IMG-20181213-WA0046La recente mostra al Plus FlorIMG-20181213-WA0043ence di Firenze dal titolo “Impronte adimensionali”, chiarisce il lungo percorso iniziato fin dagli anni Ottanta del Novecento che Tony Tedesco (Milano 1952) ha avviato proprio nel quartiere di Brera, anzi meglio dire nello storico Bar Giamaica,  e lì da me presentato allora come uno dei giovani artisti in crescita nell’universo artistico contemporaneo. Da allora, per l’appunto, Tony Tedesco ha portato avanti capitoli diversi del suo lavoro, certo con materiali diversi,  anche se tutto avvitato attorno all’adimensionalità, vale a dire a quello sfuggire il perimetro, il recinto, il territorio, per guardare all’infinito, all’aperto, allo spazialismo. Scriveva allora – datato Milano gennaio 1990/Brera-  una sorta di manifesto in IMG-20181213-WA0042cui diceva: “ L’infinito è lo spazio monocromo  di una IMG-20181213-WA0045tela, oppure di un supporto alternativo dove mi esprimo  con il mio gesto, libero, adimensionale, labirintico, materico  a volte dipinto o inciso. Fontana e gli spazialisti mi hanno diretto in quella direzione  di spazio totale, adimensionale, luci e colore nell’infinito”. A distanza di anni dopo le stesure adimensionali dipinte su tela,  ecco le impronte monocrome disseminate, e poi ancora  gli spazi labirintici monocromi  che hanno scandito la poetica e la progettualità estetica.

40x50_(2)Il lavoro di Tony Tedesco  che da anni si misura  sulle “impronte adimensionali” si connatura con le culture antiche. Gli anonimi cavernicoli che, circa 17.500 anni fa, IMG-20181213-WA0044affrescarono con il racconto della loro vita, dei loro sogni e delle loro paure, il cunicolo delle grotte in località Lascaux, appoggiarono, tra l’altro, sulle pareti le loro mani lasciando decine di impronte colorate. Quelle figure stabiliscono quella che lo storico dell’arte Georges Didi-Huberman ha definito, nel suo omonimo libro, la “somiglianza per contatto” (La ressemblance par contact, 2008). Gli “artisti delle grotte di Lescaux”, infatti, non dipinsero le mani, ma lasciarono un’impronta, produssero un segno attraverso la pressione di un corpo su una superficie. Molte di quelle impronte sono uguali per dimensioni, il che fa supporre che gli “stampi” spesso siano gli stessi, anche se i colori  diversi (ma, come scrisse Marcel Duchamp nel 1937: “Due forme nate dallo stesso stampo non sono identiche, differiscono per un valore separativo infrasottile”). Quella selva di mani di vari colori che si affiancano e, a volte, sovrappongono, sono il primo capolavoro dell’espressione artistica dell’umanità, sono la nostra “origine”. Quei primitivi sono sopravvissuti grazie alle impronte delle loro mani. Ecco l’Arte. Tony Tedesco ha disegnato la complessità del mondo,  la complessa articolazione tra impronta e immagine nel passaggio tra la tradizione classica e quella cristiana. Ma fa sua, propria, l’impronta dell’età antica come traccia eternalizzata di un passaggio fisico, considerata più vera dell’immagine. Scava nell’universo, legge e rintraccia il tema dell’impronta creatrice, essa  è il negativo di ogni forma piena.  L’impronta è l’alba delle immagini.

 

Carlo Franza

 

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