Anche sul modo di fare collezionismo c’è molto da imparare. Ne è stato un esempio Cesare Zavattini (1902-1989)intellettuale e sceneggiatore-regista di chiara fama, anche anima forte con De Sica del neorealismo italiano(vedi Ladri di biciclette), il quale ha speso una vita a raccogliere i suoi piccoli e preziosi “autoritratti minimi”, in formato 8×10, commissionati a centinaia di artisti di significativo valore storico e che sono rappresentativi della scena artistica fra gli anni ’40 e ’70 del Novecento. Prova di immagine e specchio per tanti industrialotti che pensano di sfrecciare su Bmv e tenere in casa squallide stampe rimediate in qualche mercatino a dimostrazione del loro status, invece potrebbero rinverdire il mondo dell’arte iniziando a collezionare carte, opere su tela e sculture. Zavattini è di insegnamento a tutti su come è stato possibile mettere in piedi una grande collezione anche con quadri mini-mini. Una raccolta originale composta da 1500 pezzi, una sorta di museo “unico” in Italia e che documenta enciclopedicamente tutta la pittura del Novecento, opere che hanno per decenni tappezzato le pareti della sua casa romana dove si era stabilito, e che guardava, osservava, toccava, annusava, quasi a catturarne anima e passione di chi l’aveva ideati. Zavattini commissionava agli amici artisti due piccole opere, per una un autoritratto e sull’altra un tema libero, ovvero paesaggi, nature morte, composizioni astratte, suggestioni varie. Colori, tecniche e stili diversi, poetiche che vanno dal neorealismo al concretismo, dall’astrattismo all’informale, dal futurismo all’arte pop. Qualche nome? Mimmo Rotella, Marino Marini, Dino Buzzati, Carla Accardi, Fortunato Depero, e ancora Fontana, Schifano, Consagra, Balla, Guttuso, Savinio, Siqueiros, Ligabue, De Pisis, Melotti, Casorati, Afro, Munari, Burri, De Chirico, Vedova, Gillo Dorfles, ecc. Una parte della collezione ora esposta alla Pinacoteca di Brera fa trovare in mostra 152 piccoli capolavori dei 1500, tutti autoritratti, proprio quel nucleo acquisito dalla pinacoteca di Brera nel 2008, poichè nel 1979 per ragioni economiche, lo sceneggiatore fu costretto a vendere il suo tesoretto, la collezione fu smembrata, una parte venduta, parte ancora oggi dispersa. E dire che quell’amore a collezionare piccole opere nacque per Zavattini nel 1941, a seguito della donazione che gli fece il poeta Raffaele Carrieri, suo grande amico, del piccolo quadretto di Massimo Campigli intitolato “La cucitrice”; lo raccontò egli stesso in una lettera datata 12 aprile 1959 al mio amico storico dell’arte Carlo Ludovico Ragghianti, e come quel regalo che ebbe da Carrieri nel ’41, quando lasciò Milano per Roma, segnò poi l’inizio di una passione e di un desiderio di collezionare che ancora oggi è lezione di grande valore.

Carlo Franza

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