Ho tra le mani il libro “Intrecci di memoria” di Goffredo Palmerini, un giornalista abruzzese, di Paganica- L’Aquila,  che ha sulle spalle anni di attività nel servizio delle comunità non solo italiane ma anche sparse nel mondo; libro  questo che aggiunge ai suoi precedenti -ben quindici-  e che tra i tanti che oggi si pubblicano spicca subito per la scrittura chiara e diaristica, maggiormente per i contenuti legati alla storia, alle figure di rilievo da lui amate, al prezioso affondo nel racconto  di viaggi e di incontri. Trovo altamente vitale e significante che Palmerini tenga molto alle sue radici, all’Abruzzo, alla città de L’Aquila, ma il nostro scrittore non è rimasto per lo più legato alle sue radici, da lì ha spaziato nell’intero mondo, in Europa e nelle Americhe, visitando, documentandosi, incontrando italiani che negli anni emigrarono e innestarono la loro vita in luoghi che hanno certificato valore e valenza. Nel descrivere tutto ciò, in capitoli che avvincono non poco, Palmerini si spinge a movimentare vite, storie, cultura, dettagli piccoli e grandi, luoghi, perché è soprattutto “giornalista di viaggio”, per cui tutti gli scritti sono “intrecci”, come recita il titolo. Si tratterebbe di un “libro di impressioni”, anche rispondente a letture fatte o a informazioni richieste, di un libro che racconta in definitiva  relazioni, incontri, figure, personalità, studiosi, ecc. Scrittore di viaggi dicevamo, come nei suoi libri precedenti, affermazione la mia che suona la più giusta. Lo scrittore lo vediamo coinvolto negli avvenimenti e negli incontri, con affondi nei problemi dei mondi incontrati, assolutamente al di fuori dell’estetismo, perché osservatore acuto, dove realtà e curiosità si allineano nelle sue pagine accattivanti. Lunghe cronache, reportages, mettono in luce storie vicine e lontane; ma ci sono pagine legate sia alle sue radici, amate fino allo spasimo, pagine strettamente legate alla sua amata città d’origine, L’Aquila, che a episodi e figure che s’inseriscono nel vissuto delle comunità italiane all’estero, riannodando quasi da buon sociologo, un vortice di riferimenti storici, economici, e culturali. Straordinarie le pagine dedicate ad Amiternum, la città sabina e poi romana vicina a l’Aquila dove nacque lo storico del I secolo a. C. Gaio Crispo Sallustio.  Nel suo girovagare  da uomo della diplomazia culturale, un numero discreti pagine raccontano  gli importanti legami con gli orizzonti nordamericani dell’ emigrazione italiana  già nel primo novecento e poi a ridosso della seconda guerra mondiale, narrati  prima nel periodico “La Voce” di Arturo Tridico, e oggi qui raccolte,  e le molte figure di intellettuali di origine italiana (dagli Stati Uniti, all’Australia, al Canada, all’Argentina, ecc.) che vengono  ricordati e incorniciati, come le graffianti  pagine dedicate alla figura del compositore Rodolfo Zanni, il Mozart dell’Argentina.

Non meno intenso lo spazio dedicato al grande drammaturgo italoamericano Mario Fratti, del quale Palmerini ci offre una partecipata riflessione, un’inconscia fierezza, lasciando trasparire dalle sue pagine da scrittore autentico, occasioni del passato, del presente e del futuro.  Significative le belle pagine dedicate alla scomparsa del prof. Joseph D’Andrea origini molisane, docente e Console, trasse dall’oblio la tragedia di Monongah e le sue vittime.

Così Palmerini aveva scritto in “Politicamente corretto”: “E’ morto a Pittsburgh nella serata del 22 dicembre scorso Joseph D’Andrea, 94 anni, esponente di punta della comunità italiana in Pennsylvania. E’ Peter Argentine, regista e produttore cinematografico, amico di Joseph, ad avermene dato notizia qualche ora fa. Joseph D’Andrea era nato in Molise ed era emigrato con la madre e il fratello negli Stati Uniti, arrivando all’inizio del 1948 in Pennsylvania, dove il padre era giunto nel primo dopoguerra. Joseph D’Andrea è stato un docente stimato, ma soprattutto un leader in seno a numerose organizzazioni italoamericane e nel sindacato dei professori. Giuseppe Fernando Paolo D’Andrea era nato a Roccamandolfi, in provincia di Isernia, il 18 novembre 1929, da Gaetano e Candida D’Andrea. Il ricordo di D’Andrea si lega a una tragedia della nostra emigrazione di cui non si sente mai parlare, ovvero la morte di ben 171 nostri connazionali avvenuta nell’esplosione di una miniera di carbone il 6 dicembre 1907 a Monongah in West Virginia. E’ ancora Palmerini a scrivere: “Ma uno dei grandi meriti di Joseph D’Andrea è stato quello d’aver dato un forte impulso a far luce, a quasi un secolo di distanza, sulla tragedia di Monongah, in West Virginia, l’esplosione e l’incendio della miniera di carbone avvenuta il 6 dicembre 1907, dove persero la vita quasi mille persone, benché la cifra ufficiale fosse molto inferiore. Tra le vittime 171 italiani, di cui 87 molisani ed una trentina di abruzzesi. Nel 2007, ricorrenza centenaria della tragedia, a cura di Joseph D’Andrea veniva pubblicato il volume “Monongah cent’anni d’oblio”, una puntigliosa ricerca su quel terribile fatto e sulle vittime molisane del disastro. Finalmente, proprio ad un secolo dalla tragedia, anche l’Italia finalmente nel 2007 rendeva onore alle vittime di Monongah, doveroso tributo del Paese a quei figli emigrati periti nella miniera. Era stata necessaria un’intensa campagna di stampa condotta dal direttore del quotidiano La Gente d’ItaliaDomenico Porpiglia, a riaccendere l’attenzione sul caso e finalmente a smuovere le istituzioni italiane. Joseph D’Andrea fu molto coinvolto nella commemorazione del Centenario della tragedia di Monongah, con eventi realizzati in Molise e negli Stati Uniti, tra cui la produzione di una mostra museale e di un documentario diretto da Peter Argentine che fu trasmesso a livello nazionale”.

E per finire, il fascino di questo libro non sta tanto nella forza persuasiva delle idee, quanto nel tono delle parole che raccontano, e documentano un incontro, un colloquio, volti e gesti umani; un libro che raccomando ai lettori, un libro prezioso che è dentro la storia e fa la storia.

Carlo Franza   

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