscito giusto il 6 marzo 2025. L’autore è Loris Zanatta, illustre docente di Storia dell’America Latina all’Università di Bologna e autore di vari studi in particolare sul peronismo, sul populismo, su Fidel Castro e sul Cattolicesimo latino americano. Cresciuto in un contesto culturale dove la politica era religione e la religione politica, formatosi in una Chiesa dove Dio, patria e popolo erano tutt’uno, Jorge Mario Bergoglio è sempre stato un politico, ha sempre fatto politica. ‘Politica alta’, spiega, mai politica di partito. Ma non c’è alta politica senza la politica concreta. Di entrambe si occupa questo libro, che di Bergoglio studia idee e azioni, affinità e ostilità, convinzioni e contraddizioni, successi e fallimenti. Alieno agli intenti apologetici delle sue biografie, estraneo alle diatribe che la sua figura ha generato in seno alla Chiesa, Loris Zanatta ne ripercorre con spirito critico la parabola, dagli inizi a Buenos Aires agli ultimi anni in Vaticano. Il profilo che ne esce è quello di un moderno erede della cristianità antica. Di una cristianità, quella ispanica, in trincea perenne contro i nemici che la erosero e sconfissero, la frammentarono e marginalizzarono: l’illuminismo e il razionalismo, il liberalismo e il capitalismo, Giovanni Calvino e John Locke, la secolarizzazione e la globalizzazione, i nemici eterni ora dichiarati ora occulti. Bergoglio parla oscuro ma ha idee chiare, dissimula gli obiettivi ma non li perde mai di vista, si adatta all’ambiente per meglio conquistarlo. Un gesuita allusivo e flessibile che ama confondere le tracce e mischiare le carte, compiacere tutti senza identificarsi con nessuno, governare con mano di ferro ma farsi piccolo e umile per sedurre e convertire. Già nella presentazione nella quarta di copertina lo indica come “Paladino della fede dei popoli contro la ragione delle èlite, nemico della prosperità e cultore della povertà, devoto delle periferie religiose e ostile all’Occidente secolare, gesuita da capo a piedi, il Papato di Jorge Mario Bergoglio senza dubbio un papato “politico”. Di Bergoglio avevo già anticipato degli articoli su Il Giornale in occasione della sua elezione, e ne avevo già segnalato le radici del suo pensiero. Oggi ce lo viene maggiormente a sottolineare il collega Prof. Loris Zanatta autorevolissimo studioso; ecco le sue parole in un’intervista: “Per comprendere Papa Francesco, la sua religiosità, la sua ideologia e la sua geopolitica bisogna partire dal cattolicesimo argentino. Perché è stato tutta la sua vita, fino a 77 anni, ed è un cattolicesimo che ha ereditato quel nazionalcattolicesimo che in Europa è stato sostanzialmente spazzato via dalla seconda guerra mondiale mentre in Argentina, viceversa, attraverso il peronismo, è diventato non solo egemonico, ma ha anche aspirato a diventare un modello globale. Il nazionalcattolicesimo non solo promuove l’identità fra nazione, religione e popolo, ma individua il suo maggior nemico in ciò che ritiene abbia distrutto la cristianità tradizionale dell’America Latina. Quindi, essenzialmente, il suo nemico è il protestantesimo anglosassone in origine e poi tutto ciò che in questa lettura storica ne deriva. Quindi il razionalismo, la rivoluzione scientifica, l’illuminismo, fino essenzialmente al liberalismo e alla democrazia politica. Quindi Bergoglio non era favorevole a quella ibridazione, spesso complessa, che si è prodotta in Europa tra tradizione illuminata laica e tradizione cattolica. Al contrario, la sua idea era che la tradizione cattolica debba affermarsi nel governo delle istituzioni, dell’economia e della società e sconfiggere la tradizione laica e illuminista, in quanto estranea alla cultura del popolo. Questa formazione si è tradotta nel pontificato in una geopolitica palesemente antioccidentale e antiliberale, e favorevole invece a una sorta di sincretismo tra i popoli del Sud del mondo ancora religiosi, seppur di religioni diverse tra loro, uniti contro un nemico comune che è il nemico eterno della cristianità, e cioè l’Occidente scristianizzato”.
Bergoglio lo si è visto “lavorare” nel suo gestire quotidiano la Chiesa Cattolica Romana con un piglio dittatoriale, peronista, e da tanti, studiosi, giornalisti, confratelli cardinali lo hanno accusato per questa sua gestione particolarissima, basti pensare alla questione dei “dubia” sollevati da quattro illustri cardinali, fino all’amichettismo utilizzato nelle nomine cardinalizie (compreso Victor Manuel Fernandez argentino come Lui) e nella Curia Vaticana, fino alla questio riferita al Cardinale Giovanni Angelo Becciu oggi esautorato dal Conclave (che forse avrei voluto Papa). Certo a tutti Bergoglio è parso come un Papa comunista, l’esatto contrario di San Giovanni Paolo II, il Papa polacco.
Ma vediamo ancora cosa dice il Prof. Loris Zanatta, con le sue parole illuminanti in un’intervista: “Secondo molti studiosi il peronismo è un tipico fascismo di sinistra. Come il fascismo si richiama
infatti a un’idea antiliberale di corporativismo e identità fra Stato, nazione e popolo, ma è di sinistra perché ha una base sociale popolare, in larga parte formata dalla classe operaia all’epoca. Hernán Benítez, un gesuita predecessore di Bergoglio che fu uno dei maggiori ideologi del peronismo e l’inventore intellettuale di Eva Perón, parlava però di comunismo di destra. Quindi antiliberale, anticapitalista, comunitario e contro l’economia di mercato, e nemico della civiltà occidentale nata dalla riforma protestante; ma di destra perché, a differenza del comunismo sovietico, era un comunismo fondato sulla religione. Il fatto che comunismo e fascismo convivano in Argentina dentro lo stesso movimento e dentro la stessa visione religiosa ha indotto moltissimi, soprattutto in Europa, non dico a confondersi, ma a prendersi del peronismo quello che gli faceva comodo”.
Occorre tenere presente che il cattolicesimo europeo è venuto negli anni a patti con il capitalismo, dando origine all’economia sociale di mercato e al capitalismo renano. E su questo punto aggiunge ancora nel suo libro il Prof Zanatta: “La seconda guerra mondiale cambia tutto e quindi permette effettivamente alla tradizione liberale che pure c’era all’interno dei nostri cattolicesimi di affermarsi. Ma in America Latina la seconda guerra mondiale non ha questo effetto, anche perché il cattolicesimo latinoamericano era stato storicamente un cattolicesimo di controriforma, forgiato nella contrapposizione con la riforma. Anche in Argentina c’era un cattolicesimo liberale, ma è stato sconfitto dal trionfo del peronismo, che è una proiezione del nazionalcattolicesimo. E Bergoglio è sempre stato nemico giurato del cattolicesimo liberale argentino”.
Il Prof. Loris Zanatta conosce bene il pensiero sudamericano, il pensiero latino-americano, il peronismo, l’Argentina, la formazione di Bergoglio. In ciò va spiegato il fatto che Bergoglio non è mai tornato nella sua terra, non ha mai messo più piedi in Argentina una volta eletto Papa dopo lo spodestamento di Benedetto XVI. E in questi ultimi tempi Bergoglio si è ritrovato in Argentina -purtroppo- un presidente come Milei. Ecco cosa dice ancora il Prof. Loris Zanatta in un’intervista: “Attenzione, per Bergoglio era molto più odioso Macri. Macri nella visione di Bergoglio era quello che lui chiamava ceto coloniale. Un antipopolo che incarnava la borghesia argentina influenzata dalla modernità liberale europea. Milei invece è un messianico, che invoca le forze del cielo e un immaginario religioso e che descrive in fondo il suo movimento come un cammino verso la terra promessa. Certo, è un turbocapitalista, e dunque Bergoglio non lo ha apprezzato quando è stato eletto. Però Milei è convinto di stare realizzando un disegno divino e riesce in questo modo a intercettare molti voti dei poveri. Ovviamente ha così messo Bergoglio e la Chiesa argentina in una situazione di grandissima difficoltà, perché le ricette tradizionali del nazionalcattolicesimo sono fallite. Gli ultimi governi peronisti hanno lasciato un’eredità tragica, e Milei compete sul loro stesso terreno. Però anche lui in fondo è una declinazione della tradizione populista argentina, con una visione escatologica della storia”. Per Bergoglio. secondo Zanatta, “la “globalizzazione liberale” causa “frammentazione”, “perdita di identità”, “silenziosa rottura dei legami di integrazione e comunione sociale”», mentre il pluralismo va inteso come «pluralità nel mondo di popoli e “culture’ omogenei al loro interno, perché “il Signore ci chiede che siamo uno””.
Ecco cosa scrive Aldo Maria Valli nel suo blog: “Parlava dei poveri. Ne parlò moltissimo. Voleva una Chiesa povera e per i poveri. Ma fu essenzialmente pauperista e fece dell’idea di povertà (anche questa generica) una bandiera politica.
Predicò la misericordia. Ma fu durissimo contro chi si metteva di traverso sulla sua strada, contro chi obiettava. Fece della sinodalità la sua bandiera, ma fu papa re, sprezzante persino del diritto.
Ho notato in Bergoglio un’autentica pulsione totalitaria. Mentre qui lo esaltavano (che bello, che bravo il papa arrivato dalla fine del mondo) vedevo stagliarsi accanto a lui l’ombra non solo di Perón ma anche di Fidel Castro. Stessa pasta.
Quel suo “buonasera” iniziale fece scalpore e molti andarono in brodo di giuggiole. Qualcuno subodorò l’inganno. In Argentina non pochi scossero il capo: rieccolo!”
“Quando dirigeva l’Università del Salvador, ricordano a Buenos Aires, era lapidario: accetto docenti d’ogni corrente, peronisti o comunisti non importa, purché non siano “liberali”». Oggi è attratto dall’ecologismo: ma a condizione che sia di tipo olistico, e non liberale. Dunque loda la «democrazia partecipativa» di Evo Morales in Bolivia e stigmatizza «la tentazione della democrazia formale» nel vicino Paraguay. Tace su Hong Kong, e lascia che un alto prelato argentino affermi che la Cina applichi «la dottrina sociale della Chiesa”.
Si commuove per i migranti: “Se l’Occidente ha perso la fede, nulla è meglio di una robusta immissione di popolo incontaminato e impregnato di valori religiosi per sanarlo. Tali sono i migranti: la più potente forza per riconquistare il mondo secolare, lo strumento delle “periferie” per convertire il “centro””. Ma “non tutti i migranti suscitano uguale premura nel papa. Rare e tiepide sono le sue parole sull’immensa diaspora venezuelana, stentorei i silenzi sui cubani morti durante le avventurose fughe dall’isola. Sono, in tali casi, ceti medi caduti in rovina, popolo che abbandona la comunità in cerca di fortuna”.
Nel libro le cinque fasi della vita di Bergoglio
Il volume è diviso in cinque capitoli, ciascuno dedicato a una fase della vita dell’attuale pontefice:
- Il mondo di Bergoglio, 1936-1973
- Il provinciale, 1973-1983
- Morto e risorto, 1983-2001
- Il caudillo, 2001-2013
- Papa Francesco
Il libro di Loris Zanatta è finalmente un affondo chiaro sul pensiero e sulla gestione geopolitica e gesuitica di Papa Bergoglio, 266mo Papa. Un papato discusso e discutibile, che ha lasciato divisioni nella chiesa, e persino manomessi principi evangelici -vedi i “dubia”- che sono stati per millenni i capisaldi della Chiesa Cattolica Apostolica Romana.
Carlo Franza
