Il 19 ottobre  2024  è stata inaugurata  a Roma presso la galleria Lombardi la mostra personale di Riccardo Guarneri (Firenze, 1933 ) dal titolo “La Poetica della luce” a cura di Enrico e Lorenzo Lombardi.  L’esposizione, accompagnata da un catalogo con il testo critico del collega Alberto Dambruoso, lascia vedere protagoniste una quindicina di opere realizzate dall’artista negli ultimi dieci anni. Antesignano della Pittura Analitica, Guarneri ha portato avanti per tutta la sua carriera, con estrema coerenza, una pittura rigorosa, impostata su dei riferimenti geometrici  ma allo stesso tempo di grande liricità e leggerezza grazie anche alle gamme soffuse di colori di cui è composta la sua tavolozza. Luce, forma, segno e colore rappresentano gli elementi costitutivi delle sue opere ed è attraverso l’equilibrata e raffinata combinazione di questi elementi che nascono i suoi dipinti evanescenti e ammantati di magia.  Riccardo Guarneri si è imposto sia come figura artistica indipendente, sia come precursore delle tendenze pittoriche astratte degli anni ’70, in particolare della corrente artistica definita Pittura Analitica o Pittura Pittura, dove l’artista si è particolarmente distinto per il suo linguaggio analitico ma al tempo stesso lirico, sperimentando continuamente la sua particolare ricerca tra segno, colore e luce. Le opere esposte per lo più dell’ultimo decennio, rappresentano l’integrità artistica di un artista, nella rappresentazione di continue e infinite varianti intorno ad un tema centrale. Una delle tecniche di cui fa uso molto spesso Riccardo  Guarneri è proprio  l’acquerello, è divenuto per lui il punto focale di movimentazione del lavoro giornaliero,  da esserne così un punto di forza direzionale e insegue in modo sistematico risultati  straordinari capaci di sollecitare anche  l’incanto dello stupore primordiale, e far così emergere la vitalità interna del colore, il  cuore di una luce che gli pulsa dentro  e si espande in esterno come una nebbia sottile che si muove oltre i confini dell’opera. E’ un colore che vibra, cerca, si avvalora di sostanze dell’essere corpo, linea, geometria, e dà origine a un’immagine sempre nuova, sempre poetica, sempre strutturata per il  suo essere che si porta verso un tempo e un infinito di spazio a volte aperto a volte circoscritto. Tonalità che si adeguano alle geometrie, si addensano e si dipanano, scivolano verso un dentro e un fuori,  catturano gli sguardi portandoli poi  a vivere  in modo fortemente riflessivo spazi e tempi che si succedono inesorabilmente. Luce e spazio sono soprattutto condensati di filosofia pura, sono atteggiamenti mentali che movimentano le intere geometrie. Mi ritrovo in ciò che ebbe a scrivere nel novembre 1965 l’amico e collega Umbro Apollonio in occasione di una mostra di Guarneri alla galleria Il Bilico di Roma: “Guarneri  propone soluzioni costruttive le cui scansioni siano graduate sulla luce e dove il tracciato geometrico non sia ripartizione di aree disposte in alternativa, ma agisca da guida agli spostamenti dei chiari opalescenti: tutto è lieve, chiaro, senza scosse, ed esatto, preciso, deciso. Quadrati, rettangoli, rombi si insediano con minimi decentramenti in un’impaginatura per altro rigorosa e le fluente luminose ne seguono con qualità proprie l’andamento palpitante mediante attenta pertinenza. Ne viene così un concorrere di movimenti che ritma una dinamica lenta ma tale da pervadere fino al limite della superficie del quadro. Ciò appare tanto meglio raggiunto nelle opere recenti, laddove il cedimento verso un estenuato sensibilismo, sempre in agguato, è quanto meno arrestato per via della maggiore strutturazione dell’insieme. Mentre qualche tempo fa il contesto del dipinto minacciava quasi di sfarsi in una levità luminescente e incerta dei suoi confini, sorta di nebbia indistinta, adesso si determina in settori formali di sicuro imperio ed il colore che tinge l’invadenza della luce assume funzione meno generica”. Non è poco, perché Apollonio ha anticipato idealmente il mio stesso pensamento che si muove oggi dinanzi alle opere di Guarneri, ma è proprio una pacata e calma riflessione dello spazio a dare vita a quanto l’artista ottiene con segni, linee e colori, dove le geometrie sono le fondamenta del suo stesso fare pittura, del suo inseguire fra movimenti e ritmi lo scenario di uno spazio geometrico che si fa impalpabile secondo proprio delle “variazioni del sentire”.

Riccardo Guarneri. Nato a Firenze nel 1933, dopo la frequentazione della Scuola Libera del Nudo, ventenne inizia a dipingere contemporaneamente ad un’attività musicale che lo vede esibirsi con orchestre di musica leggera in Italia e all’estero, suonando chitarra classica e jazz. Dopo i primi quadri figurativi si avvicina all’informale, come lo stesso Guarneri racconta in un’intervista a Giovanna Uzzani pubblicata sul catalogo dell’antologica di Palazzo Pitti del 2004. Nel 1959 per la prima volta in Germania, a Dusseldorf frequenta gli studi di quei pittori vicini alla sua ricerca: Otto Piene, Peter Brüning, Hansjorg Glattfelder. Poi anche Raimond Girke e Winfred Gaul.La prima mostra personale è alla Galerie de Posthoorn a L’Aia, nel 1960, anno nel quale Guarneri è anche ad “Abstracte Italiensee Kunst” a Ostenda e a “Modern Paintings of Italy” alla Rose Marie Gallerie di Taipei, mentre del 1961 è la personale con Claudio Verna alla Galleria L’Indiano di Firenze e del 1962 quella alla Galleria San Matteo a Genova. Nel 1962 Guarneri comincia ad interessarsi al colore in quanto luce, alla grafia come pittura ed ai problemi inerenti alla percezione visuale. Da questo momento in poi, segno, luce e colore si identificano, sostanziando un mondo poetico di sensibilità acuta e costituendo, pur nelle sue diverse fasi, il filo conduttore di una ricerca decisamente personale. Nascono i primi quadri chiarissimi in cui lo spazio viene scandito da variazioni luminose e le cui superfici sono trattate prevalentemente a matita. Questi lavori vengono rivelati per la prima volta nel 1963 nella personale a La Strozzina di Palazzo Strozzi. È ancora Guarneri che ricorda il superamento dell’informale e il cambiamento della sua ricerca nei primi anni Sessanta: «… La frequentazione degli amici tedeschi mi offrì delle conferme, mi suggerì delle vie d’uscita dall’informale, mi incoraggiò nella ricerca della pittura. Nelle mie tele c’erano già delle proposte nuove di luce e i primi effetti di trasparenza. Poi i miei quadri informali astratti cominciarono a schiarirsi e la ricerca della luce rinnovò in me l’amore per il paesaggio del Nord, in Germania, in Olanda, in Finlandia, quella luce cristallina, senza umidità, senza peso. È così che schiarendo i toni sempre di più, sottraendo materia, decantando, arrivai al silenzio del bianco. Ma non fu una scelta improvvisa». Nel 1963 con Giancarlo Bargoni, Attilio Carreri Arnaldo Esposto e Gianni Stirone, Guarneri costituisce il Gruppo Tempo 3, il cui programma formale, partendo dalla lezione di Rothko e dalle teorie gestalt, auspicava il superamento della contrapposizione tra concretismo e informale ponendosi come il terzo tempo della pittura astratta. Dal 1964 in poi il lavoro acquista una struttura più rigorosa e geometrica: «Mi lasciai conquistare dallo schema geometrico di rombi o quadrati ripetuti in impercettibile asimmetria, che si svolge attraverso successioni calcolate attentamente. Si ottiene un effetto di euritmia con l’aiuto di colori, anzi luci colorate, che vanno a sostituire il vecchio colore timbrico determinando effetti di poesia attraverso il ricorso agli elementi primari di luce e ritmo dello spazio. […] Avevo in mente anche l’omaggio al quadrato di Josef Albers, con quegli effetti di tensione dinamica, di compressione che nascevano dallo schema di quadrati organizzati non attorno allo stesso centro; anche per Albers il quadrato significava purezza della forma e fuga dalle implicazioni emotive, alla ricerca di un modulo base in rapporto ai suoi multipli. Ma per me Albers era troppo logico, geometrico, io preferivo essere più ambiguo, non avevo la sua fede nella forma pura, venivo dell’esistenzialismo».
La ricerca di Guarneri, ormai matura e originale, è premiata con l’invito alla XXXIII Biennale di Venezia (dove condivide la sala con Agostino Bonalumi e Paolo Scheggi) e alla mostra “Weiss auf Weiss” alla Kunstalle di Berna, mentre sono del 1967 le partecipazioni alla V Biennale di Parigi e alle mostre di “Nuova Tendenza”. Numerose sono le personali che vedono l’artista impegnato in Italia ed in Europa negli anni Sessanta: alla Galleria Gritti di Venezia nel 1964, alla Galleria II Bilico di Roma nel 1965, alla Galleria il Paladino di Palermo nel 1966, alla Galleria La Carabaga di Genova e alla Galleria 3A di Lecce nel 1967, allo Studio d’informazione Estetica di Torino nel 1968 e alla Galleria Flori di Firenze nel 1969. Proprio dal 1969 la pittura «continuava a raffinarsi. Nascevano quadri quasi bianchi, leggibili solo mediante una osservazione prolungata che provocava un raffinamento percettivo. […] i colori erano il risultato di trasparenze luminose e mutevoli e si trasformavano in colore-luce. I segni si erano trasformati e, da individuali e significanti, erano divenuti più leggeri, più fitti e regolari, mera trascrizione di un impercettibile movimento del polso. […] Ma alla fine la struttura deve continuamente fare i conti con una luce che la consuma e la disfa».Nel 1972 Guarneri tiene una prima antologica di oltre sessanta lavori che chiude un decennio di attività al Westfälischer Kunstverein di Münster, mentre sono sempre dello stesso anno le personali alla Galleria Peccolo di Livorno, alla Galleria La Polena di Genova, alla Galleria Morone 6 di Milano e alla Galerie Loehr di Francoforte. Seguono la personale del 1973 alla Galleria del Cavallino di Venezia e quelle del 1974 alla Galleria Godel di Roma e alla Galerie December di Müster; quella alla Galerie December di Dusseldorf nel 1976 e alla Galerie Artline de L’Aia nel 1978. Tra le più prestigiose rassegne figurano le partecipazioni alle Quadriennali di Roma del 1973 e del 1986, alle Biennali di Milano del 1974, del 1983 e del 1994, e alle mostre storiche sull’arte italiana: “Linee della ricerca artistica in Italia 1960-1980” al Palazzo delle Esposizioni di Roma nel 1981; “Astratto-Secessioni astratte in Italia dai dopoguerra al 1990” alla Galleria Civica di Verona nel 1990; “Presenze delle avanguardie a Firenze dal ’47 ad oggi” al Centro d’Arte Spaziotempo di Firenze nel 1991; “Arte in Italia 1956/1968” al Museo Civico di Conegliano Veneto nel 1995; “Die andere Richtung der Kunsf. Abstrakte Kunst Italiens ’60/’90” alla Kunsthalle di Colonia nel 1997; “Pittura Analitica anni ’70” al Palazzo della Permanente di Milano nel 2007; “Pittura Aniconica” alla Casa del Mantegna di Mantova nel 2008; “Forme d’arte in Italia” alla Rotonda della Besana a Milano nel 2010 e “Percorsi dell’arte italiana” alla Vaf-Stiftung, Mart di Trento e Rovereto nel 2011. Nel 2015 è tra gli artisti di “Un’idea di pittura. Astrazione analitica in Italia, 1972-1976” presso la Galleria d’Arte Moderna di Udine e nel 2016 partecipa ad altre due importanti mostre collettive: “Pittura Analitica. Anni ’70”, presso la galleria Mazzoleni Art di Londra, e “Gli anni della pittura analitica. I protagonisti, le opere, la ricerca” al Palazzo della Gran Guardia di Verona.
Nel 2000 realizza il progetto per il mosaico di 24 mq della stazione Lucio Sestio della metropolitana di Roma e nel 2004, presso la Galleria d’Arte Moderna di Palazzo Pitti a Firenze, si tiene l’importante mostra antologica “Contrappunto luce”. Con l’occasione viene edito un catalogo con saggi critici di Giovanna Uzzani e Maria Grazia Messina, dichiarazioni dell’artista e un’antologia di scritti critici, a tutt’oggi testo di riferimento per l’opera di Guarneri. Riccardo Guarneri ha insegnato pittura nelle Accademie di Belle Arti di Carrara, Bari, Venezia e Firenze ed è inoltre Accademico Emerito per l’Accademia delle Arti del Disegno di Firenze. Nel 2017 l’artista è invitato alla 57. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia “Viva Arte Viva”, a cura di Christine Macel.

Carlo Franza

 

 

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